Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 07-06-2011, n. 22706 affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 16 marzo 2010 il Tribunale di sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile l’istanza presentata da D.F. F. volta ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94. Rilevava, in primo luogo, il tribunale che l’istanza era inammissibile poichè il richiedente, ristretto dal 1.2.2010 e con fine pena previsto per l’8.6.2015 in esecuzione di un provvedimento di cumulo comprendente anche due condanne per rapina aggravata, la cui pena complessiva di anni 5 e mesi 8 di reclusione era ancora in espiazione, doveva ancora eseguire una pena superiore ai quattro anni espressamente previsti, quale residuo massimo, dal citato art. 94 per la concedibilità dell’affidamento terapeutico ai condannati per i delitti compresi nel novero di quelli di cui all’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario. Riteneva, inoltre, che l’istanza fosse inammissibile poichè nella relazione del Ser.T di Collegno, allegata all’istanza, non vi era attestazione specifica della procedura attraverso la quale era stato accertato l’uso abituale di stupefacenti, secondo quanto richiesto, a pena di inammissibilità, dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, comma 1. 2.- Propone ricorso per cassazione il difensore di D.F.F., avvocato Francesco Bosco adducendo a ragione: 1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b); 2) mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e). Lamenta che il tribunale si sia pronunciato per l’inammissibilità dell’istanza evidenziando delle ragioni, quali il residuo pena e la non idoneità della documentazione allegata all’istanza, che erano state, invece, escluse dal magistrato di sorveglianza il quale, in sede di deliberazione in ordine alla concessione interinale del beneficio, dopo aver rilevato che la pena detentiva residua non era superiore ai limiti normativi, per avere il condannato espiato la quota parte della pena conseguente alle sentenze di condanna per i reati ed. ostativi ed avere considerato l’istanza munita della documentazione richiesta dalla legge a pena di inammissibilità, aveva rigettato l’applicazione provvisoria per insussistenza dei requisiti dell’urgenza e del grave pregiudizio che il protrarsi dello stato di detenzione avrebbe arrecato al detenuto.

Espone, quindi, che il D.F. ha allegato una idonea relazione sanitaria datata 18.11.2009 del Ser.T di Collegno e presentato un programma dettagliato del percorso al quale si sarebbe sottoposto all’interno della Comunità terapeutica "Lucignolo" disponibile ad accoglierlo, con ciò adempiendo a tutte le prescrizioni richieste dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94 riguardo alle allegazioni previste a pena di inammissibilità. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con atto depositato il 23 luglio 2010, chiede che il ricorso sia dichiarato in inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa Ammende.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1.- Con i due motivi di ricorso si lamenta, in sostanza, che l’ordinanza impugnata sarebbe viziata da violazione di legge vizio di motivazione perchè le cause di inammissibilità della istanza di affidamento terapeutico ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94 rilevate dal tribunale di sorveglianza non erano, invece, state ritenute ricorrenti dal magistrato di sorveglianza con il decreto interinale, assunto il 13.1.2010 ai sensi del comma secondo dell’art. 94 citato, essendosi quel magistrato limitato a respingere la richiesta di applicazione provvisoria della misura a cagione dell’insussistenza dei requisiti dell’urgenza e del grave pregiudizio che il protrarsi dello stato di detenzione avrebbe arrecato all’istante. Premesso che la decisione sulla concessione dell’affidamento terapeutico è di competenza del Tribunale di sorveglianza, il quale ben può discostarsi dalle valutazioni operate dal magistrato di sorveglianza, tanto per quel che attiene alle condizioni di ammissibilità della richiesta che per quel che riguarda il merito della stessa, deve essere rilevato che nel caso di specie l’ordinanza gravata è stata congruamente motivata in aderenza a quanto previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94.

Il primo comma della norma citata, così come modificata dal D.L. n. 272 del 2005, art. 4 undecies, comma 1, lett. a), convertito con modificazioni nella L. 21 febbraio 2006, n. 49, prevede, infatti, che "L’affidamento in prova in casi particolari può essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superire ad anni sei o ad anni quattro se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4 bis"; prosegue, poi, la disposizione con lo stabilire che " Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura specializzata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata … attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcol dipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche …".

Il tribunale di sorveglianza ha quindi, senza violazione di legge alcuna e con motivazione coerente e aderente rispetto alla lettera della legge, rilevato che il ricorrente non aveva ancora espiato la pena irrogatagli per i due reati di rapina aggravata, giudicati con le sentenze 30.11.2007 e 3.7.2008 della Corte di appello di Torino e ritenuti in continuazione, e che il residuo da espiare era superiore ad anni quattro di reclusione, per cui l’istanza era da dichiarare inammissibile. Ha, quindi, considerato l’ulteriore motivo di inammissibilità costituito dalla incompletezza della certificazione Ser.T. di Collegno nella quale non vi è attestazione specifica della procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti e, sul punto, l’assunto difensivo, secondo cui dalle indicazioni e dalle informazioni contenute nella relazione di quel servizio sanitario si dovrebbe desumere che sono stati effettuati tutti gli esami necessari per accertare l’uso abituale di stupefacenti da parte del D.F., è del tutto privo di pregio e rilevanza.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la mancata o incompleta allegazione alla domanda della certificazione relativa alla sussistenza della condizione di tossicodipendenza o alla procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti è causa di inammissibilità della stessa, al punto che ben potrebbe essere dichiarata, anche senza previa instaurazione del contraddittorio fra le parti, dal Presidente del tribunale di sorveglianza con decreto ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2 (da ultimo Cass. Sez. 1, Sent. 14.12.2010, n. 45608).

Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato con le conseguenze di legge riguardo alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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