T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 08-06-2011, n. 5095 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ord. comunale n. 2/2011 n. 130 del 20.1.2011, notificata il 25.1.2011, è stata ingiunta al ricorrente la demolizione di una serie di opere abusive, indicate nel provvedimento.

Con i motivi di ricorso l’interessato ha prospettato i seguenti motivi di diritto:

1) violazione di legge, omessa identificazione del proprietario dell’opera eseguita, mancanza di legittimazione passiva in capo al ricorrente (si sostiene che il ricorrente non è titolare di alcun diritto reale);

2) violazione di legge, omesso avviso ex art. 7 L. 241/90;

3) violazione di legge art. 6 TU 380/2001, eccesso di potere per genericità e difetto assoluto di motivazione (la recinzione non è soggetta a permesso a costruire ma a semplice SCIA la cui mancanza può portare, soltanto, all’irrogazione della sanzione ma non della demolizione).

Il Comune resistente ha precisato che "il ricorrente ha dichiarato in sede di sopralluogo per l’accertamento degli abusi di essere proprietario dell’immobile; e comunque, almeno dal 2009, egli abita l’edificio e lo ha eletto come dimora propria e del proprio nucleo familiare, è intestatario della relativa denuncia Tarsu, dell’utenza idrica ad uso domestico e dell’utenza elettrica".

Il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa; di ciò sono stati resi edotti i difensori delle parti.

Ad avviso del Collegio le censure non meritano positivo apprezzamento.

In particolare, si osserva che:

a). come emerge dagli atti istruttori del procedimento in questione, depositati in giudizio, il ricorrente ha – comunque – la materiale disponibilità del bene;

b). per consolidato indirizzo giurisprudenziale l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (C.d.S., sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5049; 10 dicembre 2007, n. 6344; 31 agosto 2010, n. 3955; sez. V, 7 settembre 2009, n. 5229);

c). come chiarito in replica dal Comune (cfr., memoria depositata in data 13.5.2011, il contestato muro di cinta è sorto quale pertinenza della più ampia edificazione abusiva, di oltre 140 mc, realizzata dal ricorrente;

d). infine, la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce un motivo idoneo a determinare l’annullabilità dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi, in quanto è palese, attesa l’assenza di qualsivoglia titolo abilitativo all’edificazione, che il contenuto dispositivo del provvedimento "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", sicché sussiste la condizione prevista dall’art. 21 octies, comma 2, della L.n. 241 del 1990 per determinare la non annullabilità del provvedimento impugnato (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 maggio 2009, n. 3029).

In definitiva, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio, il cui importo viene liquidato come da dispositivo, debbono essere poste a carico del ricorrente in quanto soccombente.

In ultimo, Il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato con deliberazione dell’apposita Commissione N. 438/2011.

Orbene, dalle considerazioni supra svolte, connesse con le censure dedotte nel ricorso, emerge la manifesta infondatezza dello stesso ricorso.

Ciò induce il Collegio a fare applicazione dell’art.136 del DPR 30 maggio 2002 n.115 (sulle spese di giustizia, nella parte riferita al patrocinio a spese dello Stato), in base al quale il provvedimento di ammissione al patrocinio è dal magistrato che procede revocato, per quanto qui occorre, se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso, come in epigrafe proposto.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della resistente per complessivi Euro 1000,00 (mille).

Revoca il gratuito patrocinio concesso al ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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