Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-10-2011, n. 20817 Esercizio delle servitù

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

utti gli intimati ed ad esclusione di A.L.; rigetto del ricorso per A.L..
Svolgimento del processo

L.L., nella qualità di coniuge superstite ed erede di T.V., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli sez. distaccata di Frattamaggiore C.E. ved.

A., A.I., A.L., A. C., A.A., A.F. – quali aventi causa del fu A.G. – nonchè V.F..

L’attore dedusse a sostegno della domanda: 1) che, con istrumento Pelosi 21/7/1998, la propria dante causa T.V. aveva acquistato dalla S.r.l. Novedil l’appezzamento di terreno di are 24,08, in catasto partita 267, fol. 1, part. 13, in (OMISSIS), località (OMISSIS), confinante ad ovest con l’altra parte di fondo, part. 6, già di proprietà di S.A. e da questi venduta, in virtù di istrumento Gisolfi del 18/6/1979, a D.S. E. e, per successive alienazioni, pervenuta ai predetti convenuti A. – V.; 2) che, in virtù del detto istrumento Gisolfi la part. 13 così acquistata dalla T. era munita di servitù di passaggio pedestre e carraio costituita dal S. a carico del limitrofo fondo di cui alla part. 6; che i convenuti impedivano l’esercizio della servitù predetta.

Pertanto, l’istante chiedeva l’accertamento del diritto di servitù e la condanna dei convenuti a non impedirne e turbarne l’esercizio.

Si costituivano i convenuti, ad eccezione di A.I., nei confronti della quale non si perfezionata la notificazione dell’atto di citazione; contestavano la domanda, chiedendone il rigetto anche sul rilievo che in ogni caso la servitù de qua si sarebbe estinta per non uso; in via riconvenzionale, chiedevano la condanna dell’attore al risarcimento dei danni provocati dall’abusiva pratica del passaggio.

Procedutosi alla chiamata in causa, ex art. 107 cod. proc. civ., di A.I., era dal Giudice accolta la richiesta di reintegrazione del possesso formulata in corso di causa dall’attore che aveva lamentato lo spoglio compiuto (dai convenuti che con rete metallica avevano chiuso la stradina di accesso al fondo dominante oggetto della servitù.

Successivamente l’attore conveniva in giudizio i convenuti per sentirli condannare la risarcimento dei danni conseguenti all’avvenuto spoglio.

Con sentenza del 25 gennaio 2003 il Tribunale rigettava tutte le domande proposte con il primo giudizio, compensando le spese.

Con sentenza del 6 agosto 2003 il Tribunale rigettava anche la domanda di danni proposta dall’attore.

Tali decisioni erano impugnate dall’attore e i relativi giudizi, in un primo momento riuniti, erano poi decisi separatamente con distinte sentenze.

Con sentenza del 25 novembre 2005 la Corte di appello di Napoli, in riforma della decisione del 25 gennaio 2003, accoglieva la domanda di confessoria servitutis e di reintegrazione del possesso proposta dall’attore.

Nel riconoscere la esistenza della servitù, i Giudici ritenevano che la stessa era stata costituita con l’atto del 18-6-1979 con cui l’originario proprietario dei fondi di cui alle partt. 13 e 6 – S.A. – nell’alienare la part. 6 a D.S.E. – aveva costituito a favore della part. 13 la servitù di passaggio gravante sul fondo di cui alla part. 6: l’atto pubblico era trascritto e l’imposizione del peso prediale era riportato nella nota di trascrizione anche del successivo strumento con cui D.S. E. aveva poi venduto la particella 6.

Pertanto, la servitù era opponibile ai successivi acquirenti, essendo irrilevante la mancata menzione di essa nell’ultimo atto di trasferimento a favore dei convenuti.

Veniva esclusa l’estinzione per non uso della servitù, avendo i Giudici ritenuto provato l’esercizio del passaggio e l’assenza di impedimenti prolungatisi per il tempo utile alla prescrizione 2. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione C. E. ved. A., A.L., A.C., A.A., A.F. nonchè V.F. sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso l’intimato che ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione

Preliminarmente vanno disattese le eccezioni con cui l’intimato ha dedotto l’inammissibilità del ricorso e il passaggio in giudicato della sentenza impugnata anche per decorso del termine breve di cui all’art. 327 cod. proc. civ. atteso che:

a) il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicchè risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà riferibili al giudizio di merito ai quali si fa riferimento; b) la sentenza è stata effettivamente notificata all’avv. Gaetano Pastena il quale, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, era il procuratore costituito di C.E. ved. A., A.C., A.A., A.F. nonchè V.F. ma non pure dell’altro ricorrente A.L., il quale era difeso dall’avv. Luigi Russo Spena; pertanto, tenuto conto del litisconsorzio necessario esistente fra gli attuali ricorrenti, il ricorso – proposto da A.L., unitamente agli altri ricorrenti- nel termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza ne ha impedito il passaggio in decisione anche per gli altri, che sono parti necessarie del presente giudizio;

c) qualora la costituzione in giudizio della parte sia avvenuta con il conferimento, in via disgiuntiva (che si presume in assenza di espressa contraria previsione), del mandato alle liti ad una pluralità di procuratori, tutti nominativamente indicati in calce all’atto di conferimento, la notificazione dell’impugnazione ex art. 330 cod. proc. civ. può essere effettuata ad uno qualunque dei difensori costituiti.

Nella specie, la notificazione dell’impugnazione è stata validamente effettuata agli avv. Vittorio e Giuseppe Brindisi, procuratori del L. costituiti nel giudizio di appello, essendo irrilevante l’omessa notificazione nei confronti anche dell’avv. Nicola Brindisi, pure costituito quale procuratore del predetto L..

1.1. Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2643 e 2644 cod. civ., deducono che nei precedenti atti di trasferimento Pelosi e Spena la trascrizione della servitù non era menzionata; che essi ricorrenti non erano a conoscenza dell’esistenza di alcuna limitazione gravante sull’immobile loro pervenuto iure successionis nel 1989; l’assenza di trascrizione nel rogito Lauro del 1979, la mancata costruzione del passaggio e l’assenza di ogni tipo di accesso al fondo dominante avevano comportato l’estinzione per non uso della servitù che l’attore aveva chiesto di attuare con la citazione del 2000. 1.2. Il secondo motivo ribadisce che il preteso diritto non era stato mai esercitato per l’assenza di un percorso ma era stato preteso dal solo L. successivamente alla costruzione della stradetta privata verso gli anni 1998-99 senza partecipazione dell’attore alle spese.

1.3. Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione della normativa sulla prescrizione in relazione all’art. 2643 cod. civ. e art. 360, nn. 3 e 5), deduce che la sentenza era pervenuta alla riforma della decisione di primo grado attraverso una lettura frettolosa e parziale della emergenze processuali: "la prova orale, ad oggetto inesistenza materiale del passaggio, per non essere stato mai aperto, creato o praticato, viene qui ribadita ex novo per la sua ammissione, non avendo considerato che la prescrizione del diritto per non uso , se oggetto di eccezioni in senso proprio, doveva portare soddisfazione a chi intendeva avvalersene, cioè ai deducenti". 2. I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

Al riguardo, va ricordato che in virtù del c.d. principio di ambulatorietà delle servitù, l’alienazione del fondo dominante comporta anche il trasferimento delle servitù attive e di quelle passive ad esso inerenti, anche se nulla venga al riguardo stabilito nell’atto di acquisto, qualora sia stato trascritto il titoLo originario di costituzione della servitù: in tal caso il proprietario del fondo servente riceve l’immobile con il peso di cui è gravato, atteso che la menzione della servitù nel titolo è necessaria per renderla opponobile ai successivi acquirenti soltanto quando non sia stato trascritto nell’atto costitutivo della servitù.

Nella specie l’atto del 18-6-1979 con cui l’originario proprietario dei fondi di cui alle partt. 13 e 6, S.A., nell’alienare la part. 6 a D.S.E. aveva costituito a favore della part. 13 la servitù di passaggio gravante sul fondo di cui alla part. 6, era trascritto e l’imposizione del peso prediale era riportata nella nota di trascrizione anche del successivo strumento con cui D.S.E. aveva poi venduto la particella 6.

Ne consegue che, essendo stato trascritto il titolo costitutivo, la servitù costituita a favore del fondo acquistato dal T. era opponibile ai successivi acquirenti del fondo servente nonostante che nei precedenti atti di trasferimento non fosse menzionato nè fosse menzionata la trascrizione del titolo di acquisto: la mancata conoscenza di fatto da parte dei convenuti è circostanza del tutto irrilevante, attesa la funzione di pubblicità della trascrizione nei registri immobiliari attraverso la cui consultazione i terzi sono in grado di conoscere fra l’altro la esistenza di pesi gravanti sul fondo.

Per quel che concerne la prescrizione per non uso, il motivo non formula specifiche censure alle argomentazioni con cui i Giudici hanno escluso il mancato esercizio del passaggio, facendo riferimento sia alle risultanze del titolo di acquisto sia alla possibilità di esercizio da parte dei precedenti titolari sia all’assenza di impedimenti prolungatisi per periodo utile alla la prescrizione: le doglianze non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici, sollecitando il riesame delle circostanze che sarebbero emerse nel corso del processo. Qui occorre ricordare che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto).

In relazione alla mancata ammissione delle prove, il motivo difetta di autosufficienza non avendo i ricorrenti ottemperato all’onere di trascrivere il testo integrale delle circostanze capitolate in modo da consentire alla Corte di verificarne l’ammissibilità e la decisività.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Liquori delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.800,00 per onorar di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

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