T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 08-06-2011, n. 835 Impianti di ripetizione Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito dell’entrata in vigore della L.R. 11/2001, T.I. M. s.p.a. ha inoltrato al Comune di Ghedi la richiesta di autorizzazione al mantenimento ed all’esercizio dell’impianto di telefonia mobile sito in via Abba, n. 41, realizzato da S.I.P. e già autorizzato dal Comune in data 30 agosto 1995.

L’istanza è stata rigettata in ragione del contrasto dell’impianto con l’art. 11 del Regolamento comunale adottato dal Comune di Ghedi con deliberazione del Consiglio comunale n. 25 del 30 aprile 2002 e parzialmente modificato con la deliberazione del Consiglio comunale n. 33 del 13 giugno 2002, il quale imponeva il limite di 75 metri di distanza da oratori e parchi pubblici, nel rispetto della L.R. 4/2002.

Con lo stesso provvedimento protocollo n. 8160 del 22 maggio 2002, il Comune intimava a TIM di rimuovere l’impianto entro 180 giorni dalla notificazione del diniego.

Dell’illegittimità di tale provvedimento negativo si duole la ricorrente, deducendo plurime violazioni di legge che possono essere così individuate:

1. violazione e falsa applicazione delle disposizioni relative al regime transitorio delineato dall’art. 10 della L.R. 11/2001, avendo il Comune negato l’autorizzazione, nonostante la produzione del richiesto parere di positivo accertamento sui valori di intensità di campo elettromagnetico espresso dall’ARPA, sulla scorta di due ordini di considerazioni. La prima è rappresentata dal mancato rispetto della distanza di 75 metri da oratori e parchi pubblici, la seconda la collocazione in zona residenziale densamente popolata. Il provvedimento negativo in questione sarebbe in contrasto con la richiamata normativa in primo luogo perché adottato ben dopo la scadenza del termine di 180 giorni decorso il quale, secondo il comma 7 dell’art. 10 della L.R. 11/2001, l’autorizzazione si intende confermata. In ogni caso la disposizione applicata non avrebbe potuto esserlo sino al 1 gennaio 2003, in ragione della norma transitoria, con la conseguenza che il divieto introdotto dal regolamento risulterebbe privo di ogni copertura normativa legittimante l’intervento restrittivo comunale ed in violazione del limite posto alla potestà regolamentare che non ammette l’introduzione di divieti generalizzati di localizzazione, subordinando gli stessi ad una specifica istruttoria alla luce dei parametri di legge;

2. violazione del combinato disposto dell’art. 1 della legge 249/1997 e del D.M. 381/98, da cui non è desumibile alcun divieto di collocazione in riferimento a determinate zone del territorio comunale. Illegittimamente, quindi, il Comune avrebbe fatto applicazione del diverso criterio secondo cui la collocazione di impianti di trasmissione non sarebbe possibile in zona residenziale densamente abitata.

3. violazione della L.R. 11/2001 laddove l’obbligo di rimozione dell’impianto è stato imposto entro il termine di 180 giorni dalla notifica dell’atto, molto più breve di quello di 24 mesi previsto dalla L.R. 11/2001 e poi introdotto, con successiva modifica, anche nel regolamento comunale.

Il Comune intimato, nella propria memoria finale, ha chiarito come l’obbligo di delocalizzazione non sia mai stato posto in esecuzione. In punto di diritto il ricorso sarebbe infondato, in quanto il Comune ben poteva intervenire negando l’autorizzazione richiesta anche dopo la scadenza del termine di legge e sulla scorta del regolamento, a prescindere dal fatto che analoga previsione di legge fosse soggetta ad una norma transitoria che ne posticipava l’entrata in vigore. Tale regolamento sarebbe legittimo in quanto volto ad individuare non un generalizzato divieto, ma poche e specifiche aree assoggettate al divieto di installazione di SRB: le prescrizioni erano, quindi, mirate, specifiche e non sproporzionate.

Parte ricorrente ha, quindi, ribadito quanto già precedentemente affermato nel ricorso, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso appare suscettibile di positivo apprezzamento.

La legge regionale della Lombardia, infatti, ha introdotto un generalizzato divieto di localizzare impianti di trasmissione ad una distanza inferiore a 75 metri (L.R. n. 4 del 2002) da specifici siti individuati come sensibili, che, però è stato ritenuto incostituzionale, per mancato rispetto dei limiti dettati dall’art. 117 della Costituzione, con sentenza della Corte Costituzionale n. 313 del 2001.

Il regolamento comunale che ha trovato applicazione nel caso concreto è stato adottato prima dell’entrata in vigore della suddetta norma regionale, in assenza, quindi, di una copertura normativa contenuta in una norma di rango ordinario. Ne discende, quindi, che se l’introduzione di un tale divieto generalizzato non poteva rientrare nelle competenze della legge regionale, tantomeno poteva rientrare negli ancora più ristretti confini della competenza comunale regolamentare. Né può rilevare in senso contrario il fatto che il divieto sia stato individuato con riferimento a solo due tipologie di edifici rispetto alla decina di siti sensibili individuati e cioè oratori e parchi, rispetto ai quali sfugge la ratio del più restrittivo divieto.

Peraltro, il Comune non poteva legittimamente fondare il diniego dell’autorizzazione in questione nemmeno sulla mera constatazione del ricadere dell’impianto in area residenziale densamente abitata.

A prescindere dal fatto che il Comune avesse provveduto alla ripartizione del proprio territorio in zone, circostanza non provata, la giurisprudenza è ormai da tempo costante, anche dopo la sopravvenienza del d. lgs. 259/2003, nell’affermare l’illegittimità del regolamento comunale che delinei la suddivisione del territorio comunale, esorbitando ciò dalla competenza allo stesso riconosciuta.

Ancora più in generale si ritiene che vada "dichiarata l’illegittimità di un regolamento comunale adottato ai sensi dell’art. 8 comma 6 l. 22 febbraio 2001 n. 36, laddove l’ente territoriale si sia posto quale obiettivo, sebbene non dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell’atto regolamentare, quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione (ad esempio attraverso la fissazione di distanze minime delle stazioni radio base da particolari tipologie d’insediamenti abitativi), essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente Statoregioni dell’art. 117 cost., come riformato dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 (Consiglio Stato, sez. VI, 20 dicembre 2002, n. 7274)".

Ne discende che se deve ritenersi carente di legittimazione regolamentare, tanto meno il Comune può ritenersi titolare di un potere di tutela della salute pubblica tale da consentire, in assenza di qualsiasi previsione normativa in tal senso, di escludere il permanere di impianti esistenti sulla scorta della mera constatazione che gli stessi si trovano collocati in zona residenziale.

Ciò quantomeno laddove si tratti, come nel caso di specie, di impianti di potenza inferiore a 300W, realizzabili in qualsiasi punto del territorio comunale, a prescindere dalla destinazione urbanistica: circostanza di fatto, questa, che non risulta contestata.

Accertata l’illegittimità del diniego di autorizzazione al mantenimento dell’impianto preesistente, anche l’ordine di traslazione dell’impianto deve ritenersi illegittimo, per invalidità derivata da quella dell’atto presupposto.

Il ricorso merita, quindi, accoglimento,ancorchè limitatamente alla domanda di annullamento, mentre deve essere rigettata la domanda risarcitoria, solo genericamente introdotta nel ricorso, ma senza essere poi ulteriormente esplicitata, nemmeno per quanto attiene all’elemento essenziale rappresentato dal danno, rispetto al configurarsi del quale non è stato fornito alcun principio di prova.

Si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio, data l’incertezza sull’estensione dei poteri comunali sussistente al momento dell’adozione del provvedimento censurato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, mentre respinge la domanda risarcitoria.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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