Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-05-2011) 07-06-2011, n. 22707

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 21 luglio 2009, il Tribunale di Palermo quale giudice dell’esecuzione, accogliendo il ricorso proposto dall’Agenzia del demanio, ha disposto:

-la declaratoria d’inopponibilità all’erario delle ipoteche iscritte dalla Cassa centrale di risparmio V.E. sui beni confiscati ad I. G. con decreto emesso da quello stesso Tribunale il 15 giugno 1995;

-la declaratoria d’inopponibilità all’erario altresì dei crediti chirografari vantati dalle società facenti capo al predetto I. nei confronti della medesima Cassa centrale di risparmio.

Quest’ultima Cassa, nel frattempo divenuta "SICILCASSA S.P.A." in l.c.a., costituitasi nel procedimento incidentale anzidetto, siccome citata dall’Agenzia del demanio, si era opposta all’accoglimento delle domanda proposta dall’Agenzia del demanio.

2. Il Tribunale ha ritenuto accertata la caratura criminale di I. G., qualificato quale riciclatore di danaro mafioso, collegato con le famiglie mafiose del territorio, nel quale si erano sviluppati i suoi maggiori interessi economici; e nei confronti di tale ultimo imprenditore e delle società che a lui facevano capo la Sicilcassa aveva intrattenuto una molteplicità di rapporti, assumendo condotte certamente anomale, come era stato accertato dai controlli effettuati sulla sua gestione dalla Banca d’Italia, la quale, oltre a gravi carenze strutturali nell’esercizio del credito, aveva formulato molteplici rilievi con specifico riferimento alla posizione del "gruppo Ienna"; pertanto il Ministero del tesoro, con decreto del 7 marzo 1996 aveva disposto lo scioglimento degli organi amministrativi e di controllo della banca anzidetta, sottoponendola ad amministrazione straordinaria, alla quale era poi seguita, con decreto del Ministero del tesoro in data 5 settembre 1997, la sua liquidazione coatta amministrativa; era inoltre pendente innanzi al Tribunale di Palermo un processo per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta a carico dei funzionari, amministratori e sindaci della Sicilcassa.

Il Tribunale ha rilevato come la Sicilcassa s.p.a. ed i suoi organi direttivi erano stati bene a conoscenza delle gravi anomalie gestionali sussistenti nei rapporti bancari intrattenuti con le società facenti capo ad I.G., fra le quali la "MODERNA EDILIZIA S.R.L.", essendo stato accertato il collegamento funzionale fra le attività illecite dello I. e la fruizione del credito bancario, si che doveva escludersi la sussistenza della buona fede nel comportamento tenuto dalla banca anzidetta, essendo al contrario ravvisabile, nel comportamento tenuto da detta banca, la mala fede sia oggettiva che soggettiva.

3. Avverso detto decreto propongono ricorso per cassazione sia l’Agenzia del demanio, sia la "SICILCASSA S.P.A." in l.c.a. per il tramite dei rispettivi difensori.

4. L’Agenzia del demanio ha dedotto violazione di legge, avendo ritenuto che, qualora come nel caso in esame, fosse stata accertata la mala fede dei terzi creditori, i diritti e le garanzie, di cui essi fossero stati titolari, con riferimento ai beni confiscati, erano da ritenere inopponibili allo Stato, con estinzione dei diritti reali di garanzia, si che, per l’effetto, la competenza a disporre la cancellazione di tali ipoteche spettava al giudice dell’incidente di esecuzione.

Ha pertanto chiesto darsi atto dell’omessa statuizione, da parte del Tribunale di Palermo, in ordine alla domanda da essa Agenzia proposta, intesa ad ottenere la cancellazione delle garanzie ipotecarie iscritte sui beni che la "SICILCASSA S.P.A." in liquidazione coatta amministrativa aveva confiscato a presidio delle ragioni di credito vantate nei confronti di I.G. e delle società a lui riconducibili.

5. La "SICILCASSA S.P.A." In l.c.a. ha a sua volta dedotto:

a)-carenza di competenza funzionale del giudice della prevenzione. atteso che, con sentenza ormai definitiva, la Corte d’appello di Palermo aveva disposto la confisca penale di tutti i beni mobili ed immobili, nonchè di tutte le società facenti capo ad I. G., si che, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 9, la confisca disposta in sede di prevenzione era da ritenere estinta, dovendosi ritenere sopravvissuta solo la confisca penale, si che il giudice dell’esecuzione competente era da ritenere il Tribunale ordinario;

b)-carenza di motivazione In ordine alle Questioni preliminari da essa sollevata, di cui una relativa alla nullità della procura con cui l’Agenzia del demanio aveva conferito mandato al proprio legale, in quanto non era stato possibile individuare il soggetto che aveva effettivamente speso il nome dell’Agenzia, nullità da ritenersi non sanabile in corso di procedimento dalla produzione di una seconda procura alle liti, prodotta con successive note del 6 giugno 2008 in calce all’atto dal direttore dell’Agenzia del demanio; un’altra concernente il difetto di legittimazione attiva dell’Agenzia del demanio, in quanto il Tribunale di Palermo aveva già in precedenza liberato i beni, sui quali gravava lo ius in re aliena della Sicilcassa, dalla misura preventiva del sequestro e poi della confisca, si che i beni oggetto di ipoteca da parte della Sicilcassa non appartenevano al demanio, ma alle singole società debitrici ed il demanio era titolare delle partecipazione in dette società e non dei rispettivi beni ricompresi nel patrimonio di tali società, pur avendo al riguardo il Tribunale ritenuto, in modo non condivisibile, che detta revoca della confisca non aveva comportato la fuoriuscita dei beni su cui gravava la confisca dal patrimonio delle rispettive società, avendo essa avuto la sola finalità di consentire la vendita a titolo oneroso dei beni aziendali;

c)-motivazione carente e solo apparente in ordine allo stato soggettivo dalla ricorrente in bonis, in quanto la Sicilcassa non avrebbe potuto essere ritenuta in cattiva fede, atteso che l’eventuale emersione di una violazione colposa di doveri di diligenza da parte del terzo titolare di uno ius in re aliena non poteva equivalere ad esclusione della sua buona fede, atteso che il Tribunale aveva evocato un giudizio normativo di colpevolezza riconducibile al canone della colpa, di per sè inconciliabile con una corretta concezione della buona fede, idonea ad evitare censure di incostituzionalità del vigente sistema della confisca speciale antimafia e di prevenzione; e l’atteggiamento della banca avrebbe dovuto essere apprezzato non in termini di violazione colposa, ma come erogazione di credito ad un imprenditore mafioso o che comunque si prestava ad attività di riciclaggio o reimpiego di proventi illeciti e quindi con riferimento ad un atteggiamento di dolosa collusione o fiancheggiamento; il che non era ravvisabile nelle irregolarità riscontrate nella gestione della Sicilcassa; inoltre il Tribunale aveva errato nell’aver fondato il proprio convincimento relativo alla sussistenza della mala fede nel comportamento della Sicilcassa sulla base di valutazioni globali e generiche relative ai rapporti intercorsi con il gruppo IENNA, mentre invece la buona fede avrebbe dovuto essere valutata con riferimento alle singole specifiche operazioni.

Ha infine rilevato che il giudice della prevenzione penale era carente di giurisdizione nella parte in cui essa aveva ritenuto inopponibili all’erario i crediti chirografari vantati dalla Sicilcassa nei confronti delle società del gruppo IENNA, in quanto tale statuizione avrebbe avuto il contenuto di provvedimento costitutivo/estintivo di una situazione soggettiva privata, qual’è il credito, ricompreso nel patrimonio di un soggetto estraneo a qualsiasi attività illecita ed al relativo accertamento penale, nonchè autonomo titolare di diritti insopprimibili, dovendosi riconoscere al riguardo l’esclusiva competenza del giudice civile.

6. Con memoria depositata l’11 gennaio 2011 l’Agenzia del demanio ha confutato i singoli motivi di censura proposti dalla "SICILCASSA S.P.A." in l.c.a., ritenendo in particolare quelli sub b) inammissibili, in quanto su di essi si era pronunciato il Tribunale di Palermo con ordinanza del 21 luglio 2008, divenuta irrevocabile per mancata tempestiva impugnazione nei termini di legge; rilevando la manifesta infondatezza degli altri motivi, non potendosi ravvisare nell’impugnata ordinanza alcuna lacuna motivazionale.

Con particolare riferimento alla dichiarata inopponibilità nei confronti dell’erario, oltre che delle ipoteche iscritte sui beni aziendali delle società del gruppo IENNA sottoposti a confisca, altresì dei diritti di credito vantati dalla banca nei confronti delle medesime società, l’Agenzia del demanio ne ha ritenuto la piena legittimità, atteso che, laddove in sede di incidente di esecuzione era stata accertata la mala fede del terzo creditore, questa stessa statuizione non poteva non comportare il disconoscimento delle pretese creditorie del terzo, le quali avrebbero dovuto essere pertanto ritenute inopponibili allo Stato confiscante, non potendosi continuare a considerare sussistenti, nei confronti delle aziende confiscate, le pretese creditorie di chi, come nella specie la Sicilcassa, era stato giudicato come soggetto terzo di mala fede.

7. Con memoria depositata il 18 gennaio 2011 la Sicilcassa in l.c.a. ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso in precedenza esposti, confutando in particolare le argomentazioni svolte dal P.G. presso questa Suprema Corte con la requisitoria scritta del 2 agosto 2010, con la quale è stato chiesto:

-l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, nella parte in cui era stata omessa la cancellazione delle ipoteche iscritte in favore della Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. sui beni confiscati in danno di I.G., con decreto del Tribunale di Palermo del 15 giugno 1995;

-l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla dichiarazione di inopponibilità all’erario dei crediti chirografari vantati dalla stessa Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. nei confronti delle società del gruppo IENNA;

-il rigetto nel resto del ricorso.

8. Con ulteriore memoria depositata il 27 gennaio 2011 la Sicilcassa in l.c.a. ha ulteriormente sviluppato i motivi di ricorso in precedenza esposti, con particolare riferimento all’incompetenza funzionale del giudice della prevenzione, dovendosi ritenere nella specie la confisca disposta in sede di prevenzione ormai estinta, per essere intervenuta la confisca dei medesimi beni disposta a seguito di passaggio in giudicato di una sentenza di condanna, sì che occorreva ritenere giudice dell’esecuzione solo quello ordinario.

Quanto alle eccezioni di inammissibilità formulate, ha rilevato che il provvedimento interinale con il quale il Tribunale di Palermo aveva respinto le eccezioni proposte poteva essere impugnato solo col provvedimento finale.

9. Anche l’Agenzia del demanio ha ulteriormente sviluppato, con ulteriore memoria depositata il 27 gennaio 2011, i motivi di ricorse sopra esposti, specificando in particolare che la misura della confisca intervenuta in via di prevenzione implicava effetti devolutivi in favore dello Stato di carattere definitivo ed irreversibile, una volta che la misura fosse divenuta definitiva, con conseguente irrilevanza di ogni altro successivo provvedimento ablatorio disposto nei confronti dei medesimi soggetti.
Motivi della decisione

1. E’ infondato il motivo di ricorso proposto dalla Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. sub a). La giurisprudenza di questa Corte, nell’interpretare l’esatta portata della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 9, è invero orientata nel senso di ritenere che, se è vero che, in tema di misure di sicurezza patrimoniale, l’eventuale misura cautelare reale disposta nell’ambito di un processo penale non osta all’adozione di una misura di prevenzione sui medesimi beni; se è vero che gli effetti di quest’ultima rimangono sospesi sino alla definizione del procedimento penale nel cui ambito analoga misura sia stata disposta; se è vero che la misura di prevenzione è destinata a decadere, qualora venga ordinata la confisca in sede penale, con conseguente prevalenza di quest’ultima confisca su ogni eventuale misura di prevenzione sugli stessi beni, ciò non autorizza a ritenere che la confisca in sede penale precluda il passaggio in giudicato e la definitività del decreto di confisca, disposta ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575, qualora tale definitività abbia avuto luogo, com’è pacifico nel caso in esame, ben prima dell’adozione della confisca in sede di giudizio penale (cfr., in termini, Cass. sez. 5 n. 11047 del 22/11/2004 dep. 22/03/2005, Vincenzini, Rv. 231061).

Va altresì rilevato che appare del tutto specioso e formalistico distinguere e contrapporre, nell’ambito dell’unico Tribunale di Palermo, quale giudice dell’esecuzione, una sezione ordinaria, contrapposta ad una sezione dedita alle misure di prevenzione, trattandosi di articolazioni interne di un unico organo giurisdizionale, frutto di razionalizzazione e di ottimale organizzazione delle risorse, agendo in entrambi i casi nei confronti della platea degli utenti l’unico organo giurisdizionale costituito dal Tribunale di Palermo.

2. E’ infondato al limite dell’inammissibilità il motivo di ricorso proposto dalla Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. sub b).

Il fatto che l’Agenzia del demanio abbia prodotto formale procura alle liti rilasciata dal direttore pro tempore non all’inizio del giudizio di esecuzione, ma nel corso di esso e cioè con note del 12 giugno 2008 non costituisce alcun motivo di nullità, atteso che lo schema processuale proprio dell’incidente di esecuzione è quello di cui all’art. 127 cod. proc. pen., nel cui ambito non è previsto l’obbligo di una formale procura alle liti rilasciata dal ricorrente al proprio difensore.

E’ poi frutto di evidente travisamento l’avere la Sicilcassa ricorrente ritenuto che il Tribunale di Palermo con decreto in data 26 marzo 2002, abbia liberato i beni, sui quali gravava lo ius in re aliena della Sicilcassa, dalla misura preventiva del sequestro e poi della confisca, si che i beni oggetto di ipoteca da parte di essa banca non sarebbero più appartenute al demanio, ma alle singole società debitrici ed il demanio sarebbe stato titolare solo delle partecipazione in dette società e non dei rispettivi beni ricompresi nel patrimonio delle medesime. Va al contrario ritenuto, conformemente del resto a quanto chiarito dal Tribunale di Palermo con la decisione interinale del 26 settembre 2008, che, con il decreto del 2002, non è avvenuta alcuna revoca della confisca in precedenza disposta, essendo stato al contrario con esso specificato che, proprio in applicazione della concessa confisca, il demanio poteva alienare i singoli beni facenti parte del patrimonio delle società del gruppo IENNA senza i vincoli propri della confisca, si che detti beni erano pertanto da ritenere passati nella definitiva disponibilità del demanio.

3. E’ infondato il motivo di ricorso proposto dalla Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. sub c), nella parte in cui ha sostenuto che essa banca non poteva ritenersi in cattiva fede.

La giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere che il terzo titolare di un diritto reale di garanzia può fare accertare, mediante incidente di esecuzione innanzi al competente giudice penale, l’esistenza delle condizioni di permanente validità del diritto reale di garanzia medesimo, desumibili, oltre che dall’anteriorità della trascrizione del relativo titolo, rispetto al provvedimento ablatorio, da una situazione soggettiva di buona fede, nella quale deve versare il titolare del diritto reale di garanzia, inteso come mancata sua consapevolezza del comportamento antigiuridico tenuto dal soggetto che ha utilizzato il credito bancario (cfr., in termini, Cass. 1A, 21.11.07 n. 45572, rv. 238144;

Cass. 1A, 2.4.08 n. 16743, rv. 239625).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, il Tribunale di Palermo, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome rispondente ai canoni della logica e della non contraddizione, ha da un lato accertato l’anteriorità delle iscrizioni, da parte della Sicilcassa s.p.a., banca erogatrice dei mutui, delle garanzie ipotecarie sugli immobili rispetto ai provvedimenti di sequestro preventivo e poi di confisca, disposto dall’a.g. sugli immobili medesimi; dall’altro ha indicato i validi e convergenti elementi, dai quali desumere che la Sicilcassa s.p.a., titolare delle ipoteche, non potesse qualificarsi come terzo in buona fede.

Non è condivisibile al riguardo l’assunto difensivo della Sicilcassa s.p.a., secondo il quale la violazione colposa di un dovere di diligenza da parte del terzo titolare dello ius in re aliena non sarebbe ostativa alla declaratoria della buona fede e, dunque, non sarebbe idonea a travolgere i diritti reali di garanzia costituiti sui beni; va al contrario ritenuto che la nozione di colpevolezza o di volontà colpevole è da ritenere comprensiva sia dell’ipotesi di dolo, sia dell’ipotesi di colpa e che, pertanto, un comportamento può classificarsi come colpevole non solo quando sia caratterizzato dal dolo e cioè dalla consapevolezza e dalla volontà della condotta e dell’evento, ma anche quando tale consapevolezza e tale volontà siano mancate in dipendenza di un atteggiamento colposo dovuto ad imprudenza, negligenza ed imperizia, sicchè il comportamento non può qualificarsi incolpevole quando il fatto, pur non essendo stato conosciuto, sia tuttavia conoscibile con l’uso dell’ordinaria diligenza e prudenza.

Non è dato pertanto assimilare la mancanza di buona fede all’atteggiamento della volontà qualificabile come dolo, essendo invece da ritenere la buona fede altresì quale assenza di colpa e scusabilità dell’ignoranza e del difetto di diligenza.

Va quindi ritenuto che il Tribunale di Palermo, nel dichiarare la mala fede della Sicilcassa, si è attenuta ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità ed ha ricostruito con piena adeguatezza logica le relazioni finanziarie della stessa Sicilcassa con il gruppo di società facenti capo ad I.G., riconosciuto in modo definitivo come intraneo ad associazione mafiosa e riciclatore di danaro mafioso, proveniente da attività illecite.

Il Tribunale ha valutato le relazioni ispettive degli organi di vigilanza della Banca d’Italia, dalle quali erano emersi precisi rilievi di anomalie ed irregolarità di gestione, peraltro posti a base del decreto del Ministero del tesoro, con i quali la Sicilcassa era stata sottoposta prima ad amministrazione straordinaria e, poi, a liquidazione coatta amministrativa, correttamente utilizzando altresì le relazioni degli organi dell’amministrazione straordinaria, dei commissari liquidatori, dei consulenti del P.M. e dei periti del giudice, tutti elementi dai quali era emerso una sistematica gestione anomala del credito concesso a I.G. ed alle società da lui controllate, con colpevole consapevolezza da parte degli organi dirigenti della banca, di fornire un’ingente quantità di finanziamenti a fronte di garanzie spesso insufficienti o di fatto inesistenti, con la conseguente accettazione del rischio che le cospicue erogazioni disposte potessero in realtà confluire in progetti di riciclaggio di risorse finanziarie di associazioni criminose di stampo mafioso (cfr., in termini, Cass. sez. 1^ n. 29378 del 29/04/2010 dep. 27/07/2010, Agenzia del demanio).

4. Una volta accertata la mancanza di buona fede nel comportamento tenuto dalla Sicilcassa, deve necessariamente conseguire l’accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia del demanio, la quale ha denunciato i vizi di violazione di legge ed illogicità manifesta della motivazione, in quanto il Tribunale di Palermo, dopo avere affermato la mala fede della Sicilcassa, nonchè l’inopponibilità all’Agenzia del demanio delle ipoteche iscritte sui beni immobili facenti capo a I.G., nonchè alle società al medesimo riconducibili, aveva omesso di trarre le dovute conseguenze, fra le quali rientra certamente l’ordine al competente conservatore di procedere alla cancellazione delle ipoteche anzidette; e va rilevato che l’art. 2884 cod. civ. espressamente dispone che detta cancellazione può essere ordinata non solo con sentenza passata in giudicato, ma anche con ogni altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti.

5. Ritiene pertanto il Collegio che l’ordine di cancellazione anzidetto ben può essere dato direttamente da questa Corte, risultando superfluo disporre, nella specie, il rinvio del provvedimento impugnato al Tribunale di Palermo, conformemente a quanto disposto dall’art. 620 c.p.p., lett. l).

6. Il ricorso proposto dalla Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. dev’essere tuttavia accolto con riferimento alla disposta declaratoria, da parte del Tribunale di Palermo, dell’inopponibilità anche dei crediti chirografari vantati dalla Sicilcassa nei confronti di I. G. e delle società al medesimo riconducibili.

Con riferimento a detti crediti infatti si entra in un ambito completamente differente rispetto a quello proprio delle ipoteche volontarie, essendo queste ultime sottoposte ad un rigoroso sistema di pubblicità, affidato a pubblici ufficiali quali sono i notai e gestito dal Ministero dell’economia per il tramite delle Agenzie del territorio, a ciascuna delle quali fa capo il servizio di pubblicità immobiliare, si che le ipoteche volontarie sono individuabili con certezza sia con riferimento al loro momento genetico, sia con riferimento ai beni, sui quali sono iscritte, sia con riferimento al loro ammontare; al contrario i crediti chirografari sono caratterizzati dall’estrema eterogeneità delle relative fonti, si che appare improprio attribuire alla competenza funzionale del giudice dell’esecuzione penale, nell’ambito dell’incidente di esecuzione, la declaratoria della loro generica inefficacia, essendo più ragionevole ritenere devoluto al giudice civile il compito di dichiarare, di volta in volta, inesigibili i singoli crediti chirografari, stante l’accertata mala fede della Sicilcassa creditrice.

7. Da quanto sopra consegue l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato, limitatamente all’omessa cancellazione delle ipoteche sui beni confiscati dal Tribunale di Palermo in data 15 giugno 1995, con contestuale ordine ai competenti conservatori di cancellare dette ipoteche; consegue altresì l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato con riferimento alla disposta declaratoria d’inopponibilità dei crediti chirografari vantati dalla Sicilcassa s.p.a. in l.c.a., nei confronti di I.G. e nei confronti delle società al medesimo riconducigli, declaratoria che pertanto va eliminata.

8. Il ricorso va rigettato nel resto, senza alcuna condanna alle spese, stante il parziale accoglimento dei ricorsi proposti da entrambi i ricorrenti.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato con riferimento all’omessa cancellazione delle ipoteche iscritte in favore della Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. sui beni confiscati con decreto del Tribunale di Palermo in data 15 giugno 1995 in procedimento di prevenzione a carico di I.G., con contestuale ordine di cancellazione di dette ipoteche su tali beni.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato con riferimento alla declaratoria d’inopponibilità dei crediti chirografari vantati dalla Sicilcassa s.p.a. l.c.a., che elimina.

Rigetta nel resto il ricorso proposto da Sicilcassa s.p.a. in l.c.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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