Cass. pen., sez. I 25-09-2008 (16-09-2008), n. 36745 Istanza proposta da imputato già latitante dopo decisione su riesame proposto da difensore di fiducia – Inammissibilità.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con ordinanza in data 1 aprile 2008 il Tribunale di Napoli, adito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata da S.V. contro la ordinanza 4.2.2008 del GIP dello stesso Tribunale che aveva disposto nei suoi confronti la applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poichè la istanza di riesame contro la ordinanza cautelare era già stata proposta dal difensore di fiducia dello S. e sulla stessa era intervenuta la decisione di rigetto del Tribunale in data 18.3.2008.
S.V. si era inizialmente reso latitante per cui la richiesta di riesame, a seguito della notifica dell’avviso di deposito della ordinanza cautelare non eseguita, era stata presentata dal suo difensore di fiducia; successivamente alla esecuzione della ordinanza cautelare S.V. aveva poi presentato personalmente una nuova richiesta di riesame dichiarata inammissibile con il provvedimento in data 1.4.2009.
Contro tale ultimo provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo S. personalmente lamentando violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 2, e mancanza di motivazione del provvedimento impugnato. Ha dedotto che la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria (peraltro non citate) riconoscevano all’indagato un autonomo diritto di presentare richiesta di riesame inizialmente rimasta ineseguita, dopo l’esecuzione della stessa, benchè il difensore avesse già proposto lo stesso rimedio; la ordinanza era comunque priva di motivazione quanto alle ragioni che avevano indotto il Tribunale a dichiarare inammissibile la richiesta di riesame.
Il ricorso è inammissibile.
La giurisprudenza ampiamente consolidata ritiene che l’impugnazione proposta dal difensore di fiducia o di ufficio nell’interesse dell’imputato latitante preclude a quest’ultimo, una volta intervenuta la relativa decisione, non solo la possibilità di adire autonomamente il Tribunale del riesame, ma anche quella di ottenere la restituzione nel termine per proporre a sua volta impugnazione.
Ciò è stato affermato anche per le impugnazioni riguardanti i procedimenti "de libertate" cui si applica ugualmente il principio della unicità del diritto alla impugnazione, per cui l’esaurimento del mezzo per primo scelto dalla parte o dal suo difensore consuma il diritto alla impugnazione anche da parte dell’altro soggetto legittimato, dato che esso è pur sempre funzionalmente diretto ad un risultato a favore dell’indagato e non al conseguimento di un interesse pertinente al solo difensore; con la conseguenza che non può essere reiterato in presenza di una decisione che ha provveduto sulla impugnazione altrimenti proposta (v. Cass. sez. 6^, n. 2490 del 1995, rv. 202774; rv. 197182, rv. 193958; Cass. sez. 2^, n. 19835 del 2006, rv. 234655, rv. 196960; rv. 205515; rv. 209422; rv. 214034).
Sono intervenute di recente sulla questione anche le Sezioni Unite di questa Corte nel caso peculiare della consumazione della impugnazione nell’interesse dell’imputato contumace (nella specie latitante) da parte del difensore addirittura d’ufficio, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di condanna nella totale ignoranza da parte dell’imputato. Il caso poneva problemi di rilievo con riguardo agli obblighi imposti all’Italia dalla Convenzione Europa dei Diritti dell’Uomo, ma è stato risolto dalle sezioni Unite nel senso che anche la impugnazione contro la sentenza da parte del difensore d’ufficio preclude all’imputato contumace o latitante la possibilità di ottenere la restituzione nel termine per proporre a sua volta impugnazione (v. Sezioni Unite n. 6026 del 31.1.2008, rv. 238472). Ma se ciò vale per la impugnazione delle sentenze di condanna, è evidente che a maggior ragione vale per le misure cautelari, per le quali, pur parlandosi del c.d. giudicato cautelare, non conseguono peraltro danni irreversibili per l’indagato assente o latitante e successivamente reperito e sottoposto alla misura cautelare poichè, nell’ambito del procedimento cautelare, è consentito all’indagato o all’imputato richiedere in qualsiasi momento la revoca della misura e quindi impugnare con l’appello l’eventuale rigetto. E’ vero che la revoca della misura cautelare è collegata ad un mutamento dello stato degli atti, però il giudicato cautelare non copre il deducibile per cui è sempre consentito, a seguito dell’interrogatorio di garanzia successivo alla esecuzione della misura cautelare, dedurre nuove questioni che autorizzano la richiesta di revoca della misura; con ciò assicurando una tutela effettiva anche all’indagato o all’imputato già latitante nel cui interesse la richiesta di riesame sia stata presentata dal difensore.
Non è poi vero che il provvedimento impugnato sia privo di motivazione poichè si basa, al contrario, sull’esatto ed esplicitato presupposto che la consumazione della impugnazione da parte del difensore rende inammissibile una seconda impugnazione da parte dell’indagato personalmente.
In definitiva il ricorso, siccome manifestamente infondato anche alla stregua della giurisprudenza consolidata, deve essere dichiarato inammissibile, con le conseguenze di legge indicate in dispositivo (art. 616 c.p.p.).
La cancelleria provvedere all’adempimento previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte:
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, alla cassa delle Ammende.
Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa, a cura della cancelleria, al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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