T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 08-06-2011, n. 828 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è proprietaria di un immobile ubicato in Via Cavalier Dentella n. 14 a Bracca, accatastato al Fg. 7 mapp. 327 sub 2 del N.C.E.U.

Riferisce che, nel corso di un incontro convocato per l’8/5/2010 presso gli uffici comunali, veniva informata dell’avvenuta approvazione di un progetto per l’esecuzione dei lavori di eliminazione delle barriere architettoniche e la fruibilità degli spazi di interesse pubblico nel centro storico.

Dopo aver presentato istanza di accesso agli atti amministrativi, il difensore della ricorrente estraeva copia degli elaborati tecnici che interessano la zona ove insiste l’immobile di proprietà, ed apprendeva che il lotto n. 1 del progetto esecutivo (tavola A) prevede il rifacimento della pavimentazione:

– del vicolo contrassegnato alla lettera "B", con l’abbattimento del terrapieno di pertinenza del fabbricato;

– del vicolo identificato con la lettera "D", mediante l’acquisizione di una porzione del cortile di appartenenza.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione dell’art. 3 della L. 241/90, illogicità e contraddittorietà della motivazione, poiché l’eliminazione del terrapieno appoggiato al fabbricato da un lato non rispetta il conclamato obiettivo progettuale (punto 7.4.1 – all. 13) di conservare le tipologie costruttive proprie degli edifici e dall’altro – nell’incidere su un’area di proprietà privata – determina il disallineamento delle finestre dell’immobile rispetto al piano stradale e crea nuove barriere architettoniche alla ricorrente e al coniuge, invalido al 100%;

b) Violazione degli artt. 8 e 11 del D.P.R. 327/2001, in quanto l’attività dell’amministrazione è stata intrapresa in assenza dei presupposti di legge in materia ablativa, con l’introduzione di un vincolo preordinato all’esproprio in violazione del Testo unico e senza informare preventivamente il proprietario interessato;

c) Violazione dell’art. 7 della L. 241/90 e carenza di istruttoria, in difetto della comunicazione di avvio del procedimento – che avrebbe permesso all’interessata di interloquire e concordare il provvedimento finale – ed in assenza di una perizia tecnica che valuti l’impatto della demolizione del terrapieno su cui poggia il fabbricato, risalente al 1.600, per escludere pericoli di crollo e destabilizzazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Bracca, eccependo in rito l’irricevibilità e l’inammissibilità del gravame e chiedendo la sua reiezione nel merito in quanto infondato.

Con ordinanza n. 161 depositata il 3/9/2010 presso la Segreteria della Sezione, questo Tribunale ha ordinato al Comune di relazionare sui fatti di causa e sulle censure sviluppate nel ricorso introduttivo, con particolare riferimento:

– alla dimostrazione della proprietà pubblica del vicolo, compreso il terrapieno utilizzato per l’accesso all’abitazione della ricorrente;

– al dedotto problema della staticità dell’edificio per effetto dei lavori, tenuto conto della soluzione progettuale prescelta.

L’incombente istruttorio è stato adempiuto con deposito dell’1/10/2010.

In prossimità della Camera di consiglio fissata per il nuovo esame cautelare parte ricorrente ha lamentato l’inadempimento dell’ordine di sospensione dei lavori (effettuati a ridosso della proprietà), ed ha depositato una perizia tecnica di parte (elaborata dall’Ing. Lattanzi) la quale dà conto del rischio di fessurazioni importanti provocate dalla rimozione del terrapieno.

Con ordinanza n. 805, adottata nella Camera di consiglio dell’11/11/2010, questo Tribunale ha accolto parzialmente la domanda cautelare, dettando prescrizioni sullo svolgimento dei lavori, mentre il Consiglio di Stato, investito dell’appello, lo ha accolto valorizzando il periculum in mora (ordinanza sez. IV – 1/3/2011 n. 953).

Alla pubblica udienza del 18/5/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

La ricorrente censura il progetto finalizzato al compimento dei lavori di eliminazione delle barriere architettoniche e alla fruibilità degli spazi di interesse pubblico nel centro storico.

1. Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni in rito sollevate dall’amministrazione intimata.

1.1 Il Comune di Bracca deduce la tardività del gravame – notificato il 29/7/2010 – contro la deliberazione giuntale n. 58/2009, pubblicata all’Albo pretorio il 27/10/2009 per 15 giorni consecutivi: in questo modo l’amministrazione avrebbe rispettato (con la formalità della pubblicazione) la forma legale tipica di conoscenza valida per i soggetti non direttamente pregiudicati dall’atto, tra i quali rientra la ricorrente che non vanta titoli proprietari sui beni interessati ed è stata avvisata per puro spirito di cortesia.

L’eccezione è infondata.

Ai sensi dell’art. 124 del D. Lgs. 267/2000 tutte le deliberazioni del Comune e della Provincia sono pubblicate mediante affissione all’Albo pretorio nella sede dell’Ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge. E’ chiaro che la norma prevede una forma tipica di conoscenza, la quale rileva per il computo del termine breve di impugnazione degli atti dei Comuni da parte dei soggetti non immediatamente pregiudicati dall’atto, per i quali cioè non è richiesta una comunicazione o una notificazione in forma individuale (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 29/4/2009 n. 3596).

Nel caso esaminato, tuttavia, la ricorrente è pacificamente proprietaria del cortile collocato sul retro dell’abitazione, mentre l’eliminazione del terrapieno (in disparte per il momento la questione relativa alla proprietà dell’area coinvolta) è finalizzata anche al rifacimento dell’accesso privato. Pertanto la Sig.ra B. doveva ritenersi direttamente incisa dalla decisione di modificare l’assetto della strada pubblica, e ad avviso del Collegio doveva prendere cognizione degli atti deliberativi mediante notifica individuale, della quale non è stata offerta prova.

1.2 Parimenti priva di fondamento è l’eccezione di tardività collegata all’affermazione di parte ricorrente quando sostiene che in data 8/5/2010 ha avuto conoscenza dell’approvazione del progetto. In tale circostanza, infatti, la Sig.ra B. espone di aver appreso dello svolgimento di lavori che avrebbero interessato l’immobile di proprietà, ma la copia degli elaborati progettuali – gli unici in grado di rivelare i dettagli degli interventi e gli eventuali profili di lesione rispetto all’area di proprietà – sono stati esibiti il 24/6/2010 e di seguito trasmessi a mezzo posta elettronica certificata soltanto il 25/6/2010 (circostanza non smentita dall’amministrazione).

1.3 Il Comune eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione di altre deliberazioni rilevanti, ossia la n. 4 del 12/1/2009, recante l’approvazione del progetto esecutivo e la n. 14 del 13/3/2009 di recepimento di alcune modifiche. L’atto impugnato darebbe soltanto atto dell’avvenuta accettazione del contributo regionale.

Anche detta eccezione non merita condivisione, poiché con il provvedimento giuntale n. 4/2009 (doc. 5 Comune) sono stati approvati – in linea tecnica – il progetto preliminare, definitivo ed esecutivo, facendo salva una successiva deliberazione di riapprovazione del progetto e di individuazione della copertura finanziaria laddove la Regione Lombardia avesse erogato il finanziamento richiesto. Il successivo atto n. 14/2009 ha introdotto modifiche al quadro economico e alle linee progettuali, ferma restando la necessità di un’ulteriore approvazione in esito all’erogazione del contributo regionale (all’epoca soltanto eventuale). Soltanto con la deliberazione impugnata in questa sede l’amministrazione ha potuto definire il quadro economico preciso alla luce del finanziamento a fondo perduto e del contributo a rimborso concessi, facendosi carico della parte restante: ne deriva che solamente tale ultima approvazione ha reso concreta ed attuale la lesione all’interesse protetto vantato dalla ricorrente, poiché nell’occasione il Comune ha potuto assumere la decisione di dare attuazione al progetto avendo preso cognizione delle risorse realmente disponibili.

2. Passando all’esame del merito, con il primo motivo parte ricorrente si duole della violazione dell’art. 3 della L. 241/90, dell’illogicità e contraddittorietà della motivazione, poiché l’eliminazione del terrapieno appoggiato al fabbricato da un lato non rispetta il conclamato obiettivo progettuale (punto 7.4.1 – all. 13) di conservare le tipologie costruttive proprie degli edifici e dall’altro – nell’incidere su un’area di proprietà privata – determina il disallineamento delle finestre dell’immobile rispetto al piano stradale e crea nuove barriere architettoniche alla ricorrente e al coniuge, invalido al 100%.

La censura è priva di pregio.

2.1 Il primo aspetto da vagliare investe la proprietà, pubblica o privata, dell’area sulla quale insiste il terrapieno adiacente al fabbricato della ricorrente.

2.2 A proposito della determinazione dell’appartenenza di una strada all’Ente comunale, questa Sezione ha recentemente osservato (cfr. sentenza 2/3/2011 n. 369) come la giurisprudenza della Corte di Cassazione sia consolidata nell’affermare che la stessa può desumersi dalle risultanze delle mappe catastali, espressamente qualificate alla stregua di "elementi presuntivi aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 2729 c.c." (cfr. Corte di Cassazione, sez. II – 10/4/2001 n. 5339 richiamata nella più recente sez. II – 9/11/2009 n. 23705). La pronuncia da ultimo citata della Suprema Corte ha altresì sottolineato che:

o costituiscono altresì indici di riferimento oltre all’uso pubblico, cioè l’uso da parte di un numero indeterminato di persone (il quale isolatamente considerato potrebbe indicare solo una servitù di passaggio), l’ubicazione della strada all’interno dei luoghi abitati, l’inclusione nella toponomastica del comune, la posizione della numerazione civica, il comportamento dell’amministrazione nel settore dell’edilizia e dell’urbanistica, mentre non può ritenersi elemento da solo sufficiente l’inclusione o rispettivamente la mancata inclusione nell’elenco delle strade comunali, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’elenco anzidetto.

o la presunzione di demanialità stabilita dall’art. 22 della L. 2248/1865 all. F – la quale non si riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle che, per l’immediata accessibilità, appaiono integranti della funzione viaria della rete stradale, così da costituire pertinenza della strada (non assumendo rilievo la non illuminazione dell’area, la sua quasi completa interclusione e il suo sfociare nella proprietà privata, la sua accessibilità attraverso gradini ed un cancello) – ha carattere relativo e, come tale, è destinata a cadere di fronte all’esistenza di elementi probatori idonei a dimostrare il carattere privato degli spazi medesimi, quali la produzione del titolo di proprietà.

Detta ultima pronuncia è stata ripresa dal Consiglio di Stato, sez. V – 7/12/2010 n. 8624.

Nella fattispecie esaminata, peraltro, la Sig.ra B. non contesta la natura pubblica della strada, ma unicamente dello spazio fronteggiante il proprio fabbricato sul quale insiste da tempo un manufatto rialzato.

2.3 Sul punto l’amministrazione ha avvalorato le proprie prospettazioni fornendo significativi elementi di prova. Il Comune ha anzitutto prodotto (in esito alla disposta istruttoria) copioso materiale cartografico, ossia:

I) la mappa catastale risalente al 1853 (tavole A e A1 di dettaglio), la quale non contempla distinzione alcuna tra strada e spazio occupato dal terrapieno, ed il limite della proprietà privata coincide con il filo del fabbricato;

II) la mappa catastale ufficiale (tavole B e B1) e la mappa informatizzata aggiornata al 13/5/2010 (tavole C e C1) rappresentano allo stesso modo la situazione dei luoghi, caratterizzata dalla strada pubblica confinante con il mappale n. 327 privo dell’estensione coincidente con il terrapieno (sovraimpresso in giallo negli elaborati B1 e C1);

III) l’estratto cartografico del Piano regolatore regionale (tavole D e D1) evidenzia l’area pubblica (tratteggiata) adiacente al mappale di proprietà privata, ove insiste l’abitazione ed il suo muro perimetrale.

Un altro elemento a suffragio della tesi dell’amministrazione è rappresentato dall’atto di acquisto del fabbricato, sottoscritto dalla ricorrente in data 4/5/1991 innanzi al notaio Dr. Russotto di Zogno (doc. 1 allegato relazione tecnica): nella puntuale descrizione dei locali trasferiti alla parte acquirente sono compresi due vani al piano terreno, il cucinino, la cantina, il ripostiglio, il cortile esclusivo, quattro vani al piano primo, il piano sottotetto e due soffitte. L’atto non contempla l’area adiacente alla facciata del fabbricato né il terrapieno soprastante, mentre enuncia ad esempio con chiarezza il cortile collocato sul retro dell’edificio; in aggiunta indica – tra i beni confinanti – la strada comunale. In proposito non giova alla ricorrente l’osservazione (espressa nella sua memoria finale) per cui la compravendita si intende "a corpo", poiché tutti gli elementi (vani principali ed accessori) che compongono l’unità immobiliare oggetto di trasferimento sono minuziosamente elencati nell’atto di rogito, come del resto ordinariamente accade.

Le argomentazioni avanzate dalla ricorrente a sostegno della propria posizione non risultano viceversa persuasive.

2.4 La Sig.ra B. anzitutto segnala l’incongruenza del materiale probatorio esibito dal Comune, ed in particolare il fatto che nelle rappresentazioni cartografiche del 1853 ed nella mappa ufficiale il terrapieno manca del tutto (ed anche quello del fabbricato confinante) mentre entrambi compaiono nell’estratto del Piano regolatore regionale allegato D (ed analogamente nell’altimetria prodotta all’allegato 4 del ricorso introduttivo). Inoltre, sempre nell’allegato D, la rappresentazione della scala di accesso collocata ad inizio vicolo è diversa rispetto a quanto riprodotto nelle altre mappe catastali: in queste ultime il terrapieno è sporgente rispetto a detta scala d’accesso mentre nell’altimetria è perfettamente in linea con essa, come risulta del resto dalla prima foto e dal rilievo dello stato di fatto – allegato E – prodotti dal Comune.

Osserva al riguardo il Collegio che l’allegato D evidenzia in effetti lo spazio occupato dal terrapieno, ma quest’ultimo è tratteggiato nello stesso modo della strada pubblica, con un chiaro senso di continuità. Quanto alla scala di accesso che insiste ad inizio vicolo, se l’altimetria prodotta dalla ricorrente non è particolarmente chiara, l’esame della prima foto allegata alla relazione istruttoria e delle ulteriori mappe non lascia trasparire una significativa divergenza (rispetto all’allegato D), tenuto conto che le planimetrie B1 e C1 (ad esempio) sembrano evidenziare una sporgenza assolutamente trascurabile.

La mappa del 1960 allegata dalla Sig.ra B. è priva di ufficialità e si pone come unico elemento difforme rispetto alla pluralità di indizi chiari ed univoci già esposti.

2.5 A prescindere dalla dibattuta linearità del vicolo e del suo (presunto) naturale sbocco nello slargo occupato da una piazza, nella memoria finale del 5/4/2011 parte ricorrente produce una mappa catastale dei primi del 1.900, nella quale il suo immobile (mappale n. 327) comprenderebbe il terrapieno, essendo prospiciente a quello a confine (fienile, n. 326) ed anche rispetto al mappale corrispondente alla scala (n. 2550), come d’altronde emergerebbe dalle foto prodotte in atti dal Comune.

Dall’esame della prima foto allegata dal Comune nella relazione istruttoria si deduce che il fabbricato della Sig.ra B. sporge diverse decine di centimetri rispetto al filo della scala di accesso al fienile, e dunque il mappale n. 327 non risulta comprendere il terrapieno ma unicamente l’immobile di proprietà (come detto avanzato rispetto a detta scala). Del resto è sufficiente un raffronto con le diverse mappe per convincersi della quasi perfetta coincidenza dell’estensione dello spazio occupato dalla strada (ad esempio si possono esaminare gli allegati B e C e la mappa del 1.900).

Va inoltre sottolineato come l’assenza di illuminazione e manutenzione possono integrare un’inadempienza del Comune ma non depotenziano le conclusioni fin qui raggiunte, se non altro per il fatto che la proprietà pubblica del vicolo (terrapieno escluso) non è comunque oggetto di contestazione.

2.6 Il Collegio non è in grado di prendere posizione sulla controversa dinamica degli incontri tenuti dai rappresentanti dell’amministrazione con la ricorrente. Tuttavia non può fare a meno di osservare come la diffida stragiudiziale predisposta dalla Sig.ra B. in data 31/5/2011 (cfr. suo doc. 6) non contenga in effetti alcun riferimento alla questione della proprietà del terrapieno, ossia non evidenzi in alcun punto l’arbitraria occupazione dello spazio in questione.

2.7 Quanto alla seconda parte della censura, lo scopo del progetto è quello di permettere ai disabili di accedere in ogni parte del centro storico senza ostacoli, migliorando la sede stradale in stato di degrado ed abbandono e preoccupandosi anche degli accessi privati (cfr. relazione illustrativa). Con riferimento all’ingresso del fabbricato di parte ricorrente, peraltro, risulta dalle foto prodotte in atti come l’attuale configurazione contempli una soluzione non rispondente alle esigenze dei soggetti diversamente abili, mentre l’idea progettuale sviluppata persegue l’uniformità della pavimentazione esistente in prossimità delle abitazioni private.

3. Ciò ulteriore censura parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 8 e 11 del D.P.R. 327/2001, in quanto l’attività dell’amministrazione è stata intrapresa in assenza dei presupposti di legge in materia ablativa, con l’introduzione di un vincolo preordinato all’esproprio in violazione del Testo unico e senza informare preventivamente il proprietario interessato.

La prospettazione non è condivisibile, con alcune precisazioni.

3.1 Già si è detto del terrapieno e della sua collocazione su area comunale. La questione ora investe il cortile posto sul retro del fabbricato di proprietà, rispetto al quale parte ricorrente ha ripetutamente dedotto, da ultimo anche in sede di discussione pubblica a mezzo del proprio legale, lo sconfinamento dell’intervento sull’area di proprietà privata. Il Comune dal canto suo ha più volte sottolineato che presso il vicolo di cui alla lett. D è previsto il rifacimento della pavimentazione senza il coinvolgimento delle proprietà private. Premessa la chiara inammissibilità di un’occupazione abusiva e tenuto conto della natura dell’intervento (rifacimento della pavimentazione, con conseguente facilitazione della mobilità anche a vantaggio dei privati residenti) il Comune ha l’obbligo preciso di rispettare i limiti delle singole proprietà, mentre qualsiasi sconfinamento permetterebbe ai titolari di reagire con i mezzi messi a disposizione dall’ordinamento. Pertanto il Comune è tenuto a verificare la linea di confine e ad adeguare (eventualmente) il progetto a tale stato di fatto. I profili formali della censura possono essere assorbiti.

4. La ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della L. 241/90 e la carenza di istruttoria, in difetto della comunicazione di avvio del procedimento – che avrebbe permesso all’interessata di interloquire e concordare il provvedimento finale – ed in assenza di una perizia tecnica che valuti l’impatto della demolizione del terrapieno su cui poggia il fabbricato, risalente al 1600, per escludere pericoli di crollo e destabilizzazione.

Detta prospettazione non merita condivisione, con le puntualizzazioni che seguono.

4.1 Un filone interpretativo (T.A.R. Brescia, sez. I – 9/6/2009 n. 1190; sez. II – 12/5/2011 n. 691) ha messo in luce che la violazione delle garanzie procedimentali – tra le quali rientra la comunicazione di avvio ex art. 7 della L. 241/90 – condiziona la legittimità del provvedimento finale solo quando si dimostri che vi è stato un effettivo travisamento dei fatti, secondo un principio ora esplicitato nell’art. 21octies comma 2 secondo periodo della stessa L. 241/1990, mentre diversamente non sarebbe utile, né economico, annullare un provvedimento che può essere adottato di nuovo con lo stesso contenuto: la prova di resistenza è molto ampia e per questo tipo di violazioni procedimentali si estende anche agli atti non vincolati. In effetti la sanatoria prevista dall’art. 21octies comma 2 della L. 241/90 vigente, per ciò che concerne la violazione procedimentale dell’art. 7 della stessa legge, è applicabile tanto all’ipotesi di atto vincolato che a quella dell’atto discrezionale: tale sanatoria, nel prevedere che l’amministrazione può dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato – così superando la censura di carattere formale – addossa il relativo onere probatorio all’Ente stesso (T.A.R. Campania Napoli, sez. II – 29/4/2005 n. 5226; T.A.R. Puglia Bari, sez. II – 8/2/2010 n. 264).

4.2 Ad avviso del Collegio l’amministrazione – tenuto conto delle finalità sottese al progetto approvato – ha dato sufficientemente conto della "non interferenza" con le proprietà private (salve le prescrizioni di cui al precedente punto 3.1) e dell’obiettivo prioritario, ossia l’eliminazione delle barriere architettoniche. Pertanto la prova prevista dall’art. 21octies comma 2 seconda parte può dirsi fornita.

4.3 Quanto al pericolo di crollo, ritiene il Collegio che l’amministrazione, con l’acquisizione del parere tecnico dell’Ing. Sonzogni (cfr. doc. 4 esito istruttoria) abbia ottenuto indicazioni rassicuranti. Tuttavia, alla luce della relazione del perito incaricato dalla parte ricorrente (Ing. Lattanzi) – il quale ha prospettato il rischio che la rimozione del terrapieno possa provocare "un quadro fessurativo abbastanza importante, soprattutto nella parte centrale della casa…" – si ravvisa l’opportunità di invitare la stazione appaltante a farsi carico – in sede esecutiva – di tutti gli accorgimenti tecnici indispensabili per la messa in sicurezza dell’edificio (auspicato dallo stesso tecnico di parte) e ad evitare qualsiasi situazione di pericolo per l’immobile coinvolto dall’intervento.

In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto.

5. La complessità delle questioni affrontate giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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