Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-05-2011) 08-06-2011, n. 22777

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- Con sentenza 17.6/10.8.2010 la Corte d’Appello di Potenza confermava la decisione del giudice di primo grado – trib. Di Matera del 14.4.2009 – che condannava per il delitto di ricettazione di un assegno oggetto di furto D.S.A. alla pena di 45 giorni di reclusione ed ad Euro 150 di multa, ponendo a supporto della decisione le dichiarazioni della persona offesa, consegnataria del titolo e sottolineando l’attendibilità dello stesso per personalità, condotta e per i suoi rapporti "neutri" con l’imputato.

Ricorre per Cassazione quest’ultimo deducendo due motivi di ricorso:

insufficienza della motivazione centrata e solo sulle dichiarazioni della persona offesa, da un lato, illegittimità della risoluzione giudiziale di non sostituire la pena detentiva con la già richiesta, equivalente, sostitutiva pena pecuniaria.

2 – Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati e quindi inammissibili.

Quanto al primo, occorre ribadire che in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresentata una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (per tutte, sez. 3, 22.1/25.2.2008, Sensini, rv. 239342). Quanto al secondo, se per chiaro disposto di legge, il divieto di sostituzione della pena detentiva per coloro che sono stati condannati più di due volte per reati della stessa indole opera nel caso in cui nel decennio anteriore alla data di commissione del fatto, in relazione al quale è irrogata la pena da sostituire, siano intervenute almeno due sentenze di condanna per reati della stessa indole, una tale disposizione non è applicabile nel caso concreto proprio perchè il prevenuto ha commesso nell’arco dei dieci anni ben tre delitti di furto, di chiara identità di indole del delitto de quo.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavaliera rv. 21953) – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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