Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-04-2011) 07-06-2011, n. 22507

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza 12/1/2011, dichiarava sussistere le condizioni per l’estradizione verso il Marocco di M.K., limitatamente al reato di partecipazione ad associazione per delinquere, in ordine al quale si procedeva a suo carico in quel Paese; dichiarava, inoltre, non sussistere le condizioni per l’estradizione del predetto in relazione ai reati di falso, per i quali pure l’Autorità Giudiziaria marocchina procedeva.

La Corte territoriale chiariva che l’estradando era destinatario di mandato di cattura internazionale 18/10/2004 della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Rabat, per avere, nell’anno 1999, aiutato intenzionalmente e consapevolmente alcuni sodali dell’associazione per delinquere, fornendo loro, nella qualità di funzionario comunale, passaporti falsi, allo scopo di raggiungere la Gran Bretagna.

Riteneva, sulla base della domanda di estradizione e della documentazione alla stessa allegata, che ricorrevano tutti i presupposti richiesti dalla Convenzione bilaterale 12/2/1971 tra l’Italia e il Marocco, per farsi luogo alla consegna della persona richiesta limitatamente al reato associativo, illecito previsto dagli ordinamenti di entrambe le Parti contraenti, suffragato da un adeguato quadro di gravità indiziaria e non prescritto. Riteneva, invece, insussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione in relazione ai reati di falso, perchè – secondo la legislazione italiana – erano estinti per prescrizione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’estradando e ha dedotto: 1) erronea applicazione della legge penale per difetto del requisito della doppia incriminabilità, considerato che nei fatti descritti nella domanda di estradizione non erano ravvisabili – secondo il nostro ordinamento – gli estremi del reato associativo; 2) violazione della legge penale sotto il profilo che anche il reato associativo era da ritenersi, in base alla normativa interna, estinto per prescrizione.

3. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

Non ha pregio la prima doglianza.

Il requisito della doppia incriminazione, di cui all’art. 13 cod. pen. e all’art. 31, n. 1 della Convenzione di estradizione 12/2/1971 tra l’Italia e il Marocco (resa esecutiva con L. 12 dicembre 1973, n. 1043), non postula l’esatta corrispondenza della configurazione normativa e del trattamento della fattispecie, ma solo l’applicabilità della sanzione penale, in entrambi gli ordinamenti, ai fatti per cui si procede, sicchè non rileva che il testo dell’art. 295 c.p. Marocco non sia sovrapponitele alla previsione di cui all’art. 416 nostro c.p.. I fatti che si addebitano all’estradando, per così come prospettati dallo Stato richiedente, sono inquadrabili – secondo il nostro ordinamento – nella fattispecie di cui all’art. 416 cod. pen. E’ il caso di aggiungere che nella documentazione allegata alla domanda estradizionale risultano evocate le ragioni per le quali si è ritenuto, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l’estradando si sia reso responsabile dei fatti oggetto della richiesta di estradizione. Non rientra nel perimetro del procedimento di garanzia giurisdizionale in tema di estradizione passiva una qualsiasi valutazione di merito in ordine alla ricostruzione dei fatti-reato per i quali si procede nello Stato richiedente.

Privo di seria consistenza è anche il secondo motivo di ricorso.

Il reato associativi, seconda la legislazione dello Stato richiedente (cfr. documentazione allegato), non è prescritto.

Non è prescritto neppure secondo la legge italiana, considerato che deve aversi riguardo al regime della prescrizione vigente alla data di commissione del fatto (1999). Tale conclusione discende dal principio, fondamentale in materia di estradizione, di doppia incriminabilità (art 13 c.p., comma 2) e, quindi, di doppia procedibilità, con la conseguenza che la legge applicabile ai fini della prescrizione non può che necessariamente essere quella vigente al momento della commissione del reato oggetto della domanda di estradizione (Sez. 6, n. 48414 del 9/10/2008, dep. 30/12/2008, imp. Dalli Cardino). Il termine di prescrizione, interrotto – per altro – con l’emissione del mandato di cattura internazionale in data 18/10/2004 (equipollente all’ordinanza applicativa della misura cautelare personale), non è interamente decorso: detto termine, infatti, considerato nella sua massima estensione, è pari ad anni quindici, ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 1, n. 3 e art. 160 c.p., comma 3 (testo previgente).

3.1. Devesi precisare che M.K., con riferimento alla presente procedura estradizionale, è stato tratto in arresto il 14/7/2010 e il suo stato di detenzione, tuttora permanente, non ha subito alcuna soluzione di continuità. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod proc. pen..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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