Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-03-2011) 07-06-2011, n. 22736 Aggravanti comuni difesa minorata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propongono ricorso per cassazione Ca.Ge., B. A., Co.An. e C.M. avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 2 marzo 2010 con la quale è stata confermata, salva la modifica del trattamento sanzionatorio, la sentenza di primo grado affermativa della loro responsabilità in ordine al reato di furto aggravato in concorso commesso il 21 febbraio 2009 ai danni della filiale di Poppi del Monte dei Paschi di Siena, fatto del 2009.

Mediante la forzatura dell’apparecchio bancomat gli imputati si sono impossessati della somma di Euro 19.450 Euro.

Deducono:

1-2) violazione dell’art. 545 c.p.p. e vizio di motivazione. Erano state concesse nel dispositivo letto in udienza le circostanze attenuanti generiche equivalenti, per giunta poi fondate su elementi favorevoli agli imputati, mentre nella parte motiva la pena non era stata calcolata partendo dalla pena edittale dell’art. 624 c.p. ed erroneamente si era fatto ricorso alla procedura di correzione di errore materiale per escludere le dette circostanze;

3) la insussistenza della aggravante data dall’essersi avvalsi gli imputati di circostanze di tempo (ora notturna) atta ad agevolare la commissione del reato: è notorio infatti che le banche di notte sono ampiamente illuminate per ragioni di sicurezza.

La insussistenza altresì della circostanza aggravante della esposizione del bene alla pubblica fede: era infatti in atto un sistema di sicurezza che consentiva la tutela a distanza della res;

4) la illegittimità della confisca delle autovetture, trattandosi di mezzi solo utilizzati per raggiungere il luogo di commissione del reato;

I ricorsi sono fondati nei termini che si indicheranno.

Infondato è invero il motivo sub 3) col quale si contesta la esatta configurazione, nel caso di specie, delle circostanze aggravanti.

Quella ex art. 61 c.p., n. 5 è stata ritenuta sulla base della scarsa frequentazione dei luoghi data l’ora notturna e quindi sulla base di una attestazione di fatto rispetto alla quale risulta del tutto eccentrica la osservazione della difesa riguardo alla illuminazione della zona.

La circostanza della esposizione del bene alla pubblica fede, d’altra parte, non appare contestata nè ritenuta e non compare infatti neanche nella illustrazione dei motivi di appello così come effettuata in sentenza. La censura sul tema è dunque del tutto fuori luogo.

Il motivo di censura sub 4), riguardante la confisca delle vetture è manifestamente infondato.

La decisione della Corte d’appello è infatti in linea col principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui, in tema di confisca facoltativa l’applicazione della misura di sicurezza non è affidata alla discrezionalità del giudice dovendo invece questi dar conto con puntuale motivazione della particolare e diretta correlazione tra la cosa e il reato in base alla quale viene espresso il giudizio di pericolosità derivante dal mantenimento della cosa medesima nella disponibilità del reo: tale giudizio, peraltro, può essere formulato anche con rapporto alle caratteristiche della personalità del reo e alle modalità di commissione del crimine (Rv. 231559).

Nel caso di specie la Corte ha dato atto ineccepibilmente del fatto che le vetture avevano avuto un ruolo importante ai fini della commissione del reato poichè avevano consentito ai prevenuti un rapido spostamento dai luoghi dei loro domicili in Campania con la complessa e ingombrante attrezzatura occorrente per la commissione del reato.

Risulta pertanto assolto il dovere di motivazione riguardo alla pericolosità del mantenimento del possesso delle vetture da parte degli imputati, stante la stretta correlazione tra tale possesso e la agevolazione della commissione di reati caratterizzati dalle stesse modalità.

Fondato è invece il primo e comune motivo di ricorso, conformemente alla richiesta del Procuratore generale.

La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza, ma si risolve con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello giustificativo, potendosi, eventualmente, eliminare la divergenza mediante ricorso alla semplice correzione dell’errore materiale della motivazione in base al combinato disposto degli artt. 547 e 130 cod. proc. pen. (fra le molte, v. Rv. 238672).

Nella specie prevale la determinazione della Corte d’appello, manifestata nel dispositivo letto in udienza e riportato in calce alla sentenza, di riconoscere le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, così riformando la sentenza del primo giudice che le aveva reputate solo subvalenti. La decisione appare anche supportata dal rilievo della fondatezza dei motivi di appello, sulle condizioni personali degli imputati e sulle loro antecedenti condotte di vita, reputate atte a giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio. Una simile determinazione avrebbe dovuto impedire la correzione del presunto errore materiale contenuto nel dispositivo e comportare la necessità di individuare la pena in misura ovviamente non superiore al massimo edittale previsto per il reato di furto semplice: anni tre di reclusione ed Euro 516 di multa, da ridurre di un terzo per la scelta del rito abbreviato.

Nella specie è stata individuata una pena superiore a tale limite e per la relativa rideterminazione, previo annullamento della sentenza sul punto, la decisione deve essere rimessa al giudice del rinvio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, altra sezione, per nuovo esame. Rigetta nel resto i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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