Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-10-2011, n. 20584 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un motivo, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 95/52/05 in data 1-6-05, depositata il 22-7-05 confermativa della sentenza n. 282/08/2002 della CTP di Caserta che aveva accolto il ricorso di Annunziata Calcestruzzi di Chirico Maddalena & c. s.a.s. in persona dell’amministratore C. M., avverso l’avviso di accertamento concernente recupero di IVA per il 1997, sul rilievo che, essendo stati i beni della società e le relative quote di partecipazione prima sequestrati e quindi confiscati con provvedimento divenuto irrevocabile, da un lato la C. non rivestiva più la qualifica di amministratore della società,per cui la notifica dell’avviso era inesistente, dall’altro la stessa non era più soggetto passivo di imposta, atteso che il patrimonio era stato trasferito in proprietà dello stato. La società non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione

Con l’unico articolato motivo, motivo, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2312 e 2313 c.c. e difetto di motivazione, in quanto contrariamente all’assunto della CTR l’avvenuta confisca dei beni non determina il difetto sopravvenuto di legittimazione passiva del legale rappresentante della società e di questa per il rapporto tributario, in quanto la confisca del patrimonio sociale non influisce sulla esistenza della società e dei suoi organi si amministrazione e rappresentanza, per cui questa sopravvive fino alla estinzione dei rapporti pendenti, tra cui quello tributario, anche in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese.

Sotto il profilo del difetto di motivazione, sostiene che il riferimento alla L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 (secondo cui non costituiscono reddito imponibile i proventi da illecito ove sia intervenuto sequestro o confisca penale) era immotivato in quanto non era accertato che i redditi derivanti da operazioni soggette ad IVA, di cui all’accertamento provenissero da illecito.

Il motivo è fondato sotto entrambi i profili.

E’ infatti corretto ritenere che il sequestro e la confisca penale concernono il patrimonio della società e quindi non influiscono sulla esistenza della società stessa,e sulla sua capacità ad essere titolare di rapporti giuridici, tra cui quello in oggetto; da ciò deriva anche che il legale rappresentante della società rimane in carica, con ritualità della avvenuta notificazione dell’avviso di accertamento.

Peraltro ove la società sia stata cancellata dal registro della imprese (fatto che peraltro non risulta acclarato in sentenza) la stessa sopravvive fino alla estinzione dei rapporti giuridici pendenti, e delle contestazioni giudiziali, secondo la normativa civilistica vigente " ratione temporis" ed in ogni caso rimane la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili. Del pari è fondato il secondo rilievo, in quanto la sentenza, ritenendo la applicabilità alla fattispecie dell’art. 14 citato, non ha motivato su punto essenziale della illiceità dei proventi derivanti dalle operazioni soggette al IVA contestate, di cui nulla in sentenza si dice, costituente il presupposto applicativo della disposizione in parola.

Il ricorso è quindi fondato; la sentenza deve essere cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Campania, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della CTR della Campania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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