Cass. pen., sez. Feriali 09-09-2008 (04-09-2008), n. 34957 Mandato d’arresto europeo – Consegna per l’estero – Indulto – Rilevanza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
A.- Con l’epigrafata sentenza del 25.7.2008 la Corte di Appello di Catanzaro ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l’esecuzione del mandato di arresto europeo di natura processuale emesso il 30.6.2008 dalla Procura della Repubblica di Stoccarda nei confronti del cittadino italiano D.B.R. in ragione del provvedimento coercitivo cautelare emesso il 7.5.2008 dalla Pretura di Waiblingen (Land Baden-Wurttemberg, distretto governativo di Stoccarda) in relazione ad ipotesi criminose di concorso in truffa continuata ed in uso di documenti falsi. In particolare l’autorità giudiziaria della Repubblica federale di Germania contesta al D. B. di aver realizzato, con il concorso di complici tra cui altri cittadini italiani, sottoscrivendo documenti attestanti falsamente la disponibilità di redditi di lavoro e la propria residenza in (OMISSIS), due truffe integrate da finanziamenti bancari per l’acquisto di una autovettura Alfa Romeo e di una motocicletta Honda nonchè di aver consumato più episodi di truffa semplice mediante acquisti di merci pagate con carte di credito prive di fondi. Conseguita in tal modo – in un periodo compreso tra il luglio e l’ottobre 2004 – la disponibilità (acquisto) dei due veicoli e degli altri beni acquistati, il D.B. e i complici hanno fatto perdere le proprie tracce senza saldare in tutto o in parte (ratei) i due finanziamenti fraudolentemente ottenuti e non restituendo i veicoli alle autoconcessionarie venditrici.
Sulla base della documentazione dell’autorità giudiziaria tedesca di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 6, la Corte territoriale calabrese ha rilevato la sussistenza di adeguata motivazione del provvedimento cautelare dello Stato di emissione del mandato di arresto europeo, siccome scandito da idonea descrizione dei fatti addebitati al D. B. (non consenziente alla consegna immediata ed al quale, convalidatosi l’arresto di p.g. eseguito il 7.7.2008, è stata applicata l’8.7.2008 ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 4, la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di Nocera Terinese). Fatti che risultano pacificamente scanditi dal requisito della doppia punibilità L. n. 69 del 2005, ex art. 7, essendo puniti anche nell’ordinamento italiano ad omologo titolo di truffa. La Corte territoriale, anche facendosi carico di specifici rilievi della difesa del D.B., ha escluso l’esistenza di condizioni ostative alla consegna. In particolare delle addotte condizioni di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), i reati di truffa più gravi (mutui per l’acquisto dei veicoli) dovendosi considerare integralmente consumati in territorio tedesco, nonchè di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. t), il provvedimento cautelare determinante l’emissione del m.a.e. rivelandosi congruamente motivato in rapporto al controllo di legalità esperibile dal giudice della consegna.
B.- Contro la sentenza favorevole all’esecuzione del mandato di arresto europeo ricorre per cassazione, attraverso il difensore, D.B.R. (L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 1), articolando cinque motivi o profili di censura, il primo dei quali integrato da una questione di legittimità costituzionale ed i rimanenti integrati da violazioni di legge. Motivi che, ai fini di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, si sintetizzano come di seguito.
1. Il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale delle disposizioni dettate dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. l) ed n), per violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedono l’obbligatorio rifiuto alla consegna anche nei casi in cui ai reati contestati sia applicabile l’istituto dell’indulto. Rifiuto che è limitato ai casi di amnistia e di prescrizione (del reato e della pena) da cui risultino attinti i reati oggetto di un mandato arresto europeo trasmesso da uno Stato membro della U.E. allo Stato italiano. Ad avviso del ricorrente – da un lato – la rilevanza della proposta questione discende dal fatto che i reati attribuiti al D.B. sono stati consumati nel 2004, cioè anteriormente all’entrata in vigore della L. 31 luglio 2006, n. 241, con cui è stato concesso indulto per tutti i reati commessi fino al 2.5.2006. Da un altro lato, si osserva nel ricorso, la situazione di fatto determinata dalla prescrizione del reato o dall’amnistia deve ritenersi "equiparabile" alla situazione determinata dall’applicazione dell’indulto, "non comportando in ogni caso l’esecuzione della pena inflitta". Se il presupposto delle previsioni di cui alle lett. l) ed n) dell’art. 18 è "l’impossibilità di eseguire la pena, a prescindere da un accertamento sulla responsabilità dell’indagato", deve allora convenirsi che la stessa ratio è applicabile anche ai reati per i quali è possibile usufruire dell’indulto.
2. Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 4 lett. a). Il mandato di arresto europeo emesso dall’autorità tedesca non recherebbe utili indicazioni sulle fonti di prova esistenti a carico dell’indagato D.B.. Nulla si comunica in merito ad eventuali testimonianze o ad elementi documentali in grado di supportare l’ipotesi di accusa elevata nei confronti del consegnando cittadino italiano.
Incongruamente la Corte di Appello di Catanzaro non ha ritenuto di richiedere la necessaria documentazione integrativa.
3. Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), l’ipotizzato reato di truffa continuata ascritto al consegnando essendo stato in parte consumato in Italia, soltanto qui dovendosi reputare conclamato l’inadempimento dell’obbligo contrattuale del prevenuto di saldare (o pagare i relativi ratei) i mutui per gli acquisti dell’autovettura e della motocicletta stipulati con le due banche tedesche. Essendosi in presenza di una fattispecie di reato permanente, quale quella integrata dalla truffa contrattuale, il momento perfezionativo del reato non è integrato dalla consegna del bene oggetto del fraudolento acquisto, ma dal successivo mancato pagamento del mutuo, evenienza che si sarebbe verificata con il ritorno in Italia del D.B., "diventando solo in tale momento impossibile il recupero delle somme concordate". 4. Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 8, comma 1, relativo ai casi di consegna obbligatoria e "ritenuto operante nel caso specie".
La Corte territoriale ha omesso di verificare se per i reati di truffa ascritti al ricorrente la pena massima prevista dalla normativa tedesca, da computare senza tener conto di eventuali aggravanti, risponda al limite previsto dall’art. 8 citato (pena equivalente o superiore, nel massimo, a tre anni di reclusione). Ciò dal momento che dal testo del m.a.e. tedesco sembrerebbe emergere che l’indicata pena massima di cinque anni di reclusione attenga al reato di truffa qualificato da circostanze aggravanti.
5. Violazione del combinato disposto della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 1, lett. e), e art. 17, comma 4. La Corte territoriale non soltanto ha omesso di verificare l’effettiva esistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti del ricorrente, appagandosi dei sommari enunciati espressi nei provvedimenti coercitivi emessi dalla Germania (m.a.e. e provvedimento cautelare interno), ma non ha altresì preso in alcuna considerazione la documentazione difensiva prodotta dalla difesa e volta a dimostrare che i due veicoli acquistati in Germania sono stati rubati e che nessuna somma sarebbe dovuta dal D.B. per le compravendite incriminate.
C. Il ricorso di D.B.R. deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza giuridica dei prospettati motivi di doglianza.
1. Prima che manifestamente infondata, l’eccezione di incostituzionalità delineata dal ricorrente è destituita di specifica rilevanza nel caso di specie (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, comma 2). Innanzitutto il ricorrente muove da una commistione del tutto impropria di istituti giuridici, quali l’amnistia e la prescrizione del reato da un lato e l’indulto dall’altro, che – pur inscrivendosi nella ampia categoria delle cause di esclusione della punibilità – presentano caratteristiche strutturali e producono effetti processuali e sostanziali che permangono diversi e non omologabili in rapporto al generico postumo effetto costituito – come si assume nel ricorso – dalla non eseguibilità della pena. Esito, questo, che è mera e postuma espressione della dinamica diacronica del concreto operare sequenziale delle cause di esclusione della punibilità in astratto ed in concreto. L’indulto (art. 174 c.p.) presuppone sempre l’avvenuto esercizio dell’azione penale (che, per l’obbligatorietà prevista dall’art. 112 Cost., non può essere elusa a fronte di un fatto costituente reato, benchè suscettibile di dar luogo ad una pena destinata ad essere condonata) e – quindi – la giudiziale declaratoria della responsabilità penale del soggetto cui sia stato contestato il reato. Ex adverso l’amnistia e la prescrizione del reato, determinandone l’estinzione (artt. 151, 157 c.p.), paralizzano la stessa connotazione criminosa del fatto con efficacia abolitiva completa, se intervengono prima dell’eventuale giudizio, ovvero parziale (lasciando sussistere effetti penali del reato) se intervengono dopo una sentenza di condanna (irrevocabile o non: amnistia impropria; non irrevocabile: prescrizione). In altri termini l’indulto, se pure non presuppone una condanna irrevocabile (potendosene fare applicazione anche in vista del passaggio in giudicato della decisione di condanna), non si renderà mai operativo – proprio per la ridetta progressione dinamica della non punibilità (da astratta a concreta)- rispetto ad un reato già attinto da causa estintiva (perchè amnistiato o prescritto).
Già questi semplici dati paiono poter offrire contezza dei motivi dell’esclusione dell’indulto dal novero delle cause di rifiuto di consegna previste (L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. l) e lett. n), dalla legge italiana attuativa del m.a.e. rispetto a fatti reato per i quali si intenda esercitare l’azione penale o per cui sia intervenuta una sentenza in un altro Stato dell’Unione Europea.
Nondimeno emerge in tutta evidenza un elemento di valutazione pregiudiziale ed assorbente della problematica sollevata dal ricorrente, la cui consegna è chiesta (giova rammentare) per finalità processuali e non per finalità esecutive di una condanna ;
(allo stato puramente eventuale). E’ sufficiente, infatti, osservare come nel caso del D.B. giammai potrebbe farsi luogo all’applicazione delle cause ostative alla consegna (amnistia e prescrizione) rispetto alle quali si sostiene l’incostituzionale esclusione dell’indulto. Segnalato che dal tessuto lessicale e dal contenuto precettivo del disposto della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. n) ("… potevano essere giudicati") si evince che il caso di rifiuto di consegna ivi contemplato afferisce a fatti reato (prescritti o la cui pena sia prescritta) oggetto di sentenza definitiva di condanna pronunciata nello Stato europeo emittente il m.a.e. (caso che non è quello del ricorrente), il rifiuto di consegna previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. l), è subordinato all’esistenza della giurisdizione dello Stato italiano sui fatti reato attribuiti al consegnando. Condizione di giudicabilità territoriale (nazionale) replicata con la lettera n) dell’art. 18 nel descritto rifiuto di consegna per fatti reato oggetto di m.a.e. già definiti con sentenza esecutiva nello Stato richiedente. Ora, pur sottacendo la tematica della sostenibile deroga all’applicabilità dell’art. 9 c.p., introdotta dalla legge (art. 19, comma 1, lett. c) attuativa del m.a.e. (arg. ex Cass. Sez. 6, 8.4.2008 n. 15004, Pallante, rv. 239426), dall’esame degli atti che formano la procedura di consegna del D.B. emerge con tutta chiarezza come difetti qualsivoglia giurisdizione dello Stato italiano sugli episodi di truffa contestati in continuazione al consegnando, non essendovi comunque spazio per la potenziale operatività del disposto dell’art. 9 c.p., comma 1, dal momento che la pena della reclusione prevista per i fatti di truffa attribuiti al cittadino italiano (presente nello Stato) dal codice penale tedesco è inferiore nel minimo a tre anni di reclusione (il minimo edittale muove da sei mesi di reclusione).
2. Le carenze informative e documentali addotte con il secondo motivo di ricorso e la connessa carenza di analisi sul punto dell’impugnata decisione della Corte territoriale sono contraddette dal semplice esame degli atti trasmessi a corredo del mandato di arresto della Procura della Repubblica di Stoccarda. L’allegato provvedimento presupposto, costituito dal mandato di cattura emesso il 7.5.2008 dalla Pretura di Waiblingen, contiene idonea indicazione delle fonti di prova valutate nei confronti del D.B., indicandole (come le richiama la stessa sentenza impugnata) nelle dichiarazioni testimoniali di quattro persone nonchè nella acquisizione di documenti rilevanti, ivi inclusi i contratti di mutuo, i conteggi "salariali" e le "note di addebito", dimostrativi dell’attuato proposito fraudolento di D.B. e complici.
3. Del tutto errata ed incongrua è la tesi avanzata con il terzo motivo di ricorso della ipotizzata consumazione in Italia dei fatti di truffa in continuazione attribuiti – per l’acquisto dell’autovettura e della motocicletta – al D.B., il cui ritorno in Italia dopo aver egli conseguito in Germania l’indebito possesso dei veicoli colà acquistati grazie ai mutui ivi fraudolentemente contratti costituisce evenienza ininfluente ai fini del perfezionamento del reato (singoli episodi di truffa). L’evento del delitto di truffa (ex art. 640 c.p.) è rappresentato dal conseguimento del profitto (possesso delle autovetture e dei motoveicoli) con coeva produzione di un altrui danno, momenti connessi ed inscindibili che per solito coesistono temporalmente, ma che possono anche prodursi in sequenza cronologica, come appunto accade in caso di truffa contrattuale. Con l’effetto in simili contingenze che il momento e il luogo di consumazione della truffa sono rispettivamente individuabili allorchè si produce l’effettiva lesione patrimoniale del soggetto passivo per effetto dell’inadempimento del contraente in frode e laddove (locus commissi delicti) tale danno si realizza con modalità non reversibili (cfr.:
Cass. Sez. 2, 28.10.1997 n. 1136, Stabile, rv. 209671; Cass. Sez. 2, 7.11.2003 n. 46369, Jacovitti, rv. 228672: "In tema di truffa il momento consumabili del reato non può che corrispondere con quello in cui si è realizzato il danno, vale a dire con l’effettiva lesione del bene protetto dalla norma"; Cass. Sez. 2, 17.1.2008 n. 7181, Damiani, rv. 239435). In base ai dati documentali integranti il procedimento penale instaurato in Germania nei confronti del ricorrente non appare discutibile, quindi, come correttamente ritenuto dall’impugnata sentenza, che la truffa continuata più grave oggetto del m.a.e. per cui è processo risulta per intero commessa e perfezionata in Germania, nel momento in cui gli istituti di credito finanziatori degli acquisti hanno dovuto constatare l’assoluta inesistenza delle simulate disponibilità economiche del D. B., la sua irreperibilità domiciliare (per la natura fittizia del suo dichiarato recapito tedesco) nonchè la volatilizzazione dei due costosi veicoli di cui sono stati finanziati gli acquisti.
4. Il quarto motivo di censura è privo di ogni pregio, essendosi dianzi chiarito come la Corte di Appello di Catanzaro non abbia affatto disposto la consegna perchè ritenuta "obbligatoria" ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 8 (disposizione inapplicabile in virtù dello sbarramento cronologico previsto dall’art. 40, u.c. della legge citata), ma unicamente perchè i fatti oggetto del mandato di arresto tedesco sono scanditi dal requisito della doppia punibilità previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 7, in relazione a fatti reato puniti in Germania con una pena di durata massima non inferiore a dodici mesi di reclusione. Per inciso va aggiunto che il provvedimento cautelare interno presupposto dal m.a.e. tedesco specifica con assoluta chiarezza come la pena edittale per le condotte di truffa ascritte al D.B. sia corrispondente nel massimo a cinque anni di reclusione o, più propriamente, di detenzione giovanile, applicabile secondo l’ordinamento tedesco al D.B. in ragione della sua qualità di infraventunenne ("adolescente" per la legge penale tedesca con connessa applicabilità – in via generale – degli istituti sanzionatori previsti per i minori degli anni diciotto).
5. Quanto all’addotta generica carenza motivazionale del provvedimento cautelare tedesco (quinto motivo di ricorso) con particolare riguardo all’insufficiente indicazione dei gravi indizi di colpevolezza che attingono il D.B., è facile osservare che – a fronte della sufficienza dei dati conoscitivi offerti dall’autorità giudiziaria richiedente la consegna (anche con riguardo alle esigenze cautelari) – il presupposto della motivazione del mandato di arresto europeo, cui è condizionato l’accoglimento della domanda di consegna (L. n. 69 del 2005, art. 1, comma 3 e art. 18, comma 1, lett. t)), non può essere rigorosamente parametrato – in punto di analitica indicazione degli elementi di colpevolezza e delle relative fonti probatoriesulla categoria concettuale della gravità indiziaria ricavabile dalla tradizione ordinamentale italiana (esposizione logica delle significanze e delle implicazioni del materiale probatorio). Ciò che rileva, infatti, è che l’autorità giudiziaria emittente il m.a.e. offra contezza delle cause del mandato di arresto, a tal fine essendo bastevole anche una sintetica indicazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui si chiede la consegna. Situazione per certo ravvisabile nel mandato relativo al D.B., come rimarcano i giudici di Catanzaro.
A ciò dovendosi aggiungere che in merito all’intrinseca significatività degli indizi di colpevolezza apprezzati dall’impugnata decisione della Corte di Appello di Catanzaro è sufficiente, ai fini della previsione dettata dalla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 4, che nel mandato di arresto siano indicati gli indizi ragionevolmente ritenuti gravi dall’autorità giudiziaria che lo ha emesso, dal momento che non è fatto rinvio nè all’art. 273 cpp nè all’art. 275 c.p.p., comma 2 bis (v. Cass. S.U., 30.1.2007 n. 4614, Ramoci, rv. 235348: "In tema di mandato di arresto europeo l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna"). Le enunciazioni critiche del ricorrente, reiterative di questione già esattamente risolta dalla sentenza impugnata, muovono – dunque – da un evidente equivoco di fondo, non potendosi attribuire al giudice italiano competente a decidere sulla consegna compiti valutativi che surrettiziamente lo istituiscano quale giudice del riesame del provvedimento cautelare dell’autorità giudiziaria estera.
Per completezza espositiva deve, infine, evidenziarsi la totale irrilevanza della documentazione difensiva prodotta alla Corte di Appello di Catanzaro, perchè non solo essa è priva di valenze dimostrative della supposta estraneità alle truffe del D. B., ma – a ben considerarecontribuisce a rafforzare il valore degli indizi raccolti a suo carico dall’autorità tedesca. Ed, infatti, la missiva con cui il D.B. attraverso il proprio difensore risponde al legale incaricato dalla finanziaria Fiat Bank tedesca (che, rintracciatone il recapito italiano, gli chiede il pagamento di complessi Euro 25.000,00 di cui è rimasto debitore a seguito della truffa ordita per l’acquisto della vettura Alfa Romeo), missiva con cui il consegnando si limita a "contestare fortemente di essere debitore di alcunchè" non è dotata di pregio nella parte in cui richiama l’esistenza di una polizza assicurativa concernente il veicolo, che sarebbe stato rubato; polizza che non caduca l’obbligo contrattuale assunto dal D.B.. Quanto alle due denunce di furto dell’Alfa Romeo e della motocicletta Honda 600, le stesse risultano presentate in Italia (rispettivamente il 25.10.2005 e il 18.8.2004, cioè appena due settimane dopo essere entrato in possesso della motocicletta) dallo stesso D.B., che si dichiara proprietario e possessore dei due veicoli. Ciò che, a tacer d’altro, conferma come il consegnando abbia acquistato – avvalendosi dei mutui fraudolentemente ottenuti in Germania – proprietà e possesso dei mezzi, portandoli con sè in Italia, pur non avendoli mai pagati.
La sentenza impugnata può e deve essere integrata da questa Corte in rapporto alla previsione della L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. c) – in ragione della cittadinanza italiana del D.B., la cui consegna deve essere subordinata alla condizione che il medesimo – al termine del processo eventualmente celebrato nei suoi confronti in Germania – sia rinviato in Italia per espiarvi la pena inflittagli in caso di condanna. In proposito giova rilevare che l’ellittico e non felice sintagma "dopo essere stato ascoltato" impiegato dalla citata norma, deve essere logicamente interpretato (come si desume anche dalla sincronica previsione della L. n. 69 del 2005, art. 18 – comma 1, lett. r)) nel senso che la riconsegna abbia luogo soltanto dopo la celebrazione del processo nello Stato di emissione del m.a.e., atteso che una pena o una misura di sicurezza personale non possono che essere "pronunciate" se non all’esito di un processo (cfr. Cass. Sez. 6, 21.3.2007 n. 12338, Compagnin, rv.
235949).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio (la previsione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 37, secondo cui le spese sostenute nello Stato per l’esecuzione di un m.a.e. sono a carico dello Stato italiano, non investe il regime delle impugnazioni, che rimane regolato – quanto al ricorso per cassazione – dall’art. 616 c.p.p.) nonchè al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo determinare nella misura di Euro 1,000,00 (mille). La cancelleria provvedere alla tempestiva comunicazione della presente decisione al Ministro della Giustizia ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Dispone che la consegna sia subordinata alla condizione che il F., all’esito del processo a suo carico, sia rinviato in Italia per scontarvi la pena eventualmente inflittagli in Germania.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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