T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 08-06-2011, n. 1070 Sentenze della Corte Costituzionale Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. – Con ricorso ritualmente notificato e depositato, gli odierni ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, emessi ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, nella parte relativa alla determinazione del risarcimento del danno per la perdita della proprietà dei terreni, siti nel Comune di Canicattì, identificati al N.C.T. al foglio 54, particelle 1839 e 1841, per una superficie complessiva di mq 3.140, esponendo:

– che detti terreni, oggi di loro proprietà, furono occupati nel 1980 in via di urgenza dal Comune di Canicattì, il quale vi ha costruito una scuola elementare di n. 20 aule, senza che detta procedura espropriativa si sia conclusa con un valido ed efficace provvedimento di esproprio;

– di avere adito il Tribunale Civile di Agrigento al fine di ottenere la restituzione delle aree illecitamente occupate, con azione ancora pendente;

– di avere ricevuto i provvedimenti di acquisizione sanante emessi ai sensi del citato art. 43, asseritamente illegittimi nella parte relativa alla quantificazione del risarcimento dei danni da corrispondere agli attuali proprietari, chiedendo l’accertamento e la condanna del Comune al pieno ristoro.

A sostegno del gravame deducono, con unico articolato motivo di ricorso:

Violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 in relazione a quanto previsto dall’art. 37, comma 7, del medesimo decreto – eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto con riferimento alla quantificazione del risarcimento del danno.

Il risarcimento del danno sarebbe stato determinato in misura irrisoria, in violazione dei criteri prescritti dall’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, avendo il Comune di Canicattì errato: a) nel fare applicazione dell’art. 37, comma 7, del medesimo decreto in relazione alla mancata presentazione della dichiarazione ICI per detti terreni; b) nel fare riferimento al valore di terreni agricoli, i quali sarebbero, invece, edificabili; c) nel prendere in considerazione i valori dei terreni con riferimento al momento dell’occupazione d’urgenza, e non a quello di adozione del provvedimento di acquisizione sanante; d) nel non avere tenuto conto della diminuzione di valore dei terreni, non facenti parte della procedura espropriativa, ma inerenti al medesimo compendio immobiliare; e) nel non prevedere una voce di ristoro per il mancato godimento dei terreni durante il periodo di occupazione illegittima.

B. – Si è costituito in giudizio il comune di Canicattì.

C. – Parte ricorrente ha depositato consulenza tecnica estimativa.

D. – Il Comune di Canicattì ha depositato corposa documentazione afferente la procedura espropriativa in interesse; quindi, con memoria difensiva, ha controdedotto nel merito, rendendo noto che il Tribunale di Agrigento, con sentenza del 12.11.2009, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione; concludendo per la reiezione del ricorso.

E. – All’udienza pubblica del 4 maggio 2011, presenti sia il difensore dei ricorrenti, sia quello dell’amministrazione comunale, il primo ha chiesto, in applicazione della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, che il provvedimento impugnato sia integralmente annullato, con relativa restituzione dell’area già di proprietà dei ricorrenti; in via subordinata, ha chiesto un rinvio per la proposizione di gravame aggiuntivo. La difesa del Comune di Canicattì si è opposto a dette richieste. Quindi il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

A. – Nella presente vicenda contenziosa, il Comune di Canicattì, titolare di una procedura espropriativa non conclusasi con l’emissione di un valido ed efficace provvedimento di espropriazione, ha esercitato il potere di acquisizione (sanante) al patrimonio comunale, ex art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, dei terreni di proprietà dei ricorrenti, con contestuale corresponsione del risarcimento dei danni, in dichiarata applicazione dei criteri risarcitori qui in contestazione, fissati dalla predetta disposizione.

L’oggetto del presente giudizio è circoscritto alla quantificazione del "risarcimento del danno" ai sensi dell’art. 43, comma 6 del d. P.R. n. 327 del 2001 e non si estende – non facendone il gravame menzione alcuna – alla legittimità in sé dell’esercizio di detto potere acquisitivo alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale (n. 293/2010), la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 sopracitato.

Sotto tale ultimo profilo, deve valutarsi se ed in che misura il rapporto, poiché in tal senso incontestato, possa essere considerato esaurito, e, dunque, in ipotesi, estraneo ai riflessi di detta sentenza sui giudizi pendenti non aventi ad oggetto la domanda di restituzione del bene e quella – eventuale, ex art. 43, comma 3, cit. – dell’Amministrazione tendente a paralizzare detta restituzione.

A.1. – Ciò precisato, si rende, quindi, necessario stabilire quale incidenza abbia, ai fini della decisione del ricorso in esame, detta declaratoria di incostituzionalità, anche tenendo conto della domanda formulata da parte ricorrente all’udienza pubblica del 4 maggio 2011, tendente a conseguire, proprio in virtù di detta declaratoria, l’annullamento, in ogni sua parte, del provvedimento solo parzialmente impugnato.

Va, invero, premesso, che la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma produce effetti retroattivi erga omnes, ma con il limite dei rapporti esauriti (Consiglio di Stato, IV, 30 novembre 2010, n. 8363; VI, 9 dicembre 2008, n. 6097); il che significa, in altre parole, che la sentenza di incostituzionalità non travolge le situazioni consolidate, fra le quali è annoverata l’ipotesi della decadenza dall’impugnativa di un provvedimento amministrativo, ovvero della mancata tempestiva proposizione di un motivo di ricorso avente ad oggetto il contenuto precettivo della norma dichiarata incostituzionale.

I ricorrenti hanno espressamente limitato l’impugnazione dell’atto di acquisizione sanante dei terreni, già di loro proprietà, alla parte in cui tale atto ha determinato l’importo dovuto a titolo di risarcimento del danno, agendo per l’integrale ristoro del danno conseguente alla perdita della proprietà.

Essi hanno, pertanto, prestato acquiescenza alla parte del provvedimento, con cui è stata disposta l’acquisizione dei terreni al patrimonio indisponibile del Comune, per cui tale provvedimento, per tale parte (con i connessi effetti traslativi) è divenuta inoppugnabile; sicché, alla data di pubblicazione della sentenza n. 293/2010 della Corte costituzionale, il rapporto ben poteva dirsi – sul punto (cioè, limitatamente agli effetti traslativi della proprietà dell’atto di acquisizione sanante) – esaurito.

Per quanto esposto, va dichiarata inammissibile la domanda, formulata da parte ricorrente alla pubblica udienza del 4 maggio 2011, tendente ad ottenere una pronuncia di annullamento del provvedimento di acquisizione sanante anche per la parte originariamente non impugnata.

Né avrebbe potuto aderirsi alla domanda, formulata in via gradata da parte ricorrente, tendente a conseguire un rinvio per la proposizione di gravame aggiuntivo, per non essere stata evidenziata la sopravvenienza di un nuovo provvedimento oggetto della eventuale impugnazione.

Peraltro, poiché l’esame della domanda di rinvio, in quanto articolata in via subordinata, avrebbe dovuto essere preceduta dal previo esame della domanda di annullamento dell’intero provvedimento impugnato e di restituzione dell’area per intervenuta incostituzionalità del citato art. 43 – afferente, in parte, al thema decidendum della presente controversia – la domanda di rinvio va, ritenuta inammissibile.

A.2. – La declaratoria di incostituzionalità dell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, assume, per converso, una sua specifica rilevanza in relazione alla parte del provvedimento impugnata, e cioé in relazione alla determinazione del danno risarcibile, operata in applicazione della norma colpita dalla sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità.

Ne deriva che la legittimità della misura del risarcimento non potrà essere valutata in ragione del disposto dell’art. 43, comma 6 del d.P.R. n. 327 del 2001, che rinvia al precedente art. 37, comma 7, ma tale valutazione dovrà essere effettuata sulla base dei principi generali dell’azione risarcitoria da lesione del diritto di proprietà (art. 30, comma 2, c.p.a.), sulla base della regola di cui all’art. 2043 c.c..

Sul punto, poiché la proprietà dei terreni è passata al Comune solo in forza dell’atto di acquisizione sanante formato in data 28.05.2009, l’occupazione dei terreni di proprietà dei ricorrenti, protrattasi per il periodo intercorrente tra la data di scadenza del periodo di legittima occupazione e quella di adozione del provvedimento di acquisizione sanante, si è concretizzata, medio tempore, in un illecito di carattere permanente, con l’obbligo, in capo alla resistente Amministrazione comunale, di corrispondere ai ricorrenti una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno, per la quantificazione della quale vanno forniti specifici criteri, in applicazione dell’art. 34, comma 4, c.p.a..

Pertanto, il danno risarcibile va quantificato in ragione del reale valore di mercato dei terreni, di guisa che, per questa parte, il ricorso va accolto secondo quanto di seguito precisato.

La misura del pregiudizio subito per la perdita della proprietà dei terreni va quantificata, nei limiti della domanda giudiziale, in misura corrispondente al valore venale, da determinarsi in considerazione delle possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell’occupazione degli stessi (avvenuta il 28.08.1981), senza considerare il pregiudizio derivante dagli effetti del vincolo preordinato all’esproprio, "assorbito" dalla complessiva unica voce di danno (valore venale del bene).

A.3. – Con riferimento alla conformazione ed alle caratteristiche dei beni acquisiti, va rilevato, in punto di fatto, che:

1) risulta dagli atti prodotti dal Comune di Canicattì che la particella n. 124 faccia parte del demanio armentizio, come da attestazione dell’Ufficio Tecnico Speciale per le Trazzere di Sicilia (cfr. all. 8 della documentazione prodotta dalla P.a.);

2) detti terreni, come fondatamente sostenuto dalla resistente Amministrazione, non risulta siano edificabili, in quanto trattasi di aree aventi, al momento dell’occupazione legittima, la seguente destinazione in base al P.R.G. adottato con deliberazione consiliare n. 43/1977, approvato con decreto A.R.T.A. n. 226/1980: a) quanto alla particella 1839 (derivata dalla particella 124), in gran parte, in zona F (attrezzature di interesse generale); per la minor parte, su strada di P.R.G.; b) quanto alla particella 1841 (derivata dalla part. 125), in zona F (attrezzature di interesse generale) (cfr. allegato n. 18 della documentazione prodotta dalla P.a.);

3) dette particelle ricadevano fuori dal perimetro del centro abitato (cfr. allegato n. 18 cit.); e la loro destinazione d’uso, evidenziata nelle planimetrie con simboli specifici, era a "scuole secondarie superiori", come si evince dall’art. 19 delle norme tecniche di attuazione approvate con il P.R.G. del 1977 (cfr. allegati nn. 192021 della documentazione prodotta dalla P.a.).

Acclarata la natura non edificabile della porzione di particella n. 124 destinata a strada di P.R.G., quanto alla maggior parte dell’area, destinata a zona F, va richiamata, sul punto, la consolidata giurisprudenza della suprema Corte, la quale ha affermato il principio secondo cui, "ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio (o del risarcimento del danno da occupazione appropriativa) la destinazione di aree a edilizia scolastica, nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale, ne determina il carattere non edificabile, avendo l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone circoscritte ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio, nel quadro della ripartizione zonale in base a criteri generali ed astratti, nè può esserne ritenuta per altro verso l’edificabilità, sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata o promiscua pubblicoprivata, giacché l’edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferisce la parità assicurata all’insegnamento privato (cfr. in particolare cass. n. 23028 del 2004)" (Cass. Civ., I, 26 maggio 2010, n. 12862; in senso conforme: Cass. Civ., I, 14 giugno 2007, n. 13917; 21 maggio 2003, n. 7950).

Il Comune di Canicattì dovrà, pertanto, determinare il quantum risarcitorio, tenendo conto della natura non edificabile delle aree, commisurando detto ristoro al valore agricolo dei terreni, secondo la regola desumibile anche dall’art. 40 del D.P.R. n. 327/2001.

Nel rinnovare il procedimento, sempre limitatamente alla parte relativa alla quantificazione del danno, il Comune di Canicattì dovrà effettuare la valutazione basandosi su criteri attuali, correlati all’effettivo valore del bene al momento dell’adozione dell’atto e dell’acquisto del diritto di proprietà sul bene, intervenuto con il provvedimento di acquisizione sanante, divenuto, per tale parte, inoppugnabile (cfr. C.g.a., decisione 22 aprile 2009, n. 299; T.A.R. Lazio, Roma, II quater, 14 aprile 2011 n. 3260).

Stante la natura non edificabile delle aree oggetto di acquisizione sanante, la P.A. non potrà neppure fare applicazione dell’art. 16 del D. Lgs. n. 504/1992 (cfr. Cass. Civ., I, 25 settembre 2007, n. 19925).

Sull’importo così determinato, costituente la sorte capitale di un debito di valore, andranno corrisposti gli interessi moratori al tasso legale sulle somme anno per anno rivalutate secondo indice ISTAT dei prezzi al consumo, dal momento della cessazione dell’occupazione legittima fino al momento dell’adozione del citato provvedimento di acquisizione.

Sulla somma così determinata, andranno calcolati e corrisposti gli interessi legali dal momento dell’adozione dell’atto ex art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, fino a quella di effettivo soddisfo.

Qualora il Comune e la parte ricorrente non concludano alcun accordo sull’entità del risarcimento, quest’ultima potrà chiedere a questo Tribunale l’esecuzione della presente sentenza, per l’adozione delle misure consequenziali.

A.4. – Va, invece, disattesa la richiesta di risarcimento dei danni per asserita diminuzione di valore subita dalla parte residua del fondo, non interessata dalla procedura espropriativa.

Assume parte ricorrente di avere subito un pregiudizio, di cui, se per un verso, chiede il risarcimento dei danni, per altro verso, non fornisce alcuna prova della esistenza di tale pregiudizio.

Poiché l’eventuale accertamento del vulnus arrecato, in tesi, alla parte residua del fondo non rientra nell’ambito della determinazione dell’indennità di espropriazione, venendo in considerazione il pregiudizio di quella porzione residua a fini esclusivamente risarcitori (e non come parametro indennitario), lo stesso è soggetto ad un onere, quantomeno, di allegazione, che, quanto a tale specifica voce di danno, non è stato minimamente assolto dalla parte ricorrente.

B. – Conclusivamente, in (parziale) accoglimento del ricorso in epigrafe:

– gli atti impugnati devono essere annullati limitatamente alla parte in cui viene quantificato il risarcimento del danno;

– il Comune di Canicattì va condannato a risarcire ai ricorrenti il danno per la perdita della proprietà dei terreni di loro proprietà identificati al N.C.T. al foglio 54, particelle 1839 e 1841, secondo i criteri sopra specificati, da liquidarsi nel termine di giorni 120 (centoventi) dalla comunicazione e, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, previa adozione della deliberazione di cui all’art. 194, comma 1, lett. a) d. lgs. n. 267 del 2000.

C. – Tenuto conto degli specifici profili della controversia, le spese vanno per metà compensate, e per la restante metà seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, nella parte in cui hanno determinato l’importo dovuto ai ricorrenti a titolo di risarcimento del danno.

Condanna il comune di Canicattì a risarcire il danno causato ai ricorrenti, da liquidare secondo i criteri e le modalità dettati in motivazione.

Quanto alle spese di giudizio, le compensa per metà; condanna il Comune di Canicattì al pagamento in favore dei ricorrenti della restante metà, che si liquida in complessivi Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00) oltre oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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