Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-02-2011) 07-06-2011, n. 22732

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- G.L., ritenuto responsabile di omicidio volontario in danno di D.L.L. e di lesioni volontarie in danno di D. L.G. e D.L.M.C., aggravate queste ultime dall’uso di un coltello e, quanto alla M.C. anche dalla gravità delle lesioni, ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che, in sede di rinvio da questa Corte, ha ribadito l’affermazione della sua penale responsabilità, riconoscendo però sussistente l’attenuante della provocazione, che ha valutato subvalente rispetto alle aggravanti contestate per i due episodi di lesioni, riducendo la pena complessiva alla misura di anni 14 e mesi otto di reclusione, a tale risultato giungendo dopo la nuova disamina dei fatti che questa Corte aveva disposto per più approfondita indagine sulla provocazione e conseguente nuova valutazione in ordine al trattamento sanzionatorio.

Riferisce la sentenza impugnata che D.L.M.C. e G.L., che avevano da qualche tempo instaurato una stabile convivenza in Fondi, in casa del G., si erano da poco separati; la giovane aveva lasciato l’appartamento ed era tornata a casa dei genitori, a Santa Maria a Vico.

Il giorno dei fatti la predetta, preso atto della cessazione ormai irreversibile del rapporto sentimentale, aveva raggiunto Fondi in compagnia del padre e del fratello per recuperare i suoi effetti personali; il G. però non s’era fatto trovare in casa, ed i tre non avevano potuto accedere all’appartamento.

In effetti il giovane si era allontanato perchè avvertito dalla moglie del D.L.L. del pericolo costituito dall’imminente arrivo dei tre antagonisti, che non erano certo animati da intenzioni amichevoli.

La M.C. aveva tuttavia convinto l’imputato, che aveva chiamato con il suo cellulare, a raggiungerli, per consentirle di accedere all’appartamento e recuperare le sue cose; peraltro nell’occasione il D.L.L. aveva strappato di mano il telefono alla figlia, urlando la sua ira all’indirizzo dell’interlocutore, che aveva minacciato di morte.

Il G. era effettivamente sopraggiunto, ma armato di un coltello, vivamente alterato ed urlante improperi nei confronti del D.L.L.; senza indugi e senza neppure un tentativo di dialogo con gli antagonisti, aveva accoltellato prima i germani D. L., incontrati dinanzi al portone di casa, e poi il loro genitore, raggiunto sul pianerottolo.

La corte territoriale, ottemperando alla regola di giudizio dettata da questa Corte, ha ritenuto che il risalente atteggiamento ostile e vessatorio del D.L.L., unitamente all’allarme indotto dalla telefonata che C.G. – madre della M. C. – aveva fatto all’imputato, raccomandandogli di non farsi trovare in casa, nonchè le gravi minacce telefoniche rivolte da ultimo al giovane dal D.L., integrassero gli estremi della provocazione, già negata dai giudici del merito; ha invece ribadito il diniego della concessione di circostanze attenuanti generiche.

Deduce il ricorrente la sostanziale violazione da parte della corte territoriale della regola di giudizio dettata da questa Corte, ed in particolare l’insufficienza della motivazione in ordine alla valutazione dei fatti e della personalità dell’imputato, atteso che a suo avviso non era stato adeguatamente considerato come la condotta illecita fosse stata attuata nello stato di viva indignazione, determinato dal comportamento sistematicamente aggressivo e vessatorio del D.L.L., che l’aveva espressamente minacciato di morte anche immediatamente prima dei fatti delittuosi in esame.

Sostiene infatti che una più compiuta considerazione dei suddetti elementi avrebbe dovuto indurre i giudici del rinvio a valutare l’attenuante della provocazione quantomeno equivalente alle aggravanti contestate; a concedere le attenuanti generiche; a quantificare consequenzialmente in misura più contenuta gli aumenti di pena per i reati ritenuti in continuazione; comunque a rideterminare la pena in ammontare più congruamente ridotto. Il G. ha fatto pervenire via fax una personale perorazione in data 20 gennaio 2011. Ulteriore memoria difensiva è stata depositata dall’avvocato Spiezia nell’interesse del ricorrente il 4 febbraio 2011. 2.- I motivi proposti dal ricorrente, e ribaditi con le memorie successive, sostanzialmente censurano le valutazioni di merito effettuate dalla corte territoriale, il cui riesame in questa sede di legittimità è precluso se, come nel caso di specie, la sentenza impugnata abbia dato conto delle ragioni della decisione con motivazione ragionevole e condivisibile, comunque immune da vizi logici o contraddizioni. Ne consegue che il ricorso, ancorchè di fattura pregevole e certamente suggestivo, è inammissibile. Infatti la corte territoriale ha compiutamente esaminato il fatto sotto ogni profilo, sia oggettivo che soggettivo, dando contezza della valutazione di gravità del fatto, con l’osservare che l’imputato si era recato all’appuntamento con la ex convivente e con i suoi congiunti armato di coltello e determinato a farne uso a prescindere dal comportamento degli antagonisti, tanto che aveva colpito ripetutamente la giovane ed il fratello della predetta senza che costoro avessero posto in essere atteggiamento ostile di sorta nei suoi confronti, aggredendoli senza esitazione, poi attuando senza soluzione di continuità analoga efferata violenza nei confronti del D.L.L., che aveva colpito reiterata mente fino ad ucciderlo.

La corte territoriale ha anche spiegato esaurientemente le ragioni che l’avevano indotta a non concedere attenuanti generiche, pur irrogando comunque pena contenuta proprio in considerazione delle circostanze del fatto, tanto oggetti ve che soggettive, opportunamente e compiutamente valutate dai giudici del merito.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00= in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione in favore delle parti civili costituite delle spese da loro anticipate per il presente grado di giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00= in favore della Cassa delle Ammende.

Condanna altresì il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute della parti civili, che liquida in complessivi Euro 3.000.00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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