T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 08-06-2011, n. 1459

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava il provvedimento di annullamento del permesso di soggiorno a suo tempo rilasciatogli che si fondava su un successivo accertamento della natura fittizia del rapporto di lavoro dal momento che la ditta indicata dal ricorrente risulta inserita nel novero di quelle utilizzate nell’ambito di un’attività volta a favorire la permanenza illegale di extracomunitari sul territorio nazionale in virtù di un’indagine pendente presso la Procura della Repubblica.

Nel primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 4, comma 3, 13,comma 2, e 5, comma 5, D.lgs. 286\98 poiché a carico del ricorrente non vi è condanna per alcun reato ostativo e laddove fosse stato denunciato per la vicenda da cui è scaturito l’annullamento al massimo potrebbe rispondere del reato di cui all’art. 483 c.p. non ostativo al rilascio del permesso.

Inoltre segnala come non si fosse tenuto conto che successivamente il ricorrente era stata assunto da altra impresa e che pertanto al momento dell’annullamento godeva di un valido contratto di lavoro che ne garantiva la sussistenza in Italia.

Il secondo motivo lamenta l’illegittimità per violazione degli obblighi procedimentali poiché egli non era affatto irreperibile essendo residente dal 2003 nell’abitazione di sua proprietà in Milano e ben avrebbe potuto ricevere l’avviso di avvio del procedimento di annullamento.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 22.7.2008 veniva concessa la sospensiva del provvedimento.

Il ricorso è fondato.

Il ricorrente aveva dimostrata l’esistenza di un valido rapporto di lavoro da cui traeva le risorse per garantire il suo mantenimento in Italia.

L’annullamento del permesso avrebbe dovuto valutare la esistenza di un interesse pubblico alla rimozione dell’atto tenendo conto della situazione che si era verificata medio tempore e non valutando solo l’ipotetica natura fittizia del primo rapporto di lavoro segnalato all’epoca della presentazione dell’istanza.

Anche il secondo motivo è fondato poiché risulta ben strano che le comunicazioni non siano state possibile nei confronti di persona regolarmente residente; sarebbe bastato un minimo accertamento istruttorio per poter adempiere all’obbligo procedimentale.

La mancata valutazione della situazione al momento dell’annullamento ex art. 21 nonies L. 241\90 e la violazione dell’obbligo di cui all’art. 7 L. 241\90 impone l’annullamento dell’atto affinchè l’amministrazione possa nuovamente determinarsi.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell’Interno alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.000 oltre C.P.A. ed I.V.A. ed al rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di Euro 250.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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