Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-02-2011) 07-06-2011, n. 22497 Mezzi di prova

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Gup del Tribunale di Milano, con sentenza 27/10/2006, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava A.E. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – per avere ceduto a tale S.F., in data 7/1/2000, gr. 30 di cocaina – e lo condannava alla pena di anni sette di reclusione ed Euro 70.000,00 di multa.

2. A seguito di gravame dell’imputato, la Corte d’Appello di Milano, con sentenza 13/2/2009, in parziale riforma della decisione di primo grado, riduceva la misura della pena ad anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa, confermando il giudizio di colpevolezza.

La Corte territoriale riteneva che la colpevolezza dell’imputato era provata dal contenuto dell’interrogatorio dal medesimo reso, in sede di indagini, il 10/3/2000: l’ A., infatti, regolarmente assistito dal difensore, aveva confermato le sommarie informazioni testimoniali rese il 17 e il 24 febbraio precedenti in ordine al suo ferimento ad opera dello S., al quale aveva ceduto la sostanza stupefacente, ritenuta dall’acquirente di scarsa qualità.

Precisava che l’ufficiale di polizia giudiziaria che aveva proceduto all’interrogatorio era stato sicuramente delegato dal P.M. e che, in ogni caso, l’eventuale mancanza di delega non determinava l’inutilizzabilità dell’interrogatorio; tale atto, inoltre, pur non preceduto dagli avvisi di cui all’art. 64 c.p.p., comma 3. lett. a) e b), in quanto reso prima dell’entrata in vigore della L. n. 63 del 2001, e non rinnovato, era comunque utilizzabile, avendo l’imputato optato per il rito abbreviato. Riteneva, infine, equo e proporzionato all’entità del fatto il trattamento sanzionatorio.

3. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato e ha dedotto: 1) violazione della legge processuale, con riferimento all’art. 63 cod. proc. pen., e connesso vizio di motivazione in relazione alla ritenuta utilizzabilità delle sommarie informazioni da lui rese in data 24/2/2000, le quali, avendo evidenziato indizi di reità a suo carico, avrebbero dovuto essere tempestivamente interrotte, con i conseguenti avvertimenti di rito e la sanzione dell’inutilizzabilità, che si riverberava anche sul successivo interrogatorio del 10/3/2000; 2) violazione della legge processuale, con riferimento all’art. 64 c.p.p., comma 3, lett. a) e b), comportando tale violazione l’inutilizzabilità "patologica" dell’interrogatorio reso il 10/3/2000. 4. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Il giudizio di colpevolezza dell’imputato, per quello che si evince dalla sentenza impugnata, riposa prevalentemente sul contenuto confessorio dell’interrogatorio reso dal predetto in data 10/3/2000, nel corso del quale venivano confermate anche le dichiarazioni rese, nella qualità di persona informata dei fatti relativi al suo ferimento, il 17 e il 24 febbraio precedenti.

Rileva, però, la Corte che tale fonte di prova non è utilizzabile per l’assorbente e dirimente considerazione che è stata assunta in violazione delle disposizioni che regolano le modalità dell’interrogatorio e, più specificamente, in violazione della norma di cui all’art. 64 cod. proc. pen., comma 3, lett. a) e b).

E’ vero che l’imputato rese l’interrogatorio sul quale fa leva la sentenza impugnata in data 10/3/2000, vale a dire prima dell’entrata in vigore della L. n. 63 del 2001, che ha modificato il richiamato art. 64 cod. proc. pen., ma ciò non rende detto interrogatorio utilizzabile, perchè si sarebbe dovuto comunque procedere alla sua rinnovazione, nel rispetto delle regole introdotte dalla novella legislativa.

La norma transitoria di cui alla L. n. 63 del 2001, art. 26, infatti, prevede che, se il procedimento si trova – come lo era il presente – nella fase delle indagini preliminari, il P.M. deve provvedere a rinnovare l’esame dei soggetti indicati negli artt. 64 e 197 bis cod. proc. pen., secondo le innovative forme previste. Tale disposizione transitoria è chiaramente preordinata a consentire il recupero delle dichiarazioni rese senza gli avvertimenti di cui all’art. 64 cod. proc. pen., comma 3 e contestualmente ad evitare la sanzione dell’inutilizzabilità dell’interrogatorio reso precedentemente all’entrata in vigore della L. n. 63 del 2001, quindi senza le garanzie da essa introdotte. Ne consegue che – ove non venga rinnovato, com’è accaduto nel caso in esame, l’interrogatorio della persona indagata, con gli avvertimenti di cui all’art. 64, nuovo comma 3 – il recupero di detto interrogatorio non è consentito ed esso non può essere utilizzato (art. 64 c.p.p., comma 3 bis, prima parte).

Tale recupero non è reso possibile, contrariamente a quanto si sostiene nella sentenza impugnata, neppure dalla scelta del rito abbreviato.

Anche nel giudizio abbreviato, infatti, non possono essere introdotti atti probatori assunti contra legem, la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto, perchè affetti da una patologia intrinsecamente inficiarne (Sez. U, n. 16 del 21/6/2000, dep. 30/6/2000, imp. Tammaro).

L’interrogatorio che qui viene in rilievo, pur essendo stato assunto, nel momento in cui fu reso, nel rispetto della normativa all’epoca vigente, non è stato rinnovato, nonostante il procedimento fosse ancora nella fase delle indagini preliminari, per adeguarlo al più pregnante principio di garanzia espresso dalla novella legislativa, cosi come imponeva la disposizione transitoria di cui alla L. n. 63 del 2001, art. 26. Tale mancata rinnovazione rende l’interrogatorio contra legem e, quindi, assolutamente inutilizzabile.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano, che, tenendo conto di quanto innanzi esposto, dovrà rivalutare le complessive emergenze processuali e adottare, in piena libertà di giudizio, le determinazioni che riterrà più opportune.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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