Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-10-2011, n. 20581 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Capitalia Asset Management, società di gestione del risparmio spa, propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Roma (OMISSIS), ha negato il rimborso dell’IVA. versata sulle commissioni corrisposte nel 1999 alla Schroder Investment Management International Limited di Londra per le prestazioni di servizi resi, in relazione alle quali essa contribuente aveva emesso autofattura.

La Capitalia aveva richiesto il rimborso assumendo che le operazioni, relative alla gestione, delegata alla Schroder Limited, della parte dedicata agli investimenti azionari sul mercato giapponese del patrimonio di un proprio fondo comune di investimento, denominato Oriente Romagest, sarebbero state esentì dall’imposta, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 4 e n. 9, – a tenore del quale sono esenti "le operazioni relative alle azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali, eccettuate la custodia e l’amministrazione dei titoli", nonchè "le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle dette operazioni", in quanto la società britannica aveva svolto attività di intermediazione consistente nella gestione dinamica dei titoli quotati alla borsa giapponese, e non nella loro mera "custodia e amministrazione".

Il giudice d’appello esaminava la traduzione asseverata della delega conferita dall’appellata alla Schroder Ltd., disposta con ordinanza istruttoria ritenendo che se quest’ultima aveva "semplicemente svolto una attività conseguente alle competenze specifiche richieste dall’allocazione di capitali in borsa estera, restando alla contribuente ogni potere decisionale sul tipo di investimento da eseguire, il servizio reso dalla Schroder Ltd doveva considerarsi consistente in una mera custodia ed amministrazione, assoggettabile ad IVA".

Ed affermava doversi "ritenere coincidente l’ipotesi contrattuale cor. tale previsione, atteso che la convenzione posta in essere dalle parti e le restrizioni in essa contenute escludono ogni discrezionalità nella azione della società delegata. Non può ritenersi, infatti, comportamento discrezionale quello riconosciuto alla Schroder Ltd se tale comportamento doveva essere svolto nel rispetto di istruzioni specifiche del cliente, odierno contribuente".

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunciando ‘Violazione del D.Lgs. 28 febbraio 1998, n. 58, art. 33, comma 3, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF)", la società ricorrente censura la sentenza deducendo che la qualificazione del rapporto giuridico intercorso tra essa contribuente e Schroder operata dalla Commissione regionale sarebbe erronea.

Ed assume che "il rapporto con il quale una società di gestione del risparmio delega ad un diverso intermediario abilitato l’allocazione di capitali relativi ad un fondo comune d’investimento mediante il compimento di investimenti azionari su un mercato estero è qualificabile non come servizio di custodia ed amministrazione, bensì come delega di gestione per specifiche scelte di investimento, ex art. 33, comma 3, cit. TUF; allo svolgimento di detto rapporto è connaturato l’espletamento su base discrezionale dell’attività di gestione da parte del delegato e tale discrezionalità non viene meno in presenza della facoltà del delegante di impartire istruzioni specifiche per la gestione; pertanto, del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10, punto 9, il compenso corrisposto dal delegante per l’attività in questione è esente dall’applicazione dell’IVA".

Il motivo è infondato.

Con riguardo alle Attività esercitabili nell’ambito della disciplina della gestione collettiva del risparmio dettata dai Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi della L. 6 febbraio 1996, n. 52, artt. 8 e 21 approvato con D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, l’art. 33 dispone al comma 3 che "Il gestore del fondo può affidare scelte di investimento a intermediari abilitati a prestare servizi di gestione di patrimoni, nel quadro di criteri di allocazione del risparmio definiti di tempo in tempo dal gestore".

Il giudice d’appello non è incorso nel denunciato vizio di violazione della norma, in quanto ha ricostruito e qualificato il rapporto, come si evince dalla motivazione della sentenza riportata supra, in termini del tutto sintonici allo schema delineato dalla disposizione.

La previsione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 33, comma 3 è infatti del tutto neutra rispetto all’individuazione del regime IVA applicabile al rapporto, non contenendo alcun elemento utile a determinare il grado di discrezionalità dell’attività e delle scelte dell’intermediario rispetto alle indicazioni del gestore, e ad ascrivere quindi l’attività compiuta alla mera "custodia e amministrazione dei titoli" di cui alla norma fiscale.

Quel che la ricorrente nella sostanza contesta è l’interpretazione della delega compiuta dal giudice del merito.

Ma secondo l’orientamento di questa Corte, "nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorse tra le parti, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, ma debbono essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 e ss. cod. civ. o dell’insufficienza o contraddittorietà della motivazione, e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, debbono essere accompagnate dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti (la cui ricerca, che integra un accertamento di fatto, è preliminare alla qualificazione del contratto), al fine di consentire, in sede di legittimità, la verifica dell’erronea applicazione della disciplina normativa" (Cass. n. 13587 del 2010, n. 22889 del 2006).

Con il secondo motivo, denunciando "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, art. 360 c.p.c., n. 5", censura come contraddittoria nella motivazione la sentenza in quanto, dopo aver correttamente rilevato che la Schroder "svolgeva la gestione del Fondo relativamente agli investimenti azionar, sul mercato giapponese", ed averla correttamente qualificata "come attività di gestione", risulterebbe sorprendente nel passaggio decisivo in cui, alla luce delle premesse di cui sopra, giunge alla conclusione che il servizio prestato da Schroder "doveva considerarsi consistente in una mera custodia ed amministrazione".

Il motivo è infondato perchè basato su una lettura solo parziale della motivazione della decisione, la quale, sulla base della analitica disamina delle condizioni fissate nella delega conferita alla Schroder ("la delibazione della documentazione fa ritenere …"), considera "l’ipotesi contrattuale", cioè il contenuto della delega stessa, coincidente con la previsione (formulata, nell’ordinanza istruttoria) che la società britannica "abbia semplicemente svolto una attività conseguente alle competenze specifiche richieste dall’allocazione di capitali in borsa estera, restando alla Romagest spa ogni potere decisionale sul tipo di investimento da eseguire", di modo che "il servizio reso … doveva considerarsi consistente in una mera custodia ed amministrazione, assoggettabile ad IVA".

E ciò in quanto "la convenzione posta in essere dalle parti e le restrizioni in essa contenute escludono ogni discrezionalità nella azione della società delegata. Non può ritenersi infatti comportamento discrezionale quello riconosciuto alla Schroder Limited se tale comportamento doveva essere svolto nei rispetto di istruzioni specifiche dei cliente, odierno contribuente" (la sottolineatura è nella sentenza).

La motivazione a fondamento della decisione, nella sua articolazione completa, si rivela sufficiente e coerente.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.000, oltre ad eventuali spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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