T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 08-06-2011, n. 1452

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Questore di Milano ha respinto l’istanza di permesso di soggiorno di lungo periodo e del permesso di soggiorno ordinario presentata dal ricorrente in quanto condannato a tre mesi di reclusione per violazione della disciplina dell’immigrazione.

Contro il suddetto atto il ricorrente solleva i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione dell’art. 9 c. 4 del D. Lgs. 286/98 in quanto il ricorrente ha una compagna ed una figlia minore ed un lavoro in regola e la Questura non ha effettuato la valutazione di tali elementi.

II) Violazione dell’art. 3 L. 241/90 per mancanza della valutazione di pericolosità sociale.

III) Nullità dell’atto per mancata traduzione nella lingua del Paese d’origine.

La difesa erariale ha chiesto la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 7 giugno 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione previo avviso alle parti.

2. Il ricorso è fondato.

La Questura ha respinto l’istanza del ricorrente per la presunta ostatività automatica del reato da questi commesso.

In merito, però, occorre ricordare che la Corte costituzionale, con la sentenza 16 maggio 2008 n. 148, dopo aver ribadito che "il cosiddetto automatismo espulsivo "altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa" (ordinanza n. 146 del 2002)", ha poi evidenziato che " con i decreti legislativi n. 3 e n. 5 dell’8 gennaio 2007 – rispettivamente, di attuazione delle direttive 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo e 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare – il legislatore ha dato rilievo, in via generale, a ragioni umanitarie e solidaristiche idonee a giustificare il superamento di cause ostative al rilascio o al rinnovo dei titoli autorizzativi dell’ingresso o della permanenza nel territorio nazionale da parte degli stranieri".

In particolare l’art. 9 comma 4 del D. Lgs. 25/07/1998 n. 286 prevede che il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, ma stabilisce che "ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

La norma, nel prevedere che il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo (già carta di soggiorno) non può essere rilasciato allo straniero pericoloso per l’ordine pubblico, sostituendo l’apprezzamento della pericolosità dello straniero al criterio automatico stabilito, perlomeno in alcune ipotesi, dalla normativa previgente, ha stabilito che l’eventuale diniego di rilascio del permesso dovrà essere sorretto da una motivazione articolata su tutti gli elementi che hanno contribuito a formare il giudizio di pericolosità e dovrà tenere conto in particolare "della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

In modo analogo, l’art. 5 c. 5 del D. Lgs. 286/98 prevede che "Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale".

Poiché nessuna di queste valutazioni è stata effettuata dall’amministrazione, che si è limitata a trarre le conseguenze dei due dinieghi dalla condanna per il reato in questione, il provvedimento dev’essere annullato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’amministrazione al pagamento delle spese processuali al ricorrente, che liquida in via equitativa in euro 1.000,00 oltre IVA e CPA se dovuti. Dispone la restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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