T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 5168 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 3 dicembre 2008, ha deliberato di non nominare magistrato di corte di appello il dott. M.A., attualmente magistrato di tribunale con funzioni di giudice del Tribunale di Palermo, con decorrenza, agli effetti giuridici ed economici, dall’11 ottobre 2006 (per effetto della perdita di anzianità, per aspettativa, di complessivi mesi 3 e giorni 18), ai sensi dell’art. 1 l. 570/1966 e di non riconoscere allo stesso, ad ogni effetto giuridico ed economico, il positivo conseguimento della terza valutazione di professionalità a far data dall’11 ottobre 2005 nonché il conseguimento della seconda valutazione di professionalità a decorrere dal 23 giugno 2001.

Di talché, il dott. Alajmo ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, co. 2, e 3, co. 1, l. 570/1966, della circolare del CSM 22 maggio 1985, n. 1275, e degli artt. 3 e 6 l. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria. Travisamento dei fatti, carenza di motivazione ed illogicità manifesta.

La decisione sarebbe frutto di una preconcetta ostilità nei confronti del ricorrente.

Il "cuore" della decisione sarebbe costituito dal convincimento che la valutazione unanimemente positiva dell’ultimo quinquennio di attività non potrebbe valere a superare la precedente valutazione negativa, ma, in primo luogo, andrebbe considerato che l’equilibrio non è espressamente indicato tra i parametri dei quali il Consiglio giudiziario debba tenere conto nel rendere il proprio parere ai fini della nomina e la Commissione avrebbe sostanzialmente ignorato i parametri espressamente indicati dalla circolare per basare il proprio giudizio negativo sull’unico parametro che, non essendo espressamente indicato, non potrebbe avere rilievo assorbente rispetto a tutti gli altri.

D’altra parte, sia l’art. 1 co. 2, l. 570/1966 sia la circolare del CSM n. 1275/1985 indicherebbero che l’attività da valutare è quella svolta dal magistrato "nell’ultimo quinquennio" e tutti i giudizi negativi riportati dal ricorrente risalirebbero al periodo precedente al suo trasferimento a Palermo e, quindi, a prima del 17 novembre 2003.

In definitiva, il giudizio della Commissione sarebbe basato sull’erronea premessa che una pregressa valutazione negativa di professionalità non possa essere superata nemmeno da un intero successivo quinquennio di valutazione totalmente positivo, anche con riferimento al parametro dell’equilibrio.

La Commissione preposta alla valutazione non avrebbe spiegato, se non attraverso affermazioni apodittiche, per quali ragioni i giudizi positivi dell’organo di autogoverno locale non possano ritenersi prevalenti, ancorché più aggiornati, sugli elementi negativi, più risalenti nel tempo.

Con motivi aggiunti, il ricorrente ha impugnato il conseguente decreto ministeriale del 9 gennaio 2009 deducendo l’illegittimità in via derivata per gli stessi motivi dedotti con il ricorso introduttivo del giudizio.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

Il ricorrente ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica dell’11 maggio 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 3 dicembre 2008, ha deliberato di non nominare magistrato di corte d’appello il dott. M.A., attualmente magistrato di tribunale con funzioni di giudice del Tribunale di Palermo, e di non riconoscere allo stesso, ad ogni effetto giuridico ed economico, il positivo conseguimento della terza valutazione di professionalità a far data dall’11 ottobre 2005 nonché il conseguimento della seconda valutazione di professionalità a decorrere dal 23 giugno 2001.

L’organo di autogoverno ha giudicato non idoneo il ricorrente ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di corte d’appello evidenziando conclusivamente che "la valenza negativa della carenza di equilibrio che ha caratterizzato per un significativo periodo di tempo l’attività del dottor Alajmo non può essere superata tenendo conto del diverso e positivo atteggiamento che ha caratterizzato l’attività svolta dal magistrato dopo il trasferimento presso il Tribunale di Palermo", atteso che "la capacità di esercitare in maniera equilibrata le funzioni giurisdizionali viene… in rilievo soprattutto quando, anche per particolari contingenze, il magistrato si trovi ad operare in situazioni di difficoltà" e " non vi è dubbio che il dottor Alajmo non ha saputo adeguatamente salvaguardare dalle tensioni esistenti nei rapporti con i dirigenti, foro e colleghi l’immagine di magistrato equilibrato e preservare da tali tensioni l’esercizio delle sue funzioni".

Le censure dedotte dal ricorrente non possono essere accolte.

In primo luogo, la tesi secondo cui la decisione sarebbe frutto di una preconcetta ostilità di per sé sola non è evidentemente idonea a dare conto dell’illegittimità dell’azione amministrativa in quanto sfornita di supporto probatorio.

Il punto centrale della controversia, invece, è costituito dal fatto che, secondo la prospettazione del ricorrente, l’equilibrio non sarebbe espressamente indicato tra i parametri dei quali il Consiglio giudiziario debba tenere conto nel rendere il proprio parere ai fini della nomina, mentre la Commissione avrebbe sostanzialmente ignorato i parametri espressamente indicati dalla circolare per basare il proprio giudizio negativo sull’unico parametro che, non essendo espressamente indicato, non potrebbe avere rilievo assorbente rispetto a tutti gli altri. Inoltre, sia l’art. 1 co. 2, l. 570/1966 sia la circolare del CSM n. 1275/1985 indicherebbero che l’attività da valutare è quella svolta dal magistrato "nell’ultimo quinquennio" e tutti i giudizi negativi riportati dal ricorrente risalirebbero al periodo precedente al suo trasferimento a Palermo e, quindi, a prima del 17 novembre 2003. In definitiva, il ricorrente ha sostenuto che il giudizio della Commissione sarebbe basato sull’erronea premessa che una pregressa valutazione negativa di professionalità non possa essere superata nemmeno da un intero successivo quinquennio di valutazione totalmente positivo, anche con riferimento al parametro dell’equilibrio.

Il Collegio, in primo luogo, rileva che l’art. 1, co. 2, l. 570/1996, nello stabilire che il CSM procede alla nomina, previo esame del motivato parere del Consiglio Giudiziario, sulle capacità del magistrato e sull’attività svolta nell’ultimo quinquennio, va interpretato nel senso che l’attività svolta nell’ultimo quinquennio costituisce oggetto del parere reso dal Consiglio Giudiziario, mentre la valutazione dell’organo di autogoverno non può essere temporalmente limitata, sicché l’indicato periodo costituisce dato essenziale, ma non unico, a supporto della valutazione da compiersi.

Ne consegue che, nel caso in cui vengano presi in considerazione elementi ulteriori di valutazione cui si ritenga di attribuire rilevanza preminente in modo da pervenire ad una valutazione di non idoneità difforme dal parere positivo del Consiglio giudiziario, occorre una congrua ed adeguata motivazione con esaustiva esplicazione dell’iter logicoargomentativo sottostante alla decisione adottata (cfr. Cons. St., IV, 27 giugno 1996, n. 810).

D’altra parte, la circolare del CSM n. 20691 dell’8 ottobre 2007, recante nuovi criteri di valutazione di professionalità dei magistrati a seguito della l. 111/2007, ha avuto modo di evidenziare che, "secondo quanto affermato dal giudice amministrativo nonché comunque ricavabile da una interpretazione sistematica della normativa vigente, la globalità del giudizio che deve essere espresso per la progressione in carriera comporta la possibilità di una valutazione autonoma di qualsiasi elemento al quale possa essere riconosciuto valore sintomatico della personalità, della preparazione professionale della laboriosità e dell’equilibrio del magistrato, anche se già assunto a fondamento di un procedimento disciplinare o di trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale e pure nel caso in cui i comportamenti addebitati al magistrato siano insufficienti a giustificare l’applicazione di una sanzione disciplinare o di una delibera di trasferimento per incompatibilità ambientale".

Nel caso di specie, la motivazione è stata formulata con particolare riferimento alla essenziale qualità dell’equilibrio del magistrato ed alle criticità che hanno accompagnato l’esperienza giudiziaria del ricorrente in ben due sedi giudiziarie su tre, e cioè Patti e Messina.

Il CSM, nella articolata motivazione, ha infatti evidenziato come "il magistrato in valutazione ha dato prova di scarso equilibrio", precisando che "le carenze del dottor Alajmo sotto questo profilo sono state in particolare riscontrate per la prima parte del periodo oggetto della valutazione, coincidente con l’esercizio delle funzioni di giudice presso la pretura di Patti e presso il Tribunale di sorveglianza di Messina" e che "il dottor Alajmo è incorso in manchevolezze dovute essenzialmente ad atteggiamenti di intemperanza e di scarsa serenità manifestati nell’esercizio delle sue funzioni, che hanno negativamente condizionato anche i suoi rapporti con i dirigenti e con il foro".

A titolo esemplificativo, il CSM ha richiamato alcuni episodi, già evidenziati nel parere espresso dal Consiglio Giudiziario di Messina il 18 luglio 1996 per la nomina a magistrato di Tribunale, relativi al periodo di permanenza alla Pretura di Patti che, dal giugno 1995 al giugno 1997, ricade in quello oggetto di valutazione.

Ha quindi sostenuto che "a prescindere dal merito delle vicende e dall’esito favorevole al dottor Alajmo del procedimento disciplinare relativo agli addebiti formulati in relazione ai contrasti avuti con il Pretore dirigente di Patti, non vi è dubbio che tali episodi appaiono oggettivamente indicativi del clima di tensione che ha caratterizzato il rapporto del magistrato in valutazione sia con il capo dell’ufficio che con il foro, e che ha negativamente condizionato lo svolgimento delle sue funzioni" e che "in realtà anche il successivo periodo di servizio prestato dal dottor Alajmo presso il Tribunale di Sorveglianza di Messina (giugno 2001 – novembre 2003) è stato caratterizzato da conflitti con il dirigente e con i colleghi".

La sentenza disciplinare del 12 gennaio 2006, che ha irrogato al magistrato la sanzione della censura anche per aver disatteso gli inviti e gli ordini di servizio del dirigente finalizzati a garantire una più razionale organizzazione del lavoro, nel sanzionare tali condotte, ne segnalava la contrarietà alle regole di comportamento che devono caratterizzare il rapporto di servizio del magistrato: "nel caso di specie" – osserva la sentenza – "è dato ravvisare proprio la insussistenza di regole di comportamento ispirate a rapporti di collaborazione e di rispetto delle esigenze organizzative dell’ufficio".

La delibera impugnata ha poi posto in rilievo che "l’oggetto delle contestazioni ricevute in quest’ultimo giudizio disciplinare confermano che – come accaduto nel periodo di permanenza alla Pretura di Patti – le "intemperanzè del dottor Alajmo si manifestavano… in occasione dello svolgimento delle sue funzioni, con gravi ricadute anche sul regolare e corretto svolgimento dell’attività dell’ufficio".

Nel parere positivo espresso il 20 settembre 2007, il Consiglio Giudiziario di Palermo ha precisato che le descritte manchevolezze, dovute anche al temperamento del dott. Alajmo, poi affinatosi nel corso degli anni, e ai problematici rapporti con i precedenti dirigenti degli uffici giudiziari, vanno valutate nel contesto di una particolare difficoltà di rapporti di lavoro, in sedi entrambe disagiate. Lo stesso parere ha riferito che il magistrato ha dato successivamente prove confortanti in relazione alla capacità professionale e preparazione giuridica, oltre che ad una adeguata diligenza e ad una costante laboriosità (parametri sui quali il dirigente del Tribunale di Messina aveva espresso riserve nel rapporto 17 ottobre 2006), profuse nel servizio prestato presso la sezione delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Palermo, con il conseguimento di livelli elevati di professionalità e con una maturazione progressiva della consapevolezza del proprio ruolo. Poiché di quelle mancanze "non v’è più traccia nell’attività svolta dal dott. Alajmo da quando svolge le funzioni di giudice civile al Tribunale di Palermo, addetto alle esecuzioni immobiliari", il Consiglio Giudiziario di Palermo ha concluso esprimendo un parere positivo all’unanimità per tutti i parametri di professionalità previsti dalla legge e dalle circolari consiliari.

Analoghe positive valutazioni sono state espresse dal Consiglio Giudiziario di Messina nel parere parziale del 28 giugno 2007, ritenendo che, a fronte della buona professionalità del dottor Alajmo, gli episodi oggetto di censura disciplinare dovessero considerarsi circoscritti al periodo e al contesto di riferimento.

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha però indicato che "le valutazioni positive compiute dall’organo di autogoverno locale non possono tuttavia ritenersi prevalenti sugli elementi negativi sopra evidenziati" e ciò in quanto "anzitutto tali elementi riguardano il profilo dell’equilibrio, che non può considerarsi alla stregua di un qualsiasi parametro di valutazione della professionalità: come l’imparzialità e l’indipendenza, l’equilibrio costituisce condizione imprescindibile per un corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali". Pertanto, l’organo di autogoverno ha fatto presente che "le carenze riscontrate con riferimento all’equilibrio non si prestano a giudizi di bilanciamento con elementi di segno positivo relativi ad altri parametri, tanto più che le stesse hanno riguardato una pluralità di situazioni differenziate e si sono manifestate in due distinti contesti ambientali".

In particolare, "il dottor Alajmo, come ritenuto anche dal giudice disciplinare nella citata sentenza del 12 gennaio 2006, ha dimostrato rigidità comportamentali e inadeguato spirito di collaborazione che hanno non solo condizionato negativamente i suoi rapporti con i dirigenti, il foro e i colleghi, ma hanno significativamente inciso sullo svolgimento della sua attività, compromettendo anche la sua immagine di magistrato imparziale ed equilibrato".

Nel rapporto del 17 ottobre 2006, n particolare, il dirigente del Tribunale di Messina – richiamando i rilievi formulati nel novembre 2002 a carico del dottor Alajmo, ha segnalato:

l’intolleranza del magistrato ad ottemperare puntualmente agli ordini di servizio, soprattutto quelli concernenti i tempi ed i modi di conoscenza degli atti da sottoporre al suo esame, con conseguenti ritardi nella risposta di giustizia;

la conseguente conflittualità con il personale della cancelleria e segnatamente con il responsabile dell’esecuzione delle misure alternative e del trattamento dei detenuti, scaturita proprio in relazione all’osservanza di detta e più articolata disciplina sulle modalità di trasmissione degli atti da esaminare;

la ostinata violazione dell’invito rivoltogli, prima oralmente, e poi per iscritto, di non fissare il giorno di udienza, che ciascun magistrato di sorveglianza ha facoltà di determinare, almeno una volta al mese, per i procedimenti relativi all’ufficio di Sorveglianza, in prossimità (il giorno prima o il giorno dopo) dell’udienza del Tribunale, già determinata (ogni martedì di ciascuna settimana), secondo la previsione tabellare, carico di lavoro che, in presenza di detta situazione, si viene a determinare;

l’intransigenza a reiterare le violazioni sopra descritte, pur in presenza di note dirette a segnalare le stesse.

L’organo di autogoverno, pertanto, ha ritenuto che "i rilievi del dirigente, come sopra formulati e sostanzialmente accertati in sede disciplinare, appaiono chiaramente descrittivi delle negative ricadute prodotte dall’atteggiamento di scarso equilibrio e serenità del dottor Alajmo sul corretto e regolare svolgimento della sua attività e del servizio svolto dal suo ufficio".

Il Collegio ritiene che le motivazioni del giudizio di non idoneità sono congrue, non manifestamente illogiche e forniscono una esaustiva rappresentazione delle ragioni per cui, nonostante il parere positivo del Consiglio Giudiziario di Palermo, sono stati considerati prevalenti gli elementi meno positivi riscontrati nello svolgimento dell’attività professionale del ricorrente per un significativo arco temporale ed in ben due sedi giudiziarie su tre.

D’altra parte, la circolare del CSM n. 20691 dell’8 ottobre 2007 evidenzia che l’imparzialità, l’indipendenza e l’equilibrio costituiscono il fondamento ed il connotato distintivo dell’attività giurisdizionale e sono condizioni che devono essere necessariamente presenti in ogni magistrato e che, sia pure con riferimento alle valutazioni di professionalità di cui alla l. 111/2007, premessa indispensabile per un giudizio positivo "sarà la positiva valutazione in ordine alle condizioni di indipendenza, inparzialità ed equilibrio".

Di talché, "l’equilibrio", al pari dell’imparzialità e dell’indipendenza, costituisce un requisito immanente ad ogni tipo di valutazione che l’organo di autogoverno è tenuto a svolgere sull’attività professionale svolta dal magistrato.

All’infondatezza delle censure dedotte segue l’infondatezza del ricorso che va di conseguenza respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila,00), sono poste a carico del ricorrente ed a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2.000,00 (duemila,00) in favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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