Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-05-2011) 08-06-2011, n. 22796

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L.T.A. ricorre avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Catania, con cui è stata ribadita la sua responsabilità per il delitto di calunnia commesso in data (OMISSIS), con dichiarazioni rese innanzi al Gip di Catania, nel corso del suo esame, quale teste assistito, per avere incolpato di falso il cancelliere che aveva verbalizzato le dichiarazioni riportate in un precedente verbale testimoniale del 20.7.99. Si duole che la Corte non abbia risposto allo specifico motivo di gravame relativo alla non utilizzabilità della sua deposizione, concernente suoi prossimi congiunti, e non preceduta dai rituali avvisi sia ex art. 64 c.p.p., comma 3, avendo la egli anche la veste di teste assistito, sia ex art. 199 c.p.p..
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. E’ principio pacifico che tale sanzione colpisce le impugnazioni se fondate su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.

3. Tale è appunto il ricorso in esame, che però nel riportarsi alla doglianza concernente il difetto di dolo nel delitto di calunnia – agganciato alla asserta inutilizzabilità della sua testimonianza -, sulla quale la Corte ha dato adeguata risposta, mettendo in evidenza la inesistenza dell’invocata esimente ex art. 384 c.p., ha in aggiunta introdotto ulteriori argomentazioni in merito all’esistenza di vizi procedurali che in nulla sono pertinenti al tema decisionale, come affrontato dalla Corte.

4. Si tratta di censure confuse e parzialmente incomprensibili, che non agganciano il punto fondamentale del delitto di calunnia compiuto, che non era quello di aver mosso false accuse nei confronti di persone a lui legate da rapporti di parentela, nel qual caso correva l’obbligo di avvisarlo della facoltà di astensione ovvero si poteva dubitare dell’esistenza della esimente, ma di aver incolpato giudice e cancellerie di una falsa verbalizzazione, rispetto cui i motivi in rito proposti non hanno alcuna connessione.

5. Consegue alla inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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