Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-03-2011) 07-06-2011, n. 22742

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione P.M. avverso la sentenza del Tribunale di Civitaveccha in data 15 maggio 2009 con la quale è stata confermata quella del Giudici di pace, di condanna in ordine al reato di ingiuria in danno della moglie C.M., fatto commesso il 14 ottobre 2002.

Deduce:

1) l’omesso riconoscimento della esimente dell’art. 599 c.p.;

2) la assenza di illustrazione di criteri in base ai quali era stata confermata la liquidazione, in primo grado, della somma di 1.200 Euro per spese della parte civile, senza indicazione del dettaglio delle stesse, superiori a quelle normalmente riconosciute in un giudizio penale.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è tale ai sensi dell’art. 591 c.p.p. in riferimento all’art. 581 c.p.p..

Tale precetto prevede, appunto, che, a pena di inammissibilità, l’impugnante indichi in maniera specifica le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.

Ebbene, la censura è invece articolata con la sola menzione della norma di cui si chiedeva l’applicazione e della giurisprudenza che riguarda tale tema.

Quanto alle ragioni di fatto che avrebbero dovuto supportare il motivo di gravame, il ricorrente allude solo genericamente ad un asserito rapporto di conflittualità con la persona offesa, senza indicare quali circostanze sarebbero rimaste provate nel processo, tali da far ritenere integrata la fattispecie della esimente citata:

esimente che, vai la pena sottolinearlo, non risulta richiesta neppure nei motivi di appello come ricordati nella sentenza impugnata sicchè è del tutto oscura la maniera per apprezzare la situazione di fatto che, a parere del ricorrente, questa Corte dovrebbe valorizzare ex art. 129 c.p.p..

Il secondo motivo è parimenti inammissibile.

In primo luogo occorre sottolineare che non può trovare applicazione nel caso di specie la giurisprudenza evocata nel ricorso, secondo cui è illegittima la determinazione globale delle spese della parte civile, senza indicazione dei parziali, giurisprudenza basata sul riconoscimento del diritto del condannato a controllare il rispetto dei limiti tariffari.

Nel caso di specie, infatti, la sentenza impugnata reca, in risposta all’omologo motivo di appello, la attestazione che la liquidazione in primo grado è stata rispettosa dei limiti di legge.

Il ricorrente sul punto nulla controdeduce nel ricorso, limitandosi semplicemente ad affermare che si tratterebbe di importo superiore a quello normalmente liquidato. Deve dunque trovare applicazione nel caso di specie, l’ulteriore principio giurisprudenziale secondo cui è inammissibile, in quanto generico, il motivo di ricorso per cassazione che abbia censurato la statuizione relativa alle spese del processo in favore della parte civile, omettendo di indicare la specifica violazione di voci tabellari ipoteticamente liquidate in forma eccedente i minimi tariffar (Sez. 5, Sentenza n. 22600 del 19/03/2010 Ud. (dep. 11/06/2010) Rv. 247357; conf. N. 16019 del 2002 Rv. 221944).

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 500.

In base al criterio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo ed in favore dello Stato, essendo la stessa parte ammessa al patrocinio dei non abbienti (vedi, analogamente, Rv. 216512).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 500, nonchè alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate in complessivi Euro 1300 oltre accessori come per legge, in favore dello Stato. Dispone l’oscuramento dei dati imposto dalla legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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