T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 09-06-2011, n. 3051 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Napoli e Provincia ha annullato il provvedimento del comune di Anacapri, n. 13416 del 15 agosto 2008, con il quale era stata autorizzata la realizzazione di una piscina, con corrispondente sistemazione delle aree esterne in un immobile sito alla via La Vigna 32/B di Anacapri.

Avverso il provvedimento gravato ha articolato diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Ministero per i beni culturali e ambientali, costituito in giudizio, ha chiesto la reiezione del gravame.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 18 maggio 2011.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto.

Il provvedimento gravato risulta adottato dalla Soprintendenza in quanto l’atto comunale aveva autorizzato, in zona P.I.R. del P.T.P. dell’isola di Capri, un’opera in contrasto con quanto previsto dall’art. 12.3 del medesimo P.T.P., che legittima i soli interventi volti alla conservazione e al miglioramento del verde, che comportava, altresì, un decremento della aree verdi, pure in contrasto con la richiamata prescrizione di piano.

L’atto rileva, inoltre, come l’opera proposta dal privato risultava inserita in un contesto di precedenti interventi, illegittimamente realizzati in assenza di autorizzazione paesistica

Con un unico, articolato, motivo di doglianza il ricorrente ha lamentato violazione degli artt. 146 e 159 del d.lgs. 42/2004, degli artt. 9 e 12 del P.T.P dell’isola di Capri, degli artt. 3 e 97 della Costituzione, eccesso di potere per difetto di istruttoria, disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa.

Egli ha, in sostanza, rilevato come l’intervento proposto non sia estraneo a quelli consentiti nella zona di protezione integrale ai sensi dell’art. 12.3 (interventi volti alla conservazione e alla ricostituzione del verde secondo l’applicazione di principi fitosociologici che rispettino i processi dinamico evolutivi e della potenzialità della vegetazione dell’area"), tanto più che il medesimo rientra sicuramente tra quelli consentiti in tutte le zone dell’isola di Capri ai sensi dell’art. 9 del P.T.P (manutenzione ordinaria e straordinaria di restauro e risanamento conservativo e di riqualificazione estetica degli immobili e delle aree pertinenziali, anche mediante l’inserimento di elementi architettonici tipici e tradizionale del luogo e che non costituiscono nuove volumetrie").

Sul punto ha richiamato un consistente indirizzo di questa sezione, essenzialmente legato alla qualificazione di interventi similari come insuscettibili di "verticalizzarsi con occlusione ed offesa di visioni prospettiche d’insieme", idonei, inoltre, a realizzare una forma di recupero ambientale.

Deve, per contro, osservarsi come numerose pronunce del Consiglio di Stato, emesse in sede di appello proprio avverso decisioni di questa sezione che avevano sostenuto la ricostruzione proposta in gravame, hanno recentemente chiarito come la realizzazione di piscine non rientri tra gli interventi realizzabili in zone P.I.R. dell’isola di Capri, rilevando come tali costruzioni all’interno di una zona di protezione integrale alterino, per effetto dello scavo, l’"andamento naturale del terreno".

Le decisioni dell’organo di appello hanno, inoltre, sottolineato come l’inserimento di una piscina debba considerarsi estraneo agli interventi consentiti nella zona di protezione integrale ai sensi dell’art. 12.3, letteralmente limitato alla realizzazione di lavori "volti alla conservazione e alla ricostituzione del verde, secondo l’applicazione di principi fitosociologici che rispettino i processi dinamico evolutivi e della potenzialità della vegetazione dell’area", rilevando come la portata restrittiva della disposizione in esame circoscriva, nell’area di riferimento, la portata dell’invocato art. 9 del P.T.P.

Quest’ultima norma, a sua volta, va interpretata alla luce del contenuto delle definizioni da essa richiamate per come specificate nel d.P.R. n. 380/2001, letteralmente evocative di interventi a contenuto "strettamente manutentivo e conservativo del patrimonio edilizio esistente" e tali da escludere "l’asservimento all’edificazione di nuove porzioni del territorio, oltre quelle che sono già state interessate dall’attività costruttiva",

Le pronunce affermano, inoltre, che "la realizzazione di manufatti con scavo nel sottosuolo – indipendentemente dal conteggio del volume agli effetti degli indici di edificabilità secondo la disciplina riconducibile al singolo strumento urbanistico, che qui non rileva – dà luogo ad un nuovo e diverso assetto dei luoghi e determina l’asservimento a diversi utilizzi (quali il deposito, il rimessaggio, le attività di diporto nel caso di piscina), resi possibili dalla nuova costruzione" (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 5 novembre 2010, n. 366 e 19 gennaio 2011, n. 371).

Rilevata la legittimità della parte di motivazione qui esaminata, risulta irrilevante la censura formulata avverso l’ulteriore ordine di argomentazioni utilizzato dalla Soprintendenza (inserimento dell’opera in un contesto di interventi illegittimamente realizzati in assenza di autorizzazione paesistica).

Deve farsi, infatti, applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale ".. in caso di impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative negative fondate su una pluralità di ragioni – ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento) – è sufficiente che una sola resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento resti indenne e il ricorso venga dichiarato infondato (del resto difetterebbe l’interesse alla coltivazione dell’impugnativa avverso l’ulteriore ragione ostativa, il cui esito è assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa)" (cfr., ex multis Consiglio Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 104).

Le spese di lite possono essere compensate in ragione dell’intervenuto mutamento giurisprudenziale.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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