Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-10-2011, n. 20574 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso l’avviso di liquidazione dell’Ufficio del registro di Velletri per Invim relativa all’atto registrato l’11.11.1986, avente ad oggetto immobili venduti da M.A. al prezzo di L. 320 milioni elevato a L. 770 milioni per effetto di stima Ute, propose impugnazione la erede del venditore V.S., eccependo la nullità per difetto di notifica dell’avviso di accertamento e in subordine invocando a proprio favore la estensione di un giudicato formatosi sulla decisione della commissione tributaria nei confronti dell’acquirente, la quale aveva ridotto il valore finale di immobili a L. 500 milioni.

La Commissione tributaria di primo grado accolse il primo motivo di impugnazione; la sentenza fu riformata dalla Commissione tributaria di appello che ritenne valida la notificazione dell’avviso di accertamento, eseguita a norma dell’art. 140 c.p.c. agli eredi collettivamente e impersonalmente, e affermò la estensione ex art. 1306 c.c. del giudicato formatosi in favore dell’acquirente.

La ricorrente propose ricorso alla Commissione tributaria centrale che, accogliendo la impugnazione, ha ritenuto invalido il procedimento notificatorio posto in atto, rilevando che la notifica collettivamente e impersonalmente agli eredi suppone che almeno 30 giorni prima costoro non abbiano effettuato la comunicazione, all’ufficio fiscale competente, delle loro generalità e del loro domicilio fiscale, circostanza nella specie non sussìstente, perchè al momento della notifica dell’atto impositivo la data della morte del dante causa e i predetti domicili fiscali e generalità erano noti da tempo all’ufficio del registro, in quanto indicati nella denuncia di successione, attraverso la quale esso aveva acquisito informazioni di identico contenuto rispetto a quello previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65 che contempla l’obbligo predetto di comunicazione. Ha comunque aggiunto la Commissione centrale che l’ufficio aveva documentato solo l’avvenuta spedizione della raccomandata indirizzata impersonalmente agli eredi, con cui era stata data notizia degli estremi dell’ateo depositato presso la casa comunale, ma non aveva prodotto l’avviso di ricevimento della stessa, la cui carenza costituiva causa di nullità della notifica ex art. 140 c.p.c..

Hanno proposto ricorso con tre motivi il Ministero dell’economia delle finanze e la Agenzia delle entrate; la contribuente ha resistito depositando controricorso.
Motivi della decisione

E’ infondata la eccezione di tardività del ricorso proposta dalla controricorrente, in relazione alla circostanza che la impugnazione è stata notificata il 30 ottobre 2006 a fronte della pubblicazione della sentenza avvenuta il 2 settembre 2005, " oltre il termine lungo di un anno e 45 giorni che prevedeva la scadenza invece del 18.10.2006".

L’assunto è errato in quanto la doppia sospensione, per l’anno 2005 – quanto meno dal 2 al 15 settembre – e per l’anno 2006, dei termini processuali ha impedito il decorso del termine lungo di un anno e 46 (non 45) giorni, scaduto il 31 ottobre e dunque dopo la notificazione del ricorso.

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4; dopo avere premesso che nessuna dichiarazione di successione era stata presentata dagli eredi rilevano che un tale atto non può essere assimilabile alla comunicazione prevista dalla norma citata. Con il secondo mezzo è denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sull’assunto che il collegio giudicante abbia fondato la sua decisione sul fatto non provato, mentre con il terzo il vizio lamentato è riferito alla contraddittoria ed insufficiente motivazione, in ordine all’assetto normativo costituito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4. Il ricorso – che costituisce la reiterazione di altra impugnazione, posta in discussione nella odierna udienza, nei confronti di identica sentenza della Commissione centrale, depositata nella stessa data, ma recante un numero diverso (7177/2005) da quello attribuito alla decisione di cui si tratta (7186/2005) e riferite la prima alla decisione n. 510/02/1993 e la seconda alla decisione n. 511/02/1993 della Commissione tributaria di 2^ grado – non merita di essere accolto. La sentenza impugnata fonda le sue determinazioni su una doppia ratio, quella secondo cui l’avviso di accertamento era intestato a " M.A. e per esso deceduto ad eventuali eredi "ed era stato notificato con il rito dell’art. 140 c.p.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 con deposito nella casa comunale, seguito da raccomandata agli eredi, impersonalmente e collettivamente, benchè da tempo noti in quanto indicati nella denuncia di successione: indicazione equivalente alla comunicazione dovuta dagli eredi; e l’altra secondo cui l’ufficio aveva documentato la spedizione della raccomandata con la quale era stato inviato l’avviso di accertamento, ma non aveva prodotto l’avviso di ricevimento "la cui mancata allegazione costituisce causa di nullità della notifica".

Le censure proposte dalla Amministrazione Finanziaria con i tre motivi di impugnazione deducono la mancata produzione della denunzia di successione; la conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per essere stata la sentenza fondata su un fatto assolutamente non provato; la correlativa contraddittorietà ed insufficienza della motivazione.

Ignorata è rimasta la seconda ratio decidendi in ordine alla mancata prova del ricevimento della raccomandata con cui era stato spedito l’avviso di accertamento.

Ne deriva il rigetto della impugnazione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 1.500,00, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali in Euro 1.500,00, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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