Cass. pen., sez. VI 18-09-2008 (17-09-2008), n. 35832 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Mandato processuale – Requisito dei gravi indizi.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino disponeva la consegna all’autorità giudiziaria francese di I.R., nei cui confronti era stato emesso in data 22 gennaio 2008 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Grande Istanza di Nizza mandato di arresto europeo (MAE) fondato su un mandato di cattura interno emesso dal predetto Tribunale in data 18 gennaio 2008, con il quale erano contestati all’ I. i reati di truffa, sostituzione di persona e falsità materiale.
La Corte di appello subordinava la consegna alla condizione che l’I., esauritosi il processo in Francia, fosse rinviato in Italia per ivi scontare la pena detentiva eventualmente inflitta.
Secondo la descrizione dei fatti contenuta nel MAE, l’I. e una complice, recatisi presso il notaio Aral di Nizza, avevano perfezionato la compravendita di una villa in (OMISSIS), assertivamente di proprietà della complice, presentatasi sotto il falso nome della reale proprietaria, V.M.T., ottenendo in tal modo un mutuo di Euro 500 mila dalla Banca Palatine di Nizza.
Ricorre per Cassazione l’I., a mezzo del difensore avv. Carmelo Sorace, che, con un primo motivo, denuncia la mancata indicazione nel MAE della descrizione dei fatti e del grado di partecipazione ad esso del consegnando, osservando che sulla base delle stesse informazioni rese dall’autorità francese risultava che l’I. aveva versato un anticipo di Euro 130.000 e si era accollato un mutuo di Euro 500.000 per l’acquisto di un immobile da una persona che si era presentata con le generalità della vera proprietaria e che era in possesso del titolo di proprietà; circostanze, queste, che rendevano inverosimile che egli fosse stato animato da intenti truffaldini.
In secondo luogo, si denuncia la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 16, dato che le accennate carenze informative avrebbero dovuto imporre alla Corte di appello di acquisire ulteriori dati di conoscenza, come le foto della V. e della persona che si era presentata con tale nome, e che avevano assunto la identità della proprietaria, nonchè la deposizione della V. medesima.
Osserva la Corte che il ricorso appare manifestamente infondato.
Nessuna carenza informativa è dato cogliere dagli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria francese, sulla base dei quali è stato circostanziatamente mosso all’ I. l’addebito di avere, d’accordo con una persona presentatasi con il nome della reale proprietaria della villa, V.M.T., che era all’oscuro di tutto, finto di perfezionare una compravendita facendo accreditare alla complice l’ingente somma di Euro 500 mila ottenuta previa accensione di un mutuo bancario.
Tanto basta per ritenere soddisfatto il requisito della allegazione dei gravi indizi di colpevolezza previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 4, secondo il canone interpretativo che di tale norma ha indicato la costante giurisprudenza di legittimità (v. in particolare, Sez. un., 3 0 gennaio 2007, Ramoci).
Le esigenze di approfondimento che il ricorrente prospetta sono invero materia che potrà essere esplorata nell’ambito del procedimento davanti all’autorità giudiziaria francese, non potendosi in sede di esame di una richiesta di consegna fondata su un MAE pretendere che l’a.g. dello Stato membro di esecuzione affronti anticipatamente il merito del processo che dovrà svolgersi nella appropriata sede.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado, posto che la previsione secondo cui le spese sostenute nel territorio nazionale per l’esecuzione di un mandato di arresto europeo sono a carico dello Stato italiano (L. n. 69 del 2005, art. 37) non riguarda il regime delle impugnazioni, retto, per ciò che concerne il ricorso per Cassazione, dall’art. 616 c.p.p..
Consegue anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene di determinare in Euro 1.000,00.
La Cancelleria provvedere alla comunicazione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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