T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 336 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente premette di aver presentato domanda di ammissione alla procedura di valutazione comparativa per il reclutamento di un professore universitario di ruolo -fascia degli associati- nel settore scientificodisciplinare IUS 6 (diritto della navigazione) presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Teramo, indetta con D.R. dell’11 giugno 2008, segnalando che la sua "anomala ed anticipata esclusione da tale procedura" è stata sospesa da questo TAR (sez. Pescara) con provvedimento cautelare con cui è stata disposta la sua ammissione con riserva, ottemperato con atto rettorale del 6 agosto 2009.

Con decreto del 12 gennaio 2010 è stata nominata la commissione giudicatrice, tra i cui membri, nell’ambito dei professori di Diritto della navigazione estratti a sorte, compare la controinteressata. Facendo riferimento a fatti che attesterebbero una documentata grave inimicizia nonché l’esistenza di una lite pendente, la ricorrente ha proposto istanza di ricusazione della predetta componente nonché del presidente e di altro membro dell’organo, in quanto anch’essi coinvolti nella suddetta vicenda.

Evidenzia che nella suddetta istanza "ha dichiarato e documentato l’esistenza, da molti anni, di una "gravissima inimicizià (cfr., sul punto le seguenti dichiarazioni allegata al presente atto, che attestano la predetta grave inimicizia, sul piano privato e professionale…) da costei manifestata in vari contesti e segmenti sociali, scientifici ed accademici", atteggiamento che aveva "iniziato a manifestarsi in modo inequivocabile da quando l’attuale ricorrente aveva presentato formalmente la domanda di partecipazione al concorso di prima fascia della disciplina de Diritto della Navigazione di cui al bando del 30.03.1999… alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cassino, al quale era stata indotta a rinunciare (cfr. dichiarazioni…); nel predetto concorso la ricusata era membro interno, nominato preventivamente dall’Università".

Prosegue che "siffatta precedente inimicizia aveva così determinato… un assoluto ed immodificabile giudizio negativo nei confronti della candidatura della ricorrente a tutti i concorsi di Diritto della navigazione, determinando un irremovibile sbarramento nei confronti della ricusante".

La ricorrente aveva infatti notificato all’Università di Cassino un atto di diffida in cui metteva in discussione l’imparzialità della predetta componente, segnalando come la stessa ed "altri capicorrenti della materia, commissari del predetto concorso, avessero partecipato ad una riunione a Bologna, presso la Facoltà di Giurisprudenza… nel settembre 2000, prima delle votazioni di ottobre 2000 indetta per la costituzione delle commissioni dei concorsi di Forlì e Ravenna banditi dall’Università di Bologna, e di quello di Sassari, come era stato riferito alla ricorrente dall’amico Generale della Legione dei Carabinieri dell’Emilia Romagna… che aveva accompagnato" la controinteressata al predetto incontro.

Il Rettore dell’Università di Cassino aveva quindi trasmesso la segnalazione alla locale Procura della Repubblica e, come la ricorrente precisa nell’atto di ricusazione, "il procedimento avviato si è concluso con l’archiviazione non ritenendosi sufficienti gli elementi probatori raccolti e ritenendosi competente per le censure rilevate la giurisdizione amministrativa". La ricusante specificava ulteriormente che con atto di citazione notificato nel marzo 2001, la stessa aveva convenuto in giudizio la controinteressata ed altro membro di quella commissione per chiedere loro i danni in quanto responsabili del ritiro della sua domanda di partecipazione al concorso predetto. Tale giudizio non aveva tuttavia alcun esito, visto che -a seguito di Cass., SS.UU ord. 26 maggio 2004 n. 101809 con cui si stabiliva la giurisdizione del giudice amministrativo- lo stesso non veniva riassunto. Aggiunge, a dimostrazione dell’esistenza di un "accordo spartitorio", che gli esiti dei concorsi di Cassino, Sassari, Forlì e Ravenna erano talmente prevedibili che nel novembre e dicembre 2000 depositò presso studio notarile due buste sigillate indicando i nomi dei relativi vincitori.

Espone quindi che nel 20012002 la ricorrente era candidata nel concorso per la copertura di posti in prima fascia presso l’Università di Cagliari, ed ancora una volta la controinteressata era componente della commissione, per cui fu presentata istanza di ricusazione che veniva tuttavia rigettata. La ricorrente venne quindi esclusa dal procedimento e l’atto è stato impugnato davanti al TAR Sardegna.

Sul presupposto che le circostanze descritte denotassero una tipica causa di doverosa astensione, la ricorrente aveva quindi presentato all’amministrazione resistente l’istanza da cui è scaturito il provvedimento impugnato.

Di tale atto è chiesto l’annullamento deducendo una pluralità di violazioni di legge, nonché dell’art.111 Cost. e art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo. I fatti esposti avrebbero evidenziato in maniera incontrovertibile che l’imparzialità della controinteressata era gravemente compromessa e che, nella descritta situazione, la ricorrente non potrebbe aspirare ad un giudizio sereno. Precisa che la grave inimicizia manifestatasi in occasione dei suddetti concorsi è sorta nell’ambito dei rapporti privati iniziati all’inizio degli anni "90, allorché le due erano amiche di famiglia ed il padre della ricorrente, all’epoca ordinario di Diritto della navigazione presso l’Università di Trieste, si era adoperato in favore della controinteressata "attraverso una serie di laboriose impugnazioni, in qualità di Presidente di commissioni universitarie" riuscendo "a salvaguardarle la sospirata "idoneità" a professore ordinario… dopo una serie di esperienze frustranti che la stessa aveva avuto, in quanto non sostenuta né dal suo Maestro… né dagli altri esponenti della scuola romana… né da quella messinese…". Viene evidenziato che tali rapporti si incrinarono già a partire dal "93’94, allorché la controinteressata, diventata professore ordinario, a causa di divergenti "visuali scientifiche ed accademiche", entrò in conflitto con il padre della ricorrente e quindi con la di lui famiglia. Nel frattempo (1992) la ricorrente si era trasferita a Roma ed aveva avviato una frequentazione assidua con la famiglia della controinteressata ("cene e frequentissimi ricevimenti degli amici romani"), che tuttavia si interruppe a causa dell’ostilità della controinteressata che "aveva infondatamente interpretato come un’intesa sentimentale il rapporto di pura amicizia e di familiarità della ricorrente con il marito della ricusata…", atteggiamento che ebbe a manifestarsi dapprima nell’ambito dei comuni ambienti sociali e professionali (allega allo scopo dichiarazione in cui si evidenzia come nel 1998, nell’ambito di un pranzo successivo ad un convegno, la controinteressata ebbe ad esprimere, in assenza della ricorrente, "alcune critiche sgradevoli" nei confronti della medesima, manifestando un "atteggiamento di forte ed ingiustificata ostilità ed animosità… criticandola acremente sia sul piano personale, sia su quello professionale…") e poi anche nell’ambiente accademicouniversitario, con l’esercizio della sua influenza in danno della ricorrente.

Tale situazione di conclamata inimicizia, peraltro nota in tutto "l’ambito istituzionale marittimo", non sarebbe contraddetta da successive occasioni di incontro tra le parti, come invece messo in rilievo nel provvedimento richiamando allegazioni della controinteressata, trattandosi di eventi in cui la presenza della ricorrente avveniva indipendentemente dai suoi rapporti con la predetta.

Il provvedimento sarebbe comunque carente di adeguata motivazione, non dando lo stesso conto delle dichiarazioni allegate in grado di dimostrare come la rinuncia a partecipare al concorso di Cassino fosse stata una conseguenza del "giudizio negativo -incondizionato ed assoluto- all’accesso della ricorrente al personale docente di diritto della navigazione" e delle ripetute pressioni in tal senso esercitate da parte della controinteressata e di altro commissario che avevano ventilato che la sua partecipazione avrebbe comportato "giudizi pessimi dai commissari della procedura di Cassino, tali da ledere la futura partecipazione a futuri concorsi" (dichiarazione di cui al doc. 8 di parte ricorrente).

Con il secondo motivo si deduce che la pendenza del giudizio davanti al TAR Sardegna, in cui la commissaria ricusata è parte, di per sé integra il dovere di astensione per l’esistenza di una lite pendente tra le parti.

I numerosi fatti addotti, e le stesse "animosissime deduzioni della ricusata rilasciate all’Università di Teramo… all’evidenza dimostrano un insuperabile conflitto di interessi preclusivo, in capo al soggettocommissario ricusato, dei necessari requisiti di serenità, imparzialità e terzietà", sarebbero tali da rendere necessaria la sua sostituzione in applicazione dei principi costituzionali e della convenzione europea delle libertà fondamentali sul giusto processo, anche "per aver già conosciuto come giudice l’oggetto del procedimento… e per avere già espresso in varie sedi il proprio convincimento negativo nei confronti della persona e della candidata".

2. Si costituivano in giudizio l’Università resistente e la controinteressata che concludevano per il rigetto del ricorso.

3. Con motivi aggiunti era quindi impugnato il provvedimento con cui l’Università riteneva tardiva, e comunque priva di elementi di novità, una nuova istanza di ricusazione supportata da una serie di dichiarazioni provenienti da soggetti interni al comune ambiente delle interessate, che si assume attestanti la predetta situazione di grave inimicizia.

Con memorie e successive repliche le parti illustravano ulteriormente le rispettive conclusioni.

4. Nella prima istanza di ricusazione e successive integrazioni, oggetto del rigetto impugnato con il ricorso introduttivo, la ricorrente sviluppa una serie di argomenti incentrati essenzialmente sulle sue pregresse esperienze relative ai concorsi banditi dalle università di Cassino e poi di Cagliari, da cui viene desunta la presenza di "una gravissima inimicizia" tra la candidata e la componente la commissione esaminatrice. Tale atteggiamento avrebbe cominciato a manifestarsi proprio nel 1999, allorché -sostiene- fu indotta a ritirare la sua domanda di partecipazione al concorso di Cassino su pressione di taluni membri, tra cui la controinteressata, della suddetta commissione. Tra tali soggetti vi sarebbe stato un accordo ad excludendum in suo danno scaturito da un incontro tenutosi presso la Facoltà di Giurisprudenza di Bologna, in cui tre membri della commissione di Cassino ed "un autorevole referente esponenziale" della predetta facoltà avrebbero tenuto "una vera e propria seduta collegiale articolata… per decidere non solo quelli che debbono essere i vincitori del concorso della procedura di Cassino, ma soprattutto per decidere quelli che dovranno, fra i vincitori di Cassino, entrare premialmente a far parte delle due procedure di seconda fascia (conservando gli stessi simile qualifica), in vista delle votazioni dell’ottobre successivo (BolognaRavenna, BolognaForlì); per decidere le modalità di partecipazione e la presenza di tutti e quattro i docenti non solo nelle procedure di seconda fascia (Ravenna e Forlì), ma anche in quella di Sassari: l’impegno dei quattro presenti alla seduta fu quello di dislocarsi "strategicamente" tutti e variamente, sempre con precostituzione compositiva maggioritaria nelle tre procedure indicate, in modo da assicurarsi il pieno e satisfattivo risultato finale", precisando che "i tre vincitori della procedura di Cassino, già presenti (due) per altra qualifica -quella di professori associati- nelle commissioni di Ravenna e Forlì, potranno subito votare e dicembre insieme al ceto egemone insediatosi nella riunione settembrina di Bologna, determinando così, in via previa, le sorti della procedura di prima fascia a Cagliari e quella di seconda fascia di Modena, con intero appannaggio premiale" (pag. 5 dell’atto "di diffida e responsabilità" diretto al Rettore dell’Università di Cassino ed al presidente della commissione di quel concorso per chiederne la sospensione, a cui fa riferimento l’istanza di ricusazione in questione). In tale atto la ricorrente metteva dunque in risalto "un’operazione accademica spartitoria di posti" ed "un’annessione programmata di candidati propri" (ivi, pag. 6) a cui la controinteressata avrebbe partecipato.

Di quanto denunciato nel suddetto atto di diffida veniva informata la Procura della Repubblica di Cassino, che avviava le relative indagini tuttavia conclusasi con la richiesta di archiviazione, poi disposta dal GIP. L’azione civile avviata dalla ricorrente, fondata su analoghi presupposti, non aveva d’altra parte seguito dopo che le SS.UU. della Cassazione avevano stabilito la giurisdizione del giudice amministrativo a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta nei confronti del presidente della commissione e dell’attuale controinteressata.

La vicenda di Cassino veniva a costituire la base dell’istanza di ricusazione proposta nei confronti dell’attuale controinteressata in relazione al concorso di Cagliari, aspetti poi ribaditi nel ricorso proposto al TAR Sardegna nei confronti del provvedimento di approvazione degli atti concorsuali e degli atti presupposti, in particolare di quello con cui era stata respinta la predetta istanza, tuttavia definito con una sentenza in rito successivamente all’introduzione del presente giudizio (con sentenza n. 154 del 2011 tale ricorso è stato infatti dichiarato inammissibile sul presupposto che l’impugnazione del provvedimento rettorale che rigettava l’istanza di ricusazione era stato proposta oltre il termine decadenziale di 60 giorni dalla sua conoscenza).

5. Ciò che va subito evidenziato è che nell’istanza di ricusazione la "gravissima inimicizia" è interamente desunta dallo svolgersi di tali vicende accademiche, mentre le questioni attinenti ai rapporti personali, ampiamente esposte in ricorso e riassunte in narrativa, non hanno potuto fare ingresso nel procedimento per non essere state in alcun modo puntualizzate nella predetta istanza. Le stesse risultano infatti introdotte solo con il ricorso ed hanno poi costituito la base della seconda istanza di cui ai motivi aggiunti.

Alla luce di quanto sopra, il collegio deve intanto ritenere irrilevanti tutte le questioni sollevate in ricorso che muovono dall’esistenza di tale conflittualità personale, in quanto non hanno fatto parte degli elementi posti a sostegno della istanza di ricusazione e su cui l’amministrazione non ha avuto pertanto modo di pronunciarsi. Solo nel ricorso, infatti, la ricorrente ha allegato le vicende personali (producendo una serie di dichiarazioni che attesterebbero la situazione), risalenti ai primi anni "90 e quindi preesistenti alle circostanze relative ai concorsi di Cassino e Cagliari, che avrebbero segnato il capovolgimento dei rapporti, fino ad allora amichevoli, tra le due. Ma mentre la diffida di Cassino, l’istanza di ricusazione di Cagliari e quella che ha occasionato il provvedimento in esame muovono da una sorta di indiretta preclusione nei confronti della ricorrente in quanto determinata non tanto da rancore personale quanto da assunte esigenze spartitorie del "ceto egemone", nel ricorso in esame tale aspetto diventa, invece, la manifestazione sul piano accademico di una situazione di grave inimicizia che era già insorta nell’ambito dei rapporti privati fin all’inizio degli anni "90 (pag. 9 del ricorso).

Tuttavia, tali aspetti personali nell’istanza di ricusazione non sono allegati a fondamento della richiesta, essendo gli stessi unicamente accennati solo in un documento allegato contenente la trascrizione testuale di quanto riferito dal Prof. Avv. On. E. S. nell’ambito delle informazioni assunte dal P.M. di Cassino il 6 maggio 2002. Dopo avere riportato il contenuto di un colloquio con la controinteressata svoltosi nel suo ufficio di Presidente della Commissione trasporti della Camera, il suddetto riferisce le perplessità di quest’ultima circa la partecipazione della ricorrente al concorso di Cassino, "valutandola immatura per esperienza didattica", ulteriormente precisando di aver potuto constatare che i rapporti tra gli interessati (Q. padre e figlia e la T.B. dall’altro), una volta amichevoli, "sono molto peggiorati e vi è oggi un clima di evidente conflitto anche personale" e riferendo che la controinteressata "di recente", mostrandogli l’atto di citazione che instaurava il giudizio civile davanti al Tribunale di Cassino in cui lo stesso era indicato come teste, "si è molto lamentata del comportamento a suo avviso ostile" della ricorrente. Nell’istanza di ricusazione la ricorrente tuttavia non sviluppa, portando a sostegno tale dichiarazione, alcuna deduzione fondata sulla tesi della grave inimicizia di carattere personale, autonoma e preesistente allo svolgimento dei suddetti concorsi, essendo invece la richiesta esplicitamente argomentata sulle già narrate vicende dei concorsi di Cassino e Cagliari.

Per cui il collegio non può prendere in considerazione fatti diversi da quelli esplicitamente allegati all’istanza, posto che solo sui medesimi si è potuta determinare la volontà provvedimentale dell’amministrazione.

6. Riguardo ai fatti allegati, va rilevato come "l’accordo tra le varie scuole", e conseguente conventio ad excludendum della ricorrente, non siano supportati da alcun tipo di riscontro. E’ d’altronde estraneo al contenuto dell’istanza il riferimento, pur articolato in ricorso, ai nominativi dei vincitori dei vari concorsi inseriti in buste preventivamente depositate presso notai, mentre rimane ignoto il contenuto della riunione di Bologna, su cui era essenzialmente incentrato l’atto di diffida diretto al Rettore di Cassino in quanto dimostrativo del denunciato patto spartitorio tra le varie "correnti" accademiche.

L’assunzione da parte della Procura di Cassino delle informazioni del Gen. O. F., che aveva accompagnato la controinteressata dalla stazione di Bologna alla Facoltà, non ha infatti fornito alcun conforto alla tesi esposta in ricorso, essendo solo emerso che la suddetta aveva parlato solo in termini generici della ragione del suo viaggio a Bologna, e cioè per incontrare il preside di Facoltà e con lui "individuare comuni strategie didattiche"(espressioni non testuali ma frutto del "personale lessico" del dichiarante), ed un membro della commissione di Cassino per "trattare aspetti relativi ai concorsi". Come si vede, si tratta di espressioni che non chiariscono molto, negando esplicitamente il dichiarante di avere mai avuto conoscenza di più specifici contenuti di tali incontri ed escludendo che in sua presenza i suddetti avessero trattato di "accordi spartitori". Afferma ulteriormente, non dando così alcun supporto alla tesi ricorrente del coinvolgimento nell’incontro di un più ampio numero di soggetti, che, alle richieste rivoltegli "in modo stringente" dalla ricorrente medesima per avere conferma della presenza di ulteriori professori, le avesse chiarito che nel breve tempo della sua presenza la controinteressata si era incontrata solo con i due sunnominati e non con altri.

Né sono indicati nell’istanza ulteriori particolari sulle pressioni che sarebbero state esercitate in suo danno per indurla a ritirare la domanda di partecipazione dal concorso di Cassino, circostanza, questa, che risulta esplicitata per la prima volta nell’atto di citazione davanti al Tribunale di Cassino.

In altri termini, la ricorrente non solo non indica nella sua istanza "fatti e circostanze concrete che rivelino l’esistenza di ragioni di rancore e di avversione" (Cons. St., sez. IV, 25 ottobre 2006, n. 6370), ma fonda la sua intera ricostruzione su fatti illeciti, attribuiti -più che ad un particolare soggetto- ad una "corrente accademica" (il suddetto "accordo ad excludendum" e la sua successiva "attuazione" nelle varie procedure richiamate; la "persuasione" esercitata dai commissari di Cassino a ritirare la domanda di partecipazione onde evitare non meritati "pesanti giudizi di disvalore… che sicuramente sarebbero stati (altrimenti) formulati dalla Commissione": pag. 5 del ricorso al TAR Sardegna), che tuttavia non hanno trovato alcuna dimostrazione (non potendosi considerare tale, visto che la controinteressata non ne è direttamente coinvolta, quanto emerge dalle dichiarazioni rese ex art. 391bis c.p.p. dalla dott.ssa F.T. -che riferisce di "una voce corrente nell’ambiente universitario che si sarebbe da tempo instaurato nella disciplina del diritto della navigazione un sistema centralizzato, su scala nazionale, di spartizione delle cattedre universitarie che prescinde, nelle assegnazioni, del merito scientifico dei concorrenti"- e dalla dott.ssa Barbara Frassini -che si dice a conoscenza delle "vicende patologiche che hanno contrassegnato le suddette procedure, che hanno permesso di diventare idonei soltanto a quei candidati collegati con determinati centri di comando", mentre entrambe dichiarano di avere assistito alla telefonata con cui il presidente della commissione di Cassino cercava di convincere il prof. Q. ad indurre la figlia a rinunciare al suddetto concorso).

Le argomentazioni addotte a sostegno dell’istanza di ricusazione si rivelano quindi generiche e prive di sostegno allorché attribuiscono fatti specifici e comunque delineano un quadro da cui è estraneo il riferimento ad un rapporto di personale inimicizia con la controinteressata, fino ad allora comunque accomunata dalla ricorrente in pratiche illecite con altri soggetti

Gli unici fatti accertati è che da tali vicende sono nati una serie di giudizi in cui la controinteressata compariva come parte (convenuta nel giudizio civile; controinteressata nell’impugnazione davanti al TAR Sardegna del rigetto della sua domanda di ricusazione; sottoposta alle indagini preliminari dal PM di Cassino), di per sé del tutto inidonei a manifestare la lamentata gravissima inimicizia.

Come rilevato nel provvedimento impugnato, l’"inimicizia grave" ricorre soltanto quando sia dettata da motivi di interesse personale, estranei all’esercizio della funzione e non quando venga ad essere unilateralmente instaurata attraverso la proposizione di azioni civili, denunce penali o querele che siano legate all’esercizio della funzione (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 19 maggio 2010, n. 7147). L’ipotesi della "grave inimicizia" non è in particolare integrata dalla contrapposizione riconducibile alla qualità di parti nell’ambito di un processo amministrativo, quale quello all’epoca pendente presso il TAR Sardegna ed incentrato sul rigetto di un’istanza di ricusazione fondata su circostanze analoghe a quelle rappresentate all’Università di Teramo: per essere rilevante tale situazione "avrebbe dovuto preesistere, normalmente, allo svolgimento dell’attività valutativodecisionale, cioè configurarsi come autonomamente insorta da rapporti interpersonali legati a vicende della vita estranee alle funzioni esercitate dai decidenti; ciò in ragione della ratio del concetto giuridico in questione individuata dalla tradizione giurisprudenziale, al fine di escludere il ricorso alla ricusazione in caso di mera divergenza tra le aspettative e le interpretazioni di merito degli oggetti del giudizio proprie del soggetto sottoposto all’attività decisionale stessa e quanto espresso od esprimibile dal decidente stesso" (Cons. St., sez. VI, 4 aprile 2008, n. 1442), mentre va d’altra parte escluso che la conoscenza personale o la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato, implicanti le conseguenti manifestazioni di giudizio, possano essere idonee ad integrare gli estremi delle cause di incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la volontaria astensione di cui al capoverso di cui all’art. 51 c.p.c. (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 6 dicembre 2010, n. 35389).

Più in particolare "l’istanza di ricusazione di un componente della commissione di concorso deve essere necessariamente fondata su obiettive circostanze di conflittualità con il candidato istante, cui incombe l’onere di provare l’esistenza di comportamenti inequivoci e palesi di ostilità preconcetta del docente e non è desumibile, invece, da meri apprezzamenti soggettivi, vissuti a livello di percezione unilaterale. In particolare, l’inimicizia grave, per essere rilevante ai fini della ricusazione di un membro della commissione giudicatrice, ai sensi dell’art. 51 comma 1, c.p.c., deve essere reciproca, trovare fondamento esclusivamente in pregressi rapporti personali, derivanti da vicende estranee allo svolgimento delle funzioni per cui è controversia, ed estrinsecarsi in dati di fatto concreti, precisi e documentati" (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 16 gennaio 2008, n. 224).

Non è indicativa in questo senso nemmeno la dichiarazione dell’on. E.S. sopra citata, visto che il "clima di evidente conflitto anche personale" tra le parti è posto in connessione con il giudizio allora pendente davanti al Tribunale di Cassino, il cui atto introduttivo la controinteressata mostrava al predetto lamentandosi "del comportamento a suo avviso ostile della dott.ssa Q.", aggiungendo che la stessa, "anche a seguito delle iniziative adottate in sede penale, civile ed amministrativa soffre certamente una oggettiva condizione di emarginazione accademica", affermazioni da cui non emerge il carattere bilaterale del conflitto, comunque messo in relazione con le suddette iniziative giudiziarie. Nel chiedere l’archiviazione, il PM di Cassino d’altra parte rileva come tale dichiarazione "non ha fornito elementi idonei a supportare" l’ipotesi della "inimicizia asseritamente manifestata dalla prof.ssa Bulgherini nei confronti della denunciante", avendo il teste riferito che la stessa"si limitò ad esporre in sua presenza un parere di natura meramente didattica nei confronti della dott.ssa Q.".

Alla luce di tali considerazioni il provvedimento impugnato si rivela esente dalle censure sollevate, evidenziando lo stesso la genericità delle circostanze addotte, l’assenza di mezzi di prova, l’inidoneità del processo allora in corso (per non essere riferito a rapporti interpersonali legati a vicende di vita estranee alle funzioni commissariali) ad integrare la "causa pendente" di cui all’art. 51 c.p.c. D’altra parte il rigetto della deduzione della ricusante secondo cui "occorre evitare, per il superiore rispetto del principio di legalità, che intorno alla medesima fattispecie questo commissario possa giudicare nuovamente in una vicenda sulla quale abbia già giudicato; questo commissario non potrebbe giudicare ancora senza giudicare se la prima volta abbia, o no, bene giudicato", emerge attraverso il rinvio alle controdeduzioni della ricusata, che aveva ricordato il pacifico orientamento secondo cui le valutazioni operate in precedenti tornate concorsuali non determinano di per sé profili di incompatibilità, anche tenuto conto della fisiologica possibilità di mutamento di giudizio e della circostanza che nelle valutazioni comparative l’esito negativo può dipendere dalla presenza di altri candidati, non potendosi escludere che i titoli acquisiti nel frattempo possano determinare una diversa valutazione.

Le suddette osservazioni conducono quindi al rigetto del ricorso introduttivo.

7. Gli elementi di carattere più strettamente personale, con allegazione delle dichiarazioni che li comproverebbero, sono introdotti con una seconda istanza, dichiarata tardiva con il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti.

La ricusante ha evidenziato che tali nuovi elementi probatori sono stati acquisiti in epoca successiva alla proposizione della prima istanza, ritenendo che alla luce dei medesimi si possa "attribuire nuova pregnanza anche ad elementi che, singolarmente considerati, non sono stati ritenuti probanti… in sede di primo diniego".

La ricorrente censura preliminarmente l’erroneità del provvedimento allorché ha ritenuto l’istanza tardiva in riferimento all’art. 3, comma 16, DPR 117/2000 ("16. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto rettorale di nomina della commissione giudicatrice decorre il termine previsto dall’art. 9 del decretolegge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236, per la presentazione al rettore, da parte dei candidati, di eventuali istanze di ricusazione dei commissari. Decorso tale termine e, comunque, dopo l’insediamento della commissione non sono ammesse istanze di ricusazione dei commissari"), deducendo che unico limite temporale alla proponibilità della nuova istanza sarebbe dato dall’insediamento della commissione, all’epoca non ancora avvenuto.

Il collegio ritiene che la doglianza sia infondata, essendo la norma del tutto chiara nello stabilire l’inammissibilità di istanze di ricusazione presentate una volta "decorso tale termine" (come è pacificamente avvenuto nella fattispecie). Il termine finale non è cioè costituito dalla data di insediamento della commissione, che invece deve ritenersi funga da autonoma causa di sbarramento solo qualora tale evento si sovrapponga alla pendenza del termine previsto dall’art. 9 D.L. 120/1995. Che il termine in questione sia perentorio emerge peraltro chiaramente dalla formulazione della norma (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, 11 marzo 2010, n. 170).

Peraltro la tardività dell’istanza non può essere nemmeno giustificata dalla successiva acquisizione delle dichiarazioni su cui si fonda. Le vicende oggetto delle suddette dichiarazioni risalgono infatti agli anni "90, e sono riferite addirittura come notorie in tutto l’ambiente di riferimento delle interessate, per cui deve ritenersi che le stesse potevano essere dedotte in modo articolato fin dall’originaria istanza e, se ciò non è stato fatto, se ne deve desumere che sia avvenuto per scelta dell’istante, che non può essere rimediata con allegazioni tardive una volta constatato l’esito negativo della domanda. Le suddette dichiarazioni non possono, cioè, qualificarsi come nuove prove, successivamente emerse, dirette alla dimostrazione dei fatti già allegati all’istanza respinta. Si tratta, piuttosto, di prove poste a fondamento di una nuova istanza in cui sono dedotti fatti diversi (essenzialmente attinenti ai rapporti personali tra i due soggetti coinvolti) da quelli su cui si basava l’istanza originaria.

D’altra parte, in presenza di una norma che pone uno sbarramento temporale alla proponibilità dell’istanza di ricusazione, non può ammettersene, in relazione a fatti preesistenti, la possibilità di riproposizione nelle fasi successive del procedimento in omaggio al principio generale di imparzialità dell’organo giudicante. E’ la stessa giurisprudenza ordinaria ad affermare come la mancata proposizione dell’istanza nei termini fissati "preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità" (tra le tante, cfr. Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 2009, n. 12004; sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770, in relazione all’incompatibilità del c.t.u. non fatta valere nei termini di cui all’art. 192 c.p.c.; Cass. pen., sez. VI, 28 aprile 2008, n. 20084, in relazione alla tardività, ex art. 38 c.p.p., dell’istanza presentata all’udienza di rinvio).

Tenuto d’altra parte conto che l’istanza di ricusazione è proponibile nelle sole circostanze in cui l’astensione del giudicante sia obbligatoria ex art. 51, 1° comma, c.p.c., le medesime deduzioni sono suscettibili di essere prese in considerazione dall’interessata ai fini delle proprie valutazioni ai sensi del 2° comma della disposizione in parola.

La declaratoria di inammissibilità dell’istanza, in quanto prodotta oltre i termini di legge, è pertanto legittima, il che conduce al rigetto del ricorso con dichiarazione di improcedibilità del terzo motivo, essendo la motivazione appena esaminata in grado di sostenere autonomamente il provvedimento pur laddove fosse ritenuto illegittimo l’ulteriore motivazione secondo cui l’istanza non indicherebbe fatti nuovi rispetto a quelli già allegati.

8. Il ricorso ed i successivi motivi aggiunti devono essere quindi rigettati.

Le peculiarità della vicenda induce all’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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