Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 07-06-2011, n. 22703 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza pronunciata il 10.3.2009 il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva la richiesta di concessione della liberazione condizionale avanzata da F.G.. Valutava il tribunale che il F.G. era stato ammesso alla detenzione domiciliare, ai sensi della L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies con ordinanza del 6.2.2009 e che, pur dando atto della condotta corretta e collaborativa sempre mantenuta, il procuratore nazionale antimafia si era espresso sfavorevolmente la concessione del beneficio, ritenuto prematuro rispetto alla concessione della detenzione domiciliare da appena un anno. Riteneva, quindi, il tribunale che il buon comportamento e la condotta processuale sono requisiti indispensabili perchè sia mantenuta la detenzione domiciliare, peraltro connotata da ampi permessi orari, ma da soli non giustificano la concessione di una misura così ampia come quella della liberazione condizionale.

2.- Propone ricorso per cassazione il difensore di F. G., avvocato Sante Foresta, adducendo quale motivo l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 176 c.p., e L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies nonchè manifesta contraddittorietà, illogicità e carenza della motivazione rispetto alle risultanze processuali inerenti alla richiamata normativa speciale.

Sostiene il ricorrente che il tribunale non ha valutato tutte le condizioni per l’ammissione alla liberazione condizionale previste dalla L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies che non ha considerato la complessiva osservazione della condotta post delictum quale risultante dalle relazioni degli istituti penitenziari nei quali il condannato era stato detenuto, del servizio centrale di protezione, e quale sottintesa nei provvedimenti di concessione della liberazione anticipata, dei permessi premio e della detenzione domiciliare, dai quali si poteva pienamente ritenere provato il ravvedimento del F.. Infatti il tribunale, pur dando atto che sussistevano tutti gli elementi richiamati dalla normativa speciale, e pur considerando sussistenti gli elementi positivi relativi alla complessiva condotta del soggetto, rigettava la domanda adducendo motivazioni che contrastano con la normativa applicabile. Inoltre, il tribunale non ha tenuto conto del fatto che l’istante ha praticamente quasi espiato la pena comminatagli, peraltro in relazione a illeciti commessi nel (OMISSIS).

2.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Enrico Delehaye, con atto depositato il 21.7. 2007, ha concluso per il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3.- Con memoria difensiva di replica, depositata il 23 settembre 2010, il ricorrente ribadisce che la doglianza prospettata in ricorso attiene alla mancata compiuta valutazione del principio di gradualità nell’accesso ai benefici penitenziari che, pur non espressamente codificato, rappresenta uno dei pilastri sui quali deve fondarsi il ponderato, rigoroso giudizio di meritevolezza. Sottolinea che, come dedotto nei motivi di impugnazione, l’interessato ha già percorso tutte le tappe intermedie dell’iter trattamentale, in ossequio al principio di gradualità sancito dalla corte suprema.
Motivi della decisione

1.- Il ricorso è fondato nei limiti di cui alle seguenti ragioni.

1.2. – Osserva il Collegio che dalla lettura della L. 15 luglio 1991 n., art. 16 nonies, commi 1 e 4 emerge che la liberazione condizionale può essere disposta per collaboratori di giustizia "avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva … anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’art. 176 c.p.".

Presupposti per la concessione del beneficio, alla luce del contenuto dell’art. 16 nonies citato, sono:

a) che una persona sia stata condannata per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’art. 51 c.p.p., comma 3 bis;

b) che vengano acquisiti la proposta o il parere dei procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell’art. 11 della citata Legge o del procuratore nazionale antimafia; c) che il condannato abbia prestato, anche dopo la condanna, una collaborazione importante; d) che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere l’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva; e) che la persona condannata abbia redatto entro il termine prescritto dall’art. 16 quater il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione; 7) che sia stato espiato almeno un quarto della pena inflitta o, qualora vi sia stata condanna all’ergastolo, che siano stati espiati almeno dieci anni di pena.

Nel caso di specie ricorrono tutti questi presupposti, compreso il criterio della gradualità, non consacrato dalla legge ma ragionevolmente suggerito dall’esperienza trattamentale, avendo il ricorrente ottenuto già la detenzione domiciliare.

A fronte della suddetta situazione di fatto il tribunale di sorveglianza ha negato il beneficio della detenzione liberazione condizionale, domandato dal F., sul rilievo che il buon comportamento e la condotta collaborativa sono requisiti indispensabili perchè sia mantenuta la detenzione domiciliare, peraltro connotata da ampi permessi orari, ma da soli non giustificano la concessione di una misura così ampia come quella della liberazione condizionale.

In sostanza, quindi, richiamando il parere del Procuratore Nazionale Antimafia, che si era espresso valutando prematura la ammissione alla liberazione condizionale, il tribunale si è conformato, sic et simpliciter, al suddetto parere senza, peraltro, formulare alcun giudizio in relazione alla sussistenza o meno di un reale e concreto ravvedimento dell’istante.

E’, infatti, sempre necessaria da parte del tribunale di sorveglianza che sia chiamato a decidere sulla ammissione del condannato alla liberazione condizionale, la valutazione della complessiva condotta serbata dal soggetto, al fine di verificare se l’azione rieducativa globalmente svolta abbia avuto come risultato il compiuto ravvedimento (Cass., Sez. 1, sent. 16 gennaio 2007, n. 3675,Rv.

235796; Cass., Sez. 1, sent. 1 febbraio 2007, n. 9887, Rv. 236548;

Cass. Sez. 1, sent. 26.9.2007, n. 37330, Rv. 237504); ravvedimento da vagliare attraverso la verifica della esistenza di una reale revisione critica da parte del condannato delle sue precedenti condotte di vita e di una sua effettiva aspirazione ad uniformarsi, per il futuro, all’osservanza delle leggi e delle regole condivise del vivere sociale.

Ne consegue, ferma restando la discrezionalità del tribunale nella valutazione della ricorrenza dei presupposti per la concessione del beneficio, la necessità di una esplicita e puntuale verifica in ordine alla sussistenza in capo al richiedente del requisito del ravvedimento, che nell’ordinanza gravata è carente.

L’ordinanza impugnata deve essere dunque annullata e gli atti rinviati al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo esame sul punto.
P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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