T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 08-06-2011, n. 5085 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

ATTESO che il ricorso appare manifestamente infondato, avuto riguardo alla istruttoria disposta con l’ordinanza n. 1051 pronunciata nella Camera di Consiglio del 3 febbraio 2011;

RILEVATO che gli interessati impugnano rispettivamente il provvedimento di sospensione e quello di demolizione, come in epigrafe indicati, delle seguenti opere abusive:

"fabbricato destinato a magazzino di volumetria pari a mc. 351,00 disposto su tre livelli (piano interrato, terra e primo). A copertura della porta di ingresso al piano terra è presente una tettoia di m. 5,50 x m. 3,80 x H max m. 3,00 e min. m. 2,40;

Magazzino delle dimensioni di m. 2,80 x 4,80 x H m. 2,30, locale w.c. di larghezza m. 1,40 x m. 1,50. Tettoia di m. 5,00 x m. 2,00 di profondità, altezza massima di m. 2,50 ed altezza minima di m. 2,30;";

CONSIDERATO che avverso detti provvedimenti i ricorrenti propongono:

1. eccesso di potere per contraddittorietà per non avere proceduto a seguito della segnalazione ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, violazione e falsa applicazione della medesima norma nonché dell’art. 27 del citato d.P.R. eccesso di potere per assenza di motivazione; disparità di trattamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del DM. 2 aprile 1968, n. 1444;

Con tale doglianza i ricorrenti in sostanza lamentano che con atto notarile del 15 febbraio 2002 essi hanno acquistato il terreno e l’immobile consistente in un magazzino di tre piani della consistenza complessiva di mq. 165, realizzato in base a concessione edilizia del 1983 di cui erano titolari i precedenti danti causa e che pertanto, in base alla norma di cui al sesto comma dell’art. 30/d.P.R. n. 380, poiché i pubblici ufficiali che ricevono atti aventi ad oggetto trasferimento senza frazionamento di lotti di terreno inferiori ai diecimila metri quadrati, come è il loro, devono trasmettere gli atti al Comune competente ove è sito l’immobile, è quanto meno inusitato che il Comune decida di agire dopo otto anni dalla avvenuta compravendita. Palese è poi la disparità di trattamento con altre situazioni simili, per la circostanza che, apparendo la zona oramai densamente abitata, pure illegittima è la parte della motivazione del provvedimento che fa riferimento ai limiti di edificabilità propri della Zona agricola E. L’area avrebbe dovuto piuttosto essere oramai classificata Zona omogenea B, in cui il rapporto tra superficie coperta da edifici e quella fondiaria è inferiore al 12,5%;

2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, eccesso di potere per contraddittorietà e carenza di motivazione, illogicità di entrambi i provvedimenti impugnati: gli interessati sostengono che del tutto fuor di luogo appare l’azione del Comune che nei due provvedimenti impugnati prende atto della compravendita avvenuta in data 15 febbraio 2002 per poi ordinare la sospensione dei lavori e la demolizione a distanza di otto anni. Dette ordinanze appaiono anche contraddittorie, laddove dapprima prendono atto della esistenza della concessione edilizia per uno dei due manufatti e poi ordinano la demolizione per entrambi;

RILEVATO che le doglianze appaiono infondate alla luce dell’istruttoria, cui sopra accennato;

CONSIDERATO che in particolare le due ordinanze colpiscono non uno soltanto dei manufatti realizzati e cioè quello previsto dalla concessione edilizia rilasciata alla dante causa dei ricorrenti in data 26 febbraio 1983 al n. 136 per il volume complessivo di mc. 174,93, ma anche un ulteriore manufatto nella detta concessione non menzionato e considerato che, anche in ordine a detto manufatto preesistente, l’Amministrazione comunale ha rilevato l’aumento di volumetria a mc. 351,00, come è dato ricavare dai due provvedimenti;

CONSIDERATO quindi che non può essere condiviso l’aspetto delle censure con le quali si porrebbe in evidenza la contraddittorietà della motivazione degli stessi per menzionare prima la concessione edilizia e quindi, l’idoneo titolo abilitativo ad una delle costruzioni, per poi pretenderne la demolizione, dal momento che la volumetria del manufatto assentito nel 1983 è stata incrementata, nella sua realizzazione;

CONSIDERATO ancora che la dedotta disparità di trattamento, a fronte degli abusi edilizi non è predicabile nell’operato dell’Amministrazione comunale, che è tenuta per legge a rimuovere detti abusi, laddove e piuttosto il vizio "ben si rivolge alle ipotesi di discriminazione nell’attribuzione di un bene della vita, non già ove, al contrario, si proceda ad eliminare situazioni illegittime," (TAR Sicilia, Catania, sezione I, 20 settembre 2010, n. 3763);

CONSIDERATO che del tutto tardive appaiono le osservazioni effettuate dai ricorrenti in ordine alla zonizzazione del PRG in base alla quale i loro interventi non sarebbero compatibili con la Zona E agricola, laddove, come noto, il procedimento di approvazione del Piano Regolatore e delle Norme tecniche di attuazione prevede una fase di partecipazione degli interessati, che vedono conformarsi il terreno di loro proprietà secondo norme che possono contrastare con i loro interessi;

E CONSIDERATO appunto che, in base all’istruttoria effettuata, è emerso che il PRG vigente al momento in cui sono stati adottati i due provvedimenti in esame è del 15 dicembre 2005, successivo al momento in cui essi hanno acquistato il terreno con il manufatto preesistente dal 1983 e cioè con atto notarile del 15 febbraio 2002, sicché essi ben avrebbero potuto partecipare alla ridetta fase delle osservazioni, con la conseguenza che la doglianza proposta al riguardo non trova fondamento;

RITENUTO che pertanto i due provvedimenti vadano trovati scevri dalle dedotte censure e che il ricorso vada di conseguenza respinto;

CONSIDERATO che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti V.P. e D.P. al pagamento di Euro 1.500,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Comune di Bassano Romano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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