Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-03-2011) 07-06-2011, n. 22737 Arresto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propongono ricorso per cassazione L.G. e C. L. avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in data 11 febbraio 2010 con la quale è stata parzialmente riformata quella di primo grado che era stata di condanna in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 497 ter c.p., per avere gli stessi detenuto una paletta in plastica ed un contrassegno adesivo recanti la scritta Carabinieri-Ministero dell’Interno, fatto del maggio 2006.

La riforma in appello era consistita nella esclusione della continuazione ex art. 81 c.p., in primo grado ritenuta in ragione della pluralità dei segni distintivi illegittimamente posseduti, e nella conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

Deducono entrambi la nullità del giudizio direttissimo instaurato sulla base di una illegittima convalida dell’arresto.

Questo era stato eseguito alle 9,15 circa del 22 maggio 2006; i difensori erano stati avvisati alle ore 12,30 circa dello stesso giorno e la convalida era avvenuta alle ore 14 del 24 maggio, ossia tardivamente.

A nulla varrebbe osservare che il verbale di arresto recava l’orario delle 15, comunque riportato alle 14 anche in sede di audizione durante la fase della convalida.

La convalida, impugnata con ricorso, era stata del resto annullata unitamente alla misura cautelare dalla Cassazione e dal Tribunale del riesame.

Nell’interesse di C., inoltre, si deduce la nullità del giudizio di primo grado anche in ragione del fatto che l’imputato non aveva potuto presenziare al dibattimento perchè sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla PG di Marano.

I ricorsi sono infondati.

Occorre in primo luogo evidenziare che, stando alla prospettazione della stessa difesa, la convalida dell’arresto sembrerebbe legittima:

infatti in base all’art. 558 c.p.p., il PM ha 48 ore per chiedere la fissazione della udienza al giudice e questi ha 48 ore per fissarla.

Quindi, essendo stati i ricorrenti arrestati il 22 maggio ore 9,15 e risalendo la convalida al 24 maggio, non si apprezza alcuna evidente ragione di illegittimità della stessa per intempestività in quanto non risulterebbe violato il termine di 48 ore più ulteriori 48 ore.

Vi è anche da considerare, sotto altro profilo, che le 48 ore previste dal codice per la richiesta di fissazione della udienza di convalida da parte del PM sono, ad ogni effetto, il termine entro il quale deve essere proposta la richiesta medesima o deve essere effettuata la presentazione dell’arrestato alla udienza di convalida e di giudizio direttissimo, a nulla rilevando che la convalida sia emessa successivamente (rv 234705; rv230496).

Quanto alla osservazione della difesa secondo cui la convalida in questione sarebbe stata dichiarata illegittima dalla Cassazione, non può non rilevarsi che si tratta di una affermazione non apprezzabile in questa sede perchè formulata in maniera del tutto generica e priva persino della indicazione del provvedimento che avrebbe disposto tanto. Le ricerche comunque attivate dall’Ufficio hanno evidenziato la esistenza solo di una decisione di questa Corte che ha annullato la misura cautelare e non anche la convalida dell’arresto (Sez. 2^, 10 novembre 2006).

D’altra parte la decisione evocata dai ricorrenti non risulterebbe neppure in linea di principio, dirimente, dal momento che sui rapporti tra convalida illegittima e instaurazione del rito direttissimo si è già espressa più volte questa Corte di legittimità osservando che la irrituale instaurazione del giudizio direttissimo di per sè ("da sola") comporta non una nullità di origine generale ma soltanto una irregolarità, che viene eliminata a norma dell’art. 452 c.p.p., comma 1, secondo il quale "se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori dei casi previsti dall’art. 449, il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al P.M.":

ciò, peraltro, soltanto nel giudizio di primo grado, o anche successivamente purchè sia stata sollevata – e riproposta in sede di impugnazione – eccezione ai sensi e nei termini dell’art. 491 c.p.p., comma 1, dovendosi ritenere che la irritualità dell’instaurazione del processo vada equiparata a nullità relativa ai sensi dell’art. 181 c.p.p. (Sez. 5, Sentenza n. 8419 del 15/06/1992 Ud. (dep. 28/07/1992) Rv. 191494; conforme Rv. 241943).

Ebbene non risulta che una simile eccezione sia stata posta tempestivamente dagli interessati.

Infine per quanto concerne la seconda questione v’è da rilevare che il giudice dell’appello ha attestato che la misura cautelare scadeva il 30 maggio 2006 ossia il giorno precedente a quello di effettiva apertura del dibattimento.

Tale affermazione trova conforto negli atti del processo e non è smentita, nel dettaglio, neppure dalla difesa.

E’ utile peraltro sottolineare come la giurisprudenza di legittimità costantemente osservi che il fatto che l’imputato sia sottoposto alla misura del soggiorno obbligato – e la osservazione è estensibile al caso di specie – non costituisce, di per sè, impedimento assoluto atto a giustificare la mancata comparizione all’udienza, salvo che egli dimostri che, nonostante la richiesta rivolta all’autorità competente, gli sia stata da questa negata l’autorizzazione necessaria a recarsi nel luogo di celebrazione del processo (Sez. 2, Sentenza n. 16352 del 06/04/2006 Ud. (dep. 12/05/2006) Rv. 234751;

conforme sent. N. 8438 del 1981 Rv. 150257).

Nella specie non vi è agli atti – nè poteva esserci – una istanza di autorizzazione in tal senso ingiustamente respinta.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento, ciascuno, delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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