T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 08-06-2011, n. 834 Dogana

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società ricorrente C.O.D.S.D. srl (C.) svolge dal 1991 attività di spedizioniere doganale e nel 2003 è stata abilitata dall’Agenzia delle Dogane alla procedura di domiciliazione di cui all’art. 253 par. 3 del Reg. (CEE) 2 luglio 1993 n. 2454/93 (Disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario). Come previsto da tale norma, "(la) procedura di domiciliazione consente di vincolare le merci al regime doganale in questione nei locali dell’interessato o in altri luoghi designati o autorizzati dall’autorità doganale"). Il successivo par. 4 specifica che "(q)ualsiasi persona può chiedere che le sia rilasciata un’autorizzazione per la procedura di dichiarazione semplificata o di domiciliazione, da utilizzare per proprio conto o in qualità di rappresentante, purché esistano scritture e procedure adeguate che consentano all’autorità doganale di rilascio di identificare le persone rappresentate e di effettuare i controlli doganali appropriati".

2. Dunque, in quanto spedizioniere doganale abilitato alla procedura di domiciliazione, la ricorrente non deve necessariamente presentare le merci negli spazi doganali di cui all’art. 17 del DPR 23 gennaio 1973 n. 43 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), ossia nei locali in cui funziona un servizio di dogana o nelle aree sottoposte al controllo della guardia di finanza, ma può utilizzare per questo scopo anche luoghi diversi appositamente autorizzati. In altri termini, nella stessa prospettazione dell’amministrazione, la domiciliazione permette di effettuare le operazioni doganali (importexport) direttamente nel magazzino del soggetto abilitato, senza più l’obbligo di presentare le merci in dogana.

3. La normativa nazionale precisa ulteriormente i requisiti per l’ammissione alle procedure semplificate, tra cui quella di domiciliazione. Gli art. 2 e 4 del DM 11 dicembre 1992 n. 548 (Regolamento sulle procedure semplificate di accertamento doganale) richiedono la disponibilità di "un’apposita area attrezzata per il carico, lo scarico e la movimentazione delle merci, da destinare quale luogo di arrivo o di partenza delle merci stesse oggetto delle operazioni doganali in procedura semplificata". Oltre alla disponibilità materiale dell’area attrezzata è richiesta la disponibilità giuridica. La circolare ministeriale n. 153 del 7 maggio 1993 elenca i titoli giuridici idonei (proprietà, comodato, locazione, uso, o altro titolo "che ne legittimi l’utilizzo, in relazione alle operazioni doganali da compiere in procedura semplificata"). Alla predetta circolare rinviano sul punto le lineeguida dell’Agenzia delle Dogane prot. n. 55 del 6 marzo 2006, che evidenziano inoltre la necessità di un particolare rigore nella valutazione dei contratti a titolo gratuito (insoliti nella pratica commerciale e quindi tendenzialmente opachi, con la conseguente esigenza di indagarne le sottostanti ragioni economiche).

4. Per una categoria di operatori del settore dell’importexport la domiciliazione ha però un contenuto ancora più ampio e vantaggioso. Si tratta dei centri di assistenza doganale (CAD), introdotti dal DL 30 dicembre 1991 n. 417 (v. art. 7 comma 1septies, aggiunto dalla legge di conversione 6 febbraio 1992 n. 66). I CAD sono disciplinati dal DM 11 dicembre 1992 n 549 e hanno la forma di società di capitali costituite da spedizionieri doganali con almeno tre anni di iscrizione all’albo professionale. Per poter operare i CAD devono ottenere una specifica autorizzazione ministeriale. In generale i CAD, sul modello dei centri di assistenza fiscale che si occupano di imposte dirette, svolgono attività di consulenza e possono ricevere o emettere dichiarazioni doganali e asseverarne il contenuto.

5. La specificità dei CAD, per quanto interessa il presente giudizio, è costituita dalla disciplina dell’art. 3 comma 5 della legge 25 luglio 2000 n. 213. Tale norma autorizza i CAD a presentare le merci "anche presso i luoghi, i magazzini o i depositi dei soggetti per conto dei quali di volta in volta essi operano e presso i quali le merci si trovano giacenti, sempreché tali luoghi, magazzini o depositi siano siti nell’ambito territoriale di competenza della circoscrizione doganale presso la quale sono accreditati ad operare". In questo modo i CAD diventano particolarmente competitivi sul mercato, in quanto possono offrire ai propri clienti un servizio molto utile, ossia la presentazione delle merci per lo sdoganamento (sia all’importazione sia all’esportazione) direttamente presso la sede dei clienti stessi. Il vantaggio per i CAD consiste nei minori costi organizzativi (non dovendo attrezzare appositi luoghi dove concentrare le merci) e nella correlata possibilità di contenere i prezzi, mentre i clienti beneficiano, oltre che (verosimilmente) di prezzi inferiori, anche della maggiore rapidità e fluidità delle operazioni doganali. Le lineeguida dell’Agenzia delle Dogane prot. n. 55 del 6 marzo 2006 definiscono in dettaglio questo regime.

6. Peraltro il legislatore nazionale non ha voluto creare un diritto singolare per i CAD in quanto tali. L’art. 3 comma 9 della legge 213/2000 precisa che l’amministrazione "può abilitare altri soggetti, in possesso dei necessari requisiti di professionalità, a presentare le merci secondo le modalità previste al comma 5". L’Agenzia delle Dogane non ha però ancora adottato le lineeguida per individuare i soggetti equiparabili ai CAD, e dunque la legge per questa parte non è attuata. Ne consegue che i normali spedizionieri doganali, se non vogliono presentare le merci negli spazi doganali, hanno quale unica alternativa quella di attrezzare appositi spazi di cui devono acquisire preventivamente la disponibilità giuridica. La ricorrente si trova precisamente in questa condizione. L’Agenzia delle Dogane, rispondendo a un interpello della ricorrente, ha ribadito con nota del direttore regionale per la Lombardia del 14 settembre 2009 che solo i CAD attualmente possono beneficiare dell’estensione della procedura di domiciliazione presso i propri clienti.

7. Tornando dopo questa anticipazione al caso in esame, occorre completare la descrizione del fatto evidenziando che con nove provvedimenti emessi tra il 25 maggio 2009 e il 23 giugno 2010 l’Agenzia delle Dogane (Ufficio di Mantova) ha integrato l’autorizzazione alla procedura di domiciliazione della ricorrente qualificando come luoghi idonei all’arrivo e alla partenza delle merci altrettanti locali di proprietà di imprese importatrici o esportatrici clienti della ricorrente stessa. I suddetti locali sono stati messi a disposizione della ricorrente dapprima in comodato gratuito e poi sulla base di contratti di locazione.

8. Intervenendo in autotutela il direttore dell’Ufficio delle Dogane di Mantova con determinazione del 3 settembre 2010 ha però revocato i nove provvedimenti di integrazione ritenendo che l’estensione della domiciliazione, attraverso la finzione dei contratti di comodato e locazione, abbia illegittimamente permesso alla ricorrente di operare con le stesse modalità dei CAD.

9. Contro la determinazione di revoca la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 21 ottobre 2010 e depositato il 30 ottobre 2010. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) erronea interpretazione del contesto normativo comunitario e nazionale; (ii) fraintendimento della situazione di fatto, essendo il comodato e la locazione titoli idonei a giustificare l’estensione della procedura di domiciliazione anche senza una formale equiparazione ai CAD. Oltre all’annullamento del provvedimento impugnato la ricorrente ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni subiti, da liquidarsi in via equitativa.

10. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso. Questo TAR Sez. II con ordinanze n. 191 del 12 novembre 2010 e n. 48 del 14 gennaio 2011 ha sospeso in via cautelare il provvedimento impugnato.

11. Sulle questioni proposte nel ricorso si possono formulare le seguenti osservazioni:

(a) la disciplina comunitaria in materia di dogane ammette alcune procedure semplificate tra cui la procedura di domiciliazione (v. art. 253 par. 3 e 4 del Reg. n. 2454/93), ponendo sostanzialmente due condizioni: (1) che la semplificazione non determini inconvenienti o limitazioni per le autorità doganali; (2) che non vi siano discriminazioni tra gli operatori economici. La prima condizione è chiaramente espressa nelle parti della norma dedicate all’identificazione delle persone rappresentate e all’esigenza di consentire appropriati controlli doganali. La seconda è desumibile dall’ampiezza della formula con cui sono individuati gli operatori economici interessati ("qualsiasi persona"), e si collega al principio generale che vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi (v. art. 56 TFUE);

(b) la normativa nazionale favorisce le procedure semplificate, e in questo è conforme alla disciplina comunitaria;

(c) il percorso di estensione della procedura di domiciliazione risulta particolarmente avanzato per i CAD, i quali in base all’art. 3 comma 5 della legge 213/2000 possono presentare le merci per lo sdoganamento direttamente presso la sede dei propri clienti;

(d) rispetto agli altri operatori del settore la posizione attribuita ai CAD potrebbe in effetti essere interpretata come un privilegio, e quindi come un potenziale punto di conflitto con la disciplina comunitaria. Tuttavia occorre distinguere tra le fonti normative. A livello primario, l’art. 3 comma 9 della legge 213/2000 contempla espressamente la possibilità di estendere il medesimo trattamento ad altri soggetti, purché dotati di pari professionalità, e dunque non può essere attribuita al legislatore l’intenzione di garantire posizioni monopolistiche;

(e) il problema si presenta invece ai livelli inferiori della regolazione, in quanto l’Agenzia delle Dogane non ha provveduto, dopo molti anni, a elaborare le lineeguida che dovrebbero consentire ai soggetti diversi dai CAD di avvalersi delle medesime opportunità;

(f) un simile prolungato silenzio, qualora non possa essere giustificato da motivazioni compatibili con la disciplina comunitaria, rappresenterebbe inevitabilmente una violazione del principio posto dall’art. 4 par. 3 TUE, il quale impone agli Stati di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione (tra cui si inserisce la tutela della concorrenza in tutti i suoi aspetti). Vi sarebbe inoltre violazione del principio contenuto nell’art. 106 TFUE, in quanto l’attribuzione di un diritto speciale ai CAD non potrebbe essere mantenuta in vigore per un tempo indefinito;

(g) una ragione di interesse pubblico potrebbe certamente essere costituita dall’esigenza di studiare e approfondire le caratteristiche dei soggetti equiparabili ai CAD. Si tratta però di una giustificazione evidentemente non più utilizzabile dopo oltre un decennio dall’entrata in vigore della legge 213/2000. Né può valere come giustificazione suppletiva l’esigenza di valutare le modifiche alla disciplina comunitaria, in particolare quelle introdotte dal Reg. (CE) 17 novembre 2008 n. 1192/2008. In realtà la normativa nazionale sui CAD non è qui in discussione per la compatibilità con la regolamentazione comunitaria delle procedure semplificate ma esclusivamente per il carattere disomogeneo della disciplina, che nelle sue applicazioni amministrative non permette ad altri soggetti di avere il medesimo trattamento dei CAD. Sotto questo profilo le novità apportate dal diritto comunitario possono chiarire il quadro generale ma non modificano nella sostanza una questione che si era già posta al momento dell’entrata in vigore della legge 213/2000;

(h) un’altra ragione di interesse pubblico a sostegno della differenziazione tra gli operatori economici potrebbe, in astratto, essere individuata nell’esigenza di correggere le distorsioni presenti sul mercato. Per gli spedizionieri doganali l’abolizione dei controlli doganali alle frontiere interne dell’Unione a partire dal 1993 ha in effetti comportato notevoli cambiamenti sia nell’attività svolta sia nelle forme di remunerazione. Non vi sono tuttavia elementi per affermare che i CAD sopportino per questo oneri superiori a quelli degli altri operatori del settore;

(i) potrebbe essere apprezzabile quale ragione di interesse pubblico anche l’incentivazione rivolta a soggetti particolarmente affidabili nello svolgimento di funzioni doganali (e in senso lato amministrative). Per i CAD la patente di affidabilità è conferita direttamente dalla legge. Questo però non esclude che altri soggetti possano conseguire un analogo livello di professionalità e fornire le medesime garanzie. In effetti i CAD sono caratterizzati da (1) forma societaria, (2) composizione limitata a soggetti con almeno tre anni di iscrizione all’albo degli spedizionieri doganali, (3) autorizzazione ministeriale che accerta l’idoneità della struttura organizzativa. Il primo elemento non è di per sé idoneo a introdurre differenze di trattamento tra gli operatori economici; il secondo può essere semplicemente replicato per gli spedizionieri doganali; il terzo può essere sostituito da un atto autorizzatorio equivalente;

(j) nel complesso quindi non vi sono ragioni di interesse pubblico che consentano all’amministrazione di differire ulteriormente l’estensione della disciplina dei CAD a soggetti diversi. Il ritardo maturato a partire dall’entrata in vigore della legge 213/2000 integra un comportamento che contrasta con il diritto comunitario e non può trovare tutela in sede giurisdizionale.

12. Di conseguenza il ricorso deve essere accolto. Certo la soluzione scelta dalla ricorrente per raggiungere l’equiparazione ai CAD non è conforme alla disciplina adottata e applicata nella prassi dall’Agenzia delle Dogane (l’uso ripetuto di contratti di comodato o di locazione costituisce un mero tentativo di elusione, in quanto tali strumenti pongono in essere una fictio iuris allo scopo di incorporare apparentemente nell’azienda della ricorrente i luoghi dove i clienti di quest’ultima detengono le merci da sottoporre alle operazioni doganali). Tuttavia il risultato a cui mira la ricorrente è sostanzialmente compatibile con il quadro normativo comunitario e con la stessa legge 213/2000, e dunque le facoltà attribuite con gli atti di integrazione della procedura di domiciliazione poi revocati dall’Agenzia delle Dogane possono continuare a sussistere e a produrre effetti.

13. Da tali considerazioni discende l’annullamento del provvedimento oggetto di impugnazione. In questi termini la pronuncia è integralmente satisfattiva per la ricorrente (tenuto conto della sospensione cautelare del provvedimento impugnato disposta da questo TAR) e dunque non vi sono i presupposti per la condanna al risarcimento del danno in forma equivalente. Le spese di giudizio, data la complessità di alcune questioni, possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato. Respinge la domanda di risarcimento. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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