Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-10-2011, n. 20628 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione, notificato rispettivamente l’11 e 12 maggio 1992, M.M.R., M.R. e M.E. esponevano che in data (OMISSIS), l’autoveicolo Fiat 128, tg. (OMISSIS), non coperto da assicurazione Rea e condotto da S.A., nell’incrociare un motocarro Ape Piaggio, tg. (OMISSIS), aveva invaso la carreggiata di marcia opposta, scontrandosi con l’autocarro e cagionando la morte di M.A., fratello degli esponenti, che si trovava alla guida di esso.

Tanto premesso, osservato che le richieste di risarcimento avanzate con la lettera AR dell’11 marzo 1992 non avevano avuto alcun riscontro, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Oristano, S.A., la Toro Assicurazioni spa, nella sua qualità di impresa designata per il Fgvs, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti; danni anche patrimoniali, considerato che il M., con il suo lavoro, provvedeva al sostentamento della anziana madre, della sorella nubile, E. e del fratello S., deceduto nel (OMISSIS), del quale esse erano eredi.

C.G., madre del M., si costituiva in giudizio aderendo alla domanda.

La Toro Assicurazioni, contestò il fondamento della domanda e chiese l’integrazione del contraddittorio nei confronti di T.G., litisconsorte necessario in quanto proprietario dell’auto investitrice.

Quest’ultimo si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti, assumendo di aver venduto la Fiat al S., il quale aveva pagato il prezzo, circa 15 giorni prima del sinistro. Chiedeva, quindi, previo accertamento della proprietà del veicolo in capo al S., di essere estromesso dal giudizio.

La causa, contumace il S., veniva istruita con produzioni di documenti e prova testimoniale.

Con atto notificato il 12 febbraio 1996, il processo, che pure non era stato dichiarato interrotto, fu riassunto dalle attrici nei confronti degli eredi del S., S.P., S. G., T.A., ved. S., sul presupposto che questi fosse deceduto.

All’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni la Toro spa eccepì la prescrizione del diritto per essere trascorso il termine di cinque anni del fatto, e di oltre due anni dalla data in cui era passata in giudicato (9 marzo 1990) la sentenza del Tribunale di Oristano del 7 febbraio 1990, in occasione del quale il S. aveva patteggiato la pena per il reato di omicidio colposo.

Il primo atto interruttivo della prescrizione era, infatti, rappresentato dalla lettera in data 11 marzo 1992, con il quale era stato richiesto il risarcimento dei danni.

Il Tribunale, con sentenza 5 giugno/16 luglio 2003, dichiarava prescritto il diritto nei confronti della Toro e condannava S. A. al risarcimento dei danni morali in favore delle attrici.

A seguito dell’appello delle M., costituitosi T.G. che a sua volta proponeva appello incidentale e la Toro Assicurazioni, in contumacia degli altri intimati, la Corte d’Appello di Cagliari, con la decisione in esame, depositata il 7.6.2008, accoglieva "per quanto di ragione l’appello principale condannando gli eredi di S.A., ciascuno per la sua quota, al pagamento di Euro 25.533,00, oltre interessi compensativi come liquidati in primo grado e dichiarava inammissibile l’appello incidentale".

Affermava in particolare la Corte territoriale che "con il secondo motivo di impugnazione le appellanti censurano la sentenza impugnata dolendosi che il giudice abbia dichiarato la prescrizione della domanda sull’erroneo presupposto che il termine applicabile fosse quello quinquennale, mentre il reato di omicidio colposo si prescrive in dieci anni.

La censura è fondata, ma deve, sia pure con differente motivazione, confermarsi l’intervenuta prescrizione. Infatti, se è vero che la concessione di eventuali attenuanti in ordine al reato di cui all’art. 589 c.p., che influenza il termine della prescrizione penale, è irrilevante in sede civile, poichè, ai fini dell’art. 2947 c.c., occorre fare riferimento esclusivamente al reato quale contestato, nel caso in esame risulta che il S., per detto reato, fu giudicato con sentenza ormai irrevocabile. Il termine di prescrizione è, dunque, quello di due anni dl passaggio in giudicato della sentenza compresa quella emessa ai sensi dell’art. 444, c.p.p..

E’ pacifico in causa che nei confronti del S. fu promossa l’azione penale per il reato di omicidio colposo e il relativo giudizio (R.g. 291/89) si concluse con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., pronunciata il 7 febbraio 1990, presente l’imputato, e depositata il 10 febbraio. In proposito deve infatti rilevarsi che nei procedimenti penali che, come nel caso hi esame, erano destinati ratione temporis a proseguire secondo le norme del vecchio codice, in cui l’istituto del patteggiamento era applicato in via eccezionale, la disciplina non può che essere quella del codice del 1930, che deve trovare applicazione tutte le volte che non sia espressamente prevista, dalle disposizioni di attuazione l’osservanza dell’attuale codice".

Accoglieva comunque la Corte di merito in parte l’appello, ritenendo che "con l’atto di citazione le sorelle M. affermavano di agire anche nella loro qualità del fratello S., pertanto, in parziale riforma della sentenza impugnata, gli eredi di S. A., S.P., S.G., T.A., ved.

S., devono essere condannati, ciascuno per la loro quota, al pagamento in favore delle appellanti della ulteriore somma di Euro 25.533,00, oltre gli interessi compensativi come liquidati in sentenza".

Ricorrono per cassazione le M. con due motivi e relativi quesiti, illustrati da memoria; resiste con controricorso la Toro Assicurazioni.
Motivi della decisione

Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 2947 c.c., commi 2 e 3, e art. 2943 c.c., comma 4, D.L. 28 luglio 1989, n. 271, artt. 245 e 248 e art. 448 c.p.p., e art. 585 c.p.p., comma 1, lett. b (nel testo ante riforma 1991) e art. 544 c.p.p., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si afferma in particolare che, "contrariamente all’assunto della Corte territoriale, la sentenza di patteggiamento pronunciata nei confronti del S. era soggetta all’impugnazione secondo il rito del codice di procedura penale del 1988 e non di quello del 1930".

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 2947 c.c., commi 2 e 3, art. 2943 c.c., comma 4 e dell’art. 153 c.p.p., e art. 199 c.p.p.c, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si afferma in particolare che ove "si ritenga corretta l’applicazione delle norme del codice di procedura penale del 1930, operata dalla Corte di merito, la prescrizione non sarebbe patimenti maturata".

Il ricorso è fondato quanto al primo motivo, con assorbimento del secondo.

La decisione impugnata infatti fonda la propria decisione su un indirizzo giurisprudenziale datato in tema di decorrenza della prescrizione con riferimenti alla procedura di patteggiamento o a riti abbreviati, senza tener conto della più recente giurisprudenza di questa Corte in sede penale. Come infatti statuito con le pronunce delle Sezioni Unite penali nn. 6706/91 e 16/92 (e con altre decisioni successive), sono regolate dalle norme del nuovo codice di procedura penale le impugnazioni contro le sentenze pronunciate in giudizi abbreviati innestati su procedimenti che proseguono con l’applicazione delle norme vigenti anteriormente all’entrata in vigore di detto codice e in particolare i termini per proporre impugnazione e la loro decorrenza sono regolati dall’art. 585 di tale codice.

Ne consegue che doveva ritenersi applicabile alla vicenda in esame il nuovo rito processuale penalistico di cui all’art. 585 c.p.p., e quindi il termine di quindici giorni se dispositivo e motivazione sono contestuali (art. 544, comma 1 e art. 585, comma 1, lett. a), e di sessanta giorni e ora quarantacinque giorni (trenta allora ed ora quindici per la motivazione e trenta anche ora per l’impugnazione) secondo il disposto dell’art. 585, comma 1, lett. b, in relazione all’art. 544 c.p.p., comma 2; per cui ancora, poichè il dispositivo della sentenza penale di condanna del S.A. è stato emesso il 7 febbraio successivo, il termine per impugnare di trenta più trenta giorni, cioè sessanta giorni, doveva scadere (febbraio era di ventotto giorni) l’8 aprile 1990 e non essendo stata proposta alcuna impugnazione in tale ultima data si è formato il giudicato.

Sempre dall’8 aprile 1990 è poi decorso il biennio di prescrizione breve con compimento quindi alla data dell’8 aprile 1992;

prescrizione nel caso di specie non verificatosi a seguito delle raccomandate spedite nel marzo 1992, come riportato nella stessa sentenza d’appello.

Il Giudice del rinvio dovrà quindi procedere a una nuova decisione, in sede di giudizio di secondo grado, non ritenendo compiuta nel caso di specie detta prescrizione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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