Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-05-2011) 08-06-2011, n. 22799

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. S.A. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Bari che ne ha confermato la condanna a pena di mesi due di reclusione ed Euro 200,00 di multa, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, C.V., ex coniuge, per il delitto di cui all’art. 570 c.p., commesso in danno del figlio minore G., affidato alla madre.

2. Con un unico articolato motivo, deduce la inattendibilità, non adeguatamente valutata, della teste C., che non aveva mai riferito, contrariamente al vero, di aver ricevuto somme di denaro, a mezzo di bonifici, inviatele dall’imputato. Tale censura si collega al rilievo della violazione dell’art. 495 c.p.p., comma 2, posto che i giudici di merito avevano ritenuto irrilevante la relativa documentazione presentata all’udienza del 22.9.2008, sotto il profilo che non individuava la persona che aveva offerto le somme, nonostante fosse apposto il nome del S. quale ordinante dei versamenti.

Il Giudice di appello a causa della detta omissione si era sottratto al principio per cui la affermazione di responsabilità deve andare al di là di ogni ragionevole dubbio.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile ed il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

2. Il Gi. ha centrato, infatti, le sue doglianze su una erronea interpretazione delle acquisizioni probatorie in atti, che non ha alcun fondamento. Il giudicante, infatti, non ha omesso la valutazione dei bonifici prodotti dall’imputato, sottraendosi alle dovuta disamina di tutti gli elementi, ma li ha ritenuti non influenti, poichè le copie prodotte non attestavano affatto che il S. fosse il mandante o ordinante dei versamenti, essendo gli stessi effettuati dalla moglie e quindi non erano dimostrative dell’adempimento dell’obbligo a carico del marito.

3. Ciò messo in evidenza, è dunque da affermare che da un canto il discorso giustificativo sulla indoneità della documentazione a rappresentate una situazione a favore del S. appare completo e logico e come tale insindacabile da parte di questo giudice e dall’altro che il ricorrente non ha indicato, in relazione al detto specifico rilievo di incertezza di riferibilità dei versamenti al suo operato, elementi contrari, non esaminati o trascurati dal giudice di merito. Egli si è,infatti, limitato a ripetere il motivo di impugnazione formulato con l’appello, desumendo la non attendibilità della parte offesa, proprio per il suo silenzio sui versamenti, come detto non riferibili al suo operato.

4. Va da sè che il decorso del termine prescrizionale, maturatosi dopo la pronuncia della sentenza di appello, esclude che possa farsi luogo alla pronuncia di estinzione del reato, in quanto la rilevata inammissibilità non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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