Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 07-06-2011, n. 22704

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 10.3.2009 il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva la richiesta di concessione della liberazione condizionale avanzata da F.G.. Valutava il tribunale che il richiedente era stato ammesso di recente alla detenzione domiciliare, ai sensi della L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies e che, pur dando atto della condotta corretta e collaborativa sempre mantenuta, il procuratore nazionale antimafia si era espresso sfavorevolmente la concessione del beneficio, dato che occorrono elementi dimostrativi pregnanti, allo stato non evidenziati, specie se il soggetto sia stato riconosciuto responsabile di gravissimi episodi delittuosi, rispetto ai quali occorre che si giunga alla certezza del ravvedimento. Riteneva, quindi, il tribunale che il buon comportamento e la condotta processuale sono requisiti indispensabili perchè sia mantenuta la detenzione domiciliare, peraltro connotata da ampi permessi orari, ma da soli non giustificano, a pochi mesi dall’ammissione alla detenzione domiciliare, la concessione di una misura così ampia.

2.- Propone ricorso per cassazione il difensore di F. G., avvocato Sante Foresta, adducendo quale motivo l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 176 c.p. e L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies nonchè manifesta contraddittorietà, illogicità e carenza della motivazione rispetto alle risultanze processuali inerenti alla richiamata normativa speciale.

Sostiene il ricorrente che il tribunale non ha valutato tutte le condizioni per l’ammissione alla liberazione condizionale previste dalla L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies che non ha considerato la complessiva osservazione della condotta post delictum quale risultante dalle relazioni degli istituti penitenziari nei quali il condannato era stato detenuto, del servizio centrale di protezione, e quale sottintesa nei provvedimenti di concessione della liberazione anticipata, dei permessi premio e della detenzione domiciliare, dai quali si poteva pienamente ritenere provato il ravvedimento del F.. Infatti il tribunale, pur dando atto che sussistevano tutti gli elementi richiamati dalla normativa speciale, e pur considerando sussistenti gli elementi positivi relativi alla complessiva condotta del soggetto, rigettava la domanda adducendo motivazioni che contrastano con la normativa da applicare.

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Enrico Delehaye, con atto depositato il 23.7.2010, conclude per il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, perchè i motivi formulati a sostegno dell’impugnazione non denunciano vizi di legittimità ma si risolvono in censure di fatto dell’impugnato provvedimento, la cui motivazione congrua, adeguata ed immune da vizi logico-giuridici, risponde pienamente al principio di gradualità, fondamentale per la materia di competenza della magistratura di sorveglianza, la liberazione condizionale, poi, è il più ampio beneficio previsto dall’Ordinamento Penitenziario e tra i presupposti perchè sia concessa vi è, richiamato dalla L. 15 gennaio 191, n. 8, art. 16 nonies come modificato dalla L. n. 45 del 2001, art. 14 anche quello del sicura ravvedimento previsto dall’art. 176 c.p., che non può essere desunto dal solo positivo percorso intramurario dei condannati.
Motivi della decisione

1.- Il ricorso è fondato nei limiti di cui alle seguenti ragioni.

1.2. – Dalla lettura della L. 15 luglio 1991, n. 8, art. 16 nonies, commi 1 e 4 emerge che la liberazione condizionale può essere disposta per collaboratori di giustizia "avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva… anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’art. 176 c.p.".

Presupposti per la concessione del beneficio, alla luce del contenuto dell’art. 16 nonies citato, sono: a) che una persona sia stata condannata per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’art. 51 c.p.p., comma 3 bis; b) che vengano acquisiti la proposta o il parere dei procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell’art. 11 della citata Legge o del procuratore nazionale antimafia; c) che il condannato abbia prestato, anche dopo la condanna, una collaborazione importante; d) che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere l’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva; e) che la persona condannata abbia redatto entro il termine prescritto dall’art. 16 quater il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione; 7) che sia stato espiato almeno un quarto della pena inflitta o, qualora vi sia stata condanna all’ergastolo, che siano stati espiati almeno dieci anni di pena. Nel Caso di specie ricorrono tutti questi presupposti, compreso il criterio della gradualità trattamentale, non consacrato dalla legge ma ragionevolmente suggerito dall’esperienza, avendo il ricorrente ottenuto già la detenzione domiciliare.

A fronte della suddetta situazione di fatto il tribunale di sorveglianza ha negato il beneficio della detenzione liberazione condizionale, domandato dal F., osservando che il buon comportamento e la condotta collaborativa sono requisiti indispensabili perchè sia mantenuta la detenzione domiciliare, peraltro connotata da ampi permessi orati, ma da soli non giustificano la concessione di una misura così ampia.

In realtà, richiamando il parere del Procuratore Nazionale Antimafia – che si era espresso sfavorevolmente alla concessione occorrendo elementi dimostrativi più pregnanti specie se il soggetto sia stato riconosciuto responsabile di gravissimi episodi delittuosi rispetto ai quali occorre che si giunga alla certezza del ravvedimento – il tribunale si è conformato, sic et simpliciter, al suddetto parere senza, peraltro, formulare alcun giudizio proprio e motivato, in relazione alla sussistenza o meno di un reale e concreto ravvedimento dell’istante. Invero è sempre necessaria da parte del tribunale di sorveglianza, che sia chiamato a decidere sulla ammissione del condannato alla liberazione condizionale, la valutazione della complessiva condotta serbata dal soggetto, al fine di verificare se l’azione rieducativa globalmente svolta abbia avuto come risultato il compiuto ravvedimento (Cass., Sez. 1, sent. 16 gennaio 2007, n. 3675,Rv. 235796; Cass., Sez. 1, sent. 1 febbraio 2007, n. 9887, Rv.

236548; Cass. Sez. 1, sent. 26.9.2007, n. 37330, Rv. 237504). Inoltre il giudice di sorveglianza, al fine di pervenire al giudizio sul ravvedimento, deve avere riguardo, esclusivamente, al comportamento del condannato durante tutto il tempo dell’esecuzione della pena e, in questa prospettiva, la gravità dei reati e la capacità a delinquere dimostrata con loro commissione possono assumere rilevanza esclusivamente come dati di partenza per compiere la valutazione (Cass. Sez. 1, sent. 10.12.2004, n. 196, Rv.230543).

Al pari di altri benefici penitenziari, infatti, la liberazione condizionale postula un giudizio prognostico, che è tipico ed affidato alla giurisdizione esclusiva della magistratura di sorveglianza, circa la condotta della persona condannata, che consenta di escludere ragionevolmente la persistenza di un apprezzabile margine di pericolosità sociale e la conseguente probabilità di reiterazione di comportamenti penalmente illeciti. Da ciò deriva, ferma restando la discrezionalità del tribunale nella valutazione della ricorrenza dei presupposti per la concessione del beneficio, la necessità di una esplicita e puntuale verifica, sulla base dei parametri sopra evidenziati, circa la sussistenza in capo al richiedente del requisito del ravvedimento che nel caso di specie è mancata.

L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata e gli atti rinviati al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo esame.
P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

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