T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 08-06-2011, n. 1448 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La presente vicenda risulta articolata su quattro ricorsi che tutti ineriscono lo stesso immobile.

Con il primo ricorso la società amministrata da M.A. impugnava il rigetto della richiesta di concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 39 L. 724\94.

La società aveva provveduto al pagamento dell’oblazione e degli oneri accessori, ma la concessione non veniva rilasciata poiché l’immobile ricadeva in area vincolata ex L. 431\85 e le opere erano in contrasto con le destinazioni e le tipologie di costruzione ammesse dalla normativa di tutela ambientale.

Il primo dei tre motivi di ricorso contesta la violazione dell’art. 39 L. 724\94, degli artt. 32 e 33 L. 47\85 e dell’art. 12 L. 68\88 in quanto l’art. 32 L. 47\85 richiamato dall’art. 39 L. 724\94 ammette la possibilità della sanatoria anche in zone soggette a vincoli paesaggistici ed il comma ottavo dell’art. 39 prevede il rilascio subordinato al conseguimento delle autorizzazioni da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Pertanto il Comune avrebbe dovuto richiedere il parere dell’amministrazione e preposta alla tutela del vincolo solo dopo il decorso dei 180 previsti dalla legge poteva essere negata l’autorizzazione, fermo restando la possibilità del privato di impugnare il silenzio inadempimento.

Nel caso di specie risulta solo un riferimento al parere della commissione edilizia che non può sostituire quello dell’amministrazione competente per il vincolo ambientale.

Il secondo motivo lamenta l’eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria poiché il diniego è motivato sulla base di una difformità dalle tipologie edilizie che è scontata altrimenti non si sarebbe ricorsi al condono, mentre il diniego doveva essere motivato sulla base di un interesse di tutela paesaggistica.

Il terzo motivo riguarda la violazione dell’art. 7 L. 241\90 per non essere stato dato l’avviso di avvio del procedimento né la comunicazione del responsabile del procedimento impedendo così la partecipazione procedimentale alla società.

Il secondo ricorso veniva presentato da M.A. in proprio e quale titolare della ditta E.M. per impugnare l’avviso di demolizione dell’immobile per cui era stato negato il rilascio della concessione in sanatoria.

Il primo motivo di ricorso richiamava a titolo di illegittimità derivata le censure avanzate con il ricorso presentato nel 1996 avverso il diniego di condono.

Il secondo motivo lamenta l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione in quanto le opere realizzate sono meramente interne e se fosse stato condonato il capannone sarebbero state soggette solo ad autorizzazione.

Il terzo ricorso presentato da M.A. riguarda il provvedimento con cui il Comune di Cornaredo aveva individuato l’area che sarebbe stata acquisita in mancanza dell’esecuzione della demolizione intimata.

Il primo motivo di ricorso eccepisce la violazione dell’art. 32,comma 25, L. 326\2003 poiché il provvedimento è stato emanato nonostante vi fosse stata la presentazione di una nuova istanza di condono ai sensi della L. 326\2003 che richiamava l’art. 38 L. 47\85, norma che prevede la sospensione dell’applicazione di tutte le sanzioni amministrative in pendenza della richiesta di sanatoria.

Il secondo motivo contesta la violazione dell’art. 31 DPR 380\2001 e l’eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria l’illegittimità non riguarda tutto l’immobile ma solamente la sua sopraelevazione e la trasformazione in civile abitazione; basterebbe pertanto demolire la sopraelevazione senza la necessità di acquisire tutta l’area di sedime ed il terreno circostante per il quale non è stata fornita alcuna motivazione.

Il terzo motivo contesta l’illegittimità derivata nei confronti del provvedimento di diniego di condono del 1996 riproducendo tutti i motivi del primo ricorso.

Su tale ricorso vi era Anche una richiesta di sospensiva che veniva respinta alla camera di consiglio del 10.3.2005 per mancanza di periculum in mora.

Con il quarto ricorso, presentato anch’esso dal solo M.A., veniva impugnato il provvedimento di rigetto dell’istanza di condono ex L. 326\2003.

Il primo dei due motivi di ricorso lamenta la violazione dell’art. 2 L.R. 31\2004 e dell’art. 32 L. 326\2003 oltre all’eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di motivazione.

Il diniego è motivato sulla base della non conformità della nuova costruzione al P.R.G. vigente, della ultimazione delle opere successivamente al 31.3.2003 e della esistenza di un vincolo parco regionale che esclude la possibilità di sanatoria.

Il fabbricato, invece, non può essere considerato una nuova costruzione perché è stato eseguito solo l’ampliamento di un preesistente immobile oggetto di precedente richiesta di condono, il cui rigetto è stato impugnato con il primo ricorso. In ogni caso si tratta di una trasformazione di precedente fabbricato e non di nuova costruzione. Quanto alla data di ultimazione delle opere in occasione del sopralluogo del 26.2.2004 fu accertato l’ultimazione delle stesse senza che fosse possibile risalire all’epoca in cui erano state eseguite.

Quanto alla terza ragione che fonda il diniego va tenuto conto di come la zona ove si trova l’immobile è completamente urbanizzata ed ha perso del tutto la vocazione a parco per cui l’inserimento in tale perimetro è del tutto ingiustificata tanto che si è impugnato come atto presupposto la ricomprensione dell’area all’interno del Parco Sud Milano.

Il secondo motivo contesta l’eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria poiché non vi è una motivazione specifica della contrarietà all’interesse pubblico della concessione da rilasciare; il contrasto con le tipologie ammesse è la causa per cui è stato chiesto il condono e non può essere posta a fondamento del diniego dovendosi invece invocare interessi di tipo paesaggistico.

Il Comune di Cornaredo si costituiva in tutti i giudizi chiedendo il rigetto dei ricorsi e presentava successivamente istanza di riunione.

All’udienza del 24.5.2011 i ricorsi venivano trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio dispone la riunione per ragioni di connessione soggettiva, vertendo tra le stesse parti, ed oggettiva, riguardando i provvedimenti impugnati lo stesso immobile.

I ricorsi sono tutti infondati.

Relativamente al primo ricorso, non possono essere accolti i primi due motivi di ricorso poiché l’autorità preposta al vincolo per effetto della subdelega operata dalla Regione Lombardia era il Comune stesso che esprimeva la sua valutazione con la commissione edilizia integrata da un esperto in problemi di tutela ambientale.

Tale parere è stato espresso nella seduta del 26.6.1996 cui ha partecipato anche l’esperto ed ha motivato specificatamente sul punto poiché la contrarietà è stata espressa per ragioni di decoro visto il degrado di immagine costituito dalla presenza dell’immobile e per la mancanza di una rete fognaria.

Per economia provvedimentale è stato emanato un unico atto di diniego del condono che comprendeva anche il diniego di compatibilità ambientale.

Quanto al terzo motivo i procedimenti iniziati ad istanza di parte non richiedono l’invio della comunicazione di avvio del procedimento che è dato dalla presentazione stessa dell’istanza ed in ogni caso il vizio sarebbe irrilevante ex at. 21 octies L. 241\90.

Sul secondo ricorso è sufficiente osservare che il rigetto del primo ricorso va venir meno il vizio per illegittimità derivata, mentre per quello che attiene il presunto vizio autonomo non è vero che le opere eseguite potevano essere eseguite sulla base di una semplice autorizzazione perché le stesse non erano riconducibili alle opere interne in quanto comportavano una trasformazione dell’immobile da industriale in residenziale con cambio di destinazione d’uso che richiedeva la concessione edilizia.

Ciò si ricava dalla descrizione della costruzione abusiva contenuta nell’istanza di condono del 1996 rispetto alla descrizione che risulta dal verbale di sopralluogo del 17.10.2001 che evidenziava le differenze della trasformazione operata non classificabili come opere minori per cui era sufficiente la mera autorizzazione.

La concessione edilizia era richiesta inoltre per il fatto che la costruzione si trovava in zona vincolata.

Per quanto riguarda il terzo ricorso vanno esaminati solo i vizi propri dell’atto impugnato poiché l’illegittimità derivata deve escludersi essendo stato rigettato il primo ricorso.

Il primo motivo del ricorso non è meritevole di accoglimento poiché il provvedimento impugnato non rientra nel novero di quelli la cui emanazione è sospesa nelle more della definizione dell’istanza di condono.

L’art. 38 L. 47\85 prevede la sospensione per il procedimento penale e per le sanzioni amministrative; l’atto impugnato è solo prodromico all’applicazione della sanzione amministrativa dell’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale, ma di per sé non presenta alcuna valenza sanzionatoria e non produce alcun danno fino a quando non venga emesso il provvedimento che, preso atto della mancata demolizione, dispone l’acquisizione al patrimonio.

Il secondo motivo che vorrebbe veder limitato la demolizione alla sola sopraelevazione non tiene conto del fatto che le violazioni alla normativa urbanistica erano molteplici e che soprattutto tendevano alla trasformazione della destinazione d’uso da magazzino con autorimessa a civile abitazione; la valutazione delle opere abusive deve essere complessiva e quindi non può essere considerata illegittima un calcolo della superficie abusiva come pari all’intera superficie dell’immobile con possibilità di acquisire anche il terreno circostante con il solo limite del non superamento del decuplo della superficie utile, cosa che nel caso di specie non si verifica poiché a fronte di una superficie utile totale pari a mq. 279,89 la superficie complessiva del mappale è pari a mq. 1.190.

Anche tale motivo in conclusione non può essere accolto.

Il quarto ricorso presenta un profilo di inammissibilità, peraltro segnalato dal Comune, laddove vorrebbe ottenere l’annullamento dell’atto che ha effettuato la perimetrazione del Parco Agricolo Sud Milano per la parte che vi ha ricompreso l’area ove si trova l’immobile.

Tale atto è di competenza della Regione Lombardia e della Provincia di Milano non evocate in giudizio e pertanto sotto tale profilo il ricorso è inammissibile.

Esaminando il merito relativamente all’impugnazione del diniego di condono, va verificato se le censure operate con il primo motivo di ricorso alle tre ragioni poste a fondamento del diniego siano condivisibili.

La prima contestazione nasce dalla mancata condizione della qualifica di nuova costruzione per le opere da condonare che invece, secondo il ricorrente, andrebbero considerate come lavori su un corpo di fabbrica preesistente.

Essa non può essere condivisa per la ragione esposta esaminando il terzo ricorso. La valutazione delle opere abusive deve essere complessiva e tener conto che il cambio di destinazione d’uso per effetto delle numerose modifiche anche in ampliamento realizzate determinano sul piano giuridico l’equiparazione dell’immobile precedente, ma radicalmente trasformato ad una nuova opera che in quanto tale deve essere conforme allo strumento urbanistico vigente alla data di entrata in vigore della disciplina che autorizza il condono.

Tale conformità è pacificamente assente e sul punto non vi è contestazione del ricorrente.

La seconda contestazione riguarda il rispetto o meno del termine previsto dal condono per il completamento delle opere da condonare e cioè il 31.3.2003.

Tale censura non tiene conto delle dichiarazioni dello stesso ricorrente di cui si è dato atto nel verbale di sopralluogo del 26.2.2004 circostanza nella quale ha affermato che i lavori erano iniziati nel luglioagosto 2003 e non ultimati per mancanza di tempo e poi effettuati a tempo perso.

La terza contestazione riguarda l’idoneità dell’area in cui è ricompreso il fabbricato da condonare a potersi considerare parte di un parco Agricolo.

Il motivo non potrebbe essere accolto solo per il fatto che è stata dichiarata inammissibile l’impugnazione dell’atto di perimetrazione del Parco.

In ogni caso non è vero quanto dichiarato circa lo stato dei luoghi poiché la zona circostante il mappale di proprietà del ricorrente non è urbanizzata, presenta un solo insediamento industriale oltre a quello del ricorrente risalente agli anni sessanta e ormai dismesso, non è attraversata dalla ferrovia ad alta velocità che corre a circa un chilometro e mezzo dall’insediamento del ricorrente.

Il secondo motivo reitera la critica già formulata con analogo motivo all’atto impugnato con il primo ricorso, ma si tratta di una critica che censura una motivazione che non è presente nell’atto impugnato che è fondato sulle ragioni illustrate nel precedente motivo di ricorso.

Il provvedimento impugnato in questa sede non riporta il riferimento alle "tipologie di costruzioni non ammesse dalla normativa di tutela ambientale vigente" che era contenuto nel diniego di condono emesso nel 1996 e pertanto la censura è inconferente.

I ricorsi vanno pertanto tutti respinti e quanto al quarto deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione dell’atto che ha effettuato la perimetrazione del Parco Agricolo Sud Milano per la parte che vi ha ricompreso l’area ove si trova l’immobile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li rigetta, dichiarando inammissibile in parte secondo quanto indicato in motivazione il ricorso rubricato al nr. 1200 del 2005.

Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.500 oltre C.P.A. ed I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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