Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-05-2011) 08-06-2011, n. 22795 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Le difese di B.E. e P.L. propongono ricorso avverso la sentenza del 9/7/2010 della Corte d’appello di Salerno con la quale, confermata la loro responsabilità, è stata ridotta la pena per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, artt. 648 e 697 c.p. loro ascritti.

Con il primo motivo, si lamenta mancata assunzione di una prova decisiva, indicata nella perizia dattiloscopica e tecnica su uno strumento che si assume utilizzato dalla P. per bloccare l’ascensore, al fine di nascondere, nel vano soprastante la cabina, la sostanza stupefacente rinvenuta, evidenziando, quanto alla sua decisività, che un attrezzo identico era a disposizione di tutti i condomini, sicchè il mancato rinvenimento delle impronte dell’imputata, che si assumeva averlo usato, avrebbe escluso la possibilità di ricondurre ai prevenuti la sostanza rinvenuta.

2. Con il secondo motivo si rileva mancanza e contraddittorietà della prova, in quanto emergente da circostanze non univoche, o convergenti. In particolare erano emerse contraddizioni del verbalizzante in ordine all’orario in cui venne svolta la perquisizione; il tenente che aveva dichiarato di aver notato i movimenti dei due imputati nei pressi dell’ascensore aveva riferito di aver tenuto un punto di osservazione non realistico, posto che per accedervi si sarebbe dovuto superare un cancello che risultava sempre chiuso, in forza di quanto riferito dai testi, mentre la Corte aveva superato tale dato di fatto limitandosi apoditticamente ad affermare che il cancello non costituiva un ostacolo che rendeva inaffidabile la ricostruzione offerta. Analogamente la Corte ha ritenuto di superare la documentazione fotografica offerta dalla difesa al fine di dimostrare l’impossibilità di cogliere quanto riferito dai verbalizzanti, richiamandosi alla precisione dei riferimenti di questi, smentiti dalla circostanza che la perquisizione venne iniziata prima in altri alloggi, a dimostrazione della non compiuta percezione dello svolgimento delle operazioni da parte dei due imputati. Inoltre non era stato attribuito rilievo alla circostanza che, dato l’orario in cui si svolgevano le operazioni, altre persone erano state viste in uscita dagli alloggi condominiali e che, come affermato dallo stesso verbalizzante, lo stabile era occupato da altri condomini che si dedicavano all’illecito traffico. La difesa di P. ha inoltre evidenziato che la stessa descrizione del modo in cui la droga era nascosta era stata resa in maniera difforme dai due verbalizzanti.

Anche l’interpretazione della circostanza di fatto della presenza, nei pressi della droga, della copia della carta di identità di una diversa persona, collegata ai prevenuti, era stata illogica, essendo stata interpretata tale azione come callido tentativo di ricondurre alla titolare del documento il possesso della droga, senza valorizzare il motivo della ricostruzione, e soprattutto valutando illogico predisporre tale scusante senza sapere di essere sottoposti a controllo, si da far ritenere, in senso contrario, che il documento fosse stato in realtà rinvenuto nell’abitazione perquisita e collocato nella relazione di servizio al di sopra del vano ascensore solo per effetto della confusione degli agenti nei riportare i fatti a verbale.

Da ultimo nella sentenza non era stato dato conto della pur documentata limitazione nella deambulazione che affliggeva B., circostanza che rendeva impossibile l’azione, riferita dagli agenti, del suo rapido darsi alla fuga.

3. Si sollecita pertanto l’annullamento della sentenza, con assoluzione degli imputati ex art. 530 c.p.p..
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili. Tale è la lamentata omessa acquisizione della prova poichè la perizia costituisce un mezzo tecnico di interpretazione della prova, sicchè la fisiologica incertezza del suo esito esclude che possa esserle attribuito, sul piano concettuale, la qualità di prova decisiva, essenziale per ritenere il vizio eccepito con il primo motivo di ricorso (Sez. 4, Sentenza n. 14130 del 22/01/2007, dep. 05/04/2007, imp. Pastorelli, Rv. 236191).

2. Inammissibile è altresì il motivo fondato sui vizi della motivazione, poichè mentre da un canto la sentenza diffusamente argomenta riguardo le varie risultanze che permettono di ricondurre l’illecito all’azione dei prevenuti, le difese ricorrenti si limitano a riproporre circostanze di fatto, che si assumono emergenti dagli atti ed in contrasto con la decisione presa, allegando ricostruzioni ipotetiche, quale la confusione dei verbalizzanti circa la classificazione dei beni rinvenuti, o altre ricostruzioni alternative al fine di ricondurre la detenzione della droga ad altri condomini, e, senza confrontarsi con la compiuta motivazione, offrono solo una chiave di lettura alternativa ed ipotetica, di fatto sollecitando un nuovo giudizio di merito, inammissibile in ragione della precisa delimitazione dell’oggetto del giudizio di legittimità, per di più ignorando il dato di fatto dell’avvistamento diretto da parte dei verbalizzanti dei due imputati all’azione, avvalorato dal rinvenimento del nascondiglio, semplicemente ripetendo le operazioni già realizzate e monitorate, e della presenza in tale luogo difficilmente accessibile di beni, quali la copia del documento di un’amica, che lo stesso B. ha ammesso essere nella sua disponibilità. In particolare, il provvedimento impugnato sottolinea l’irrilevanza delle pretese contraddizioni emergenti dalla deposizione del verbalizzante S., che secondo la difesa avrebbe avuto un angolo di osservazione non idoneo, a scalfire la portata del quadro di accusa, essendo le ricostruzioni da questi offerte del tutto in linea con quanto dedotto dall’altro verbalizzante presente e collocato in un diverso punto di osservazione del vano scale.

La dedotta contraddittorietà della motivazione non si desume dalla lettura del provvedimento, ed è incentrata su elementi di fatto, quali la pretesa discrasia dell’orario dell’operazione o l’impossibilità di avvistamento da parte dei verbalizzanti, non dirimenti al fine di escludere la corretta percezione delle operazioni svolte dagli imputati, posto che solo la precisa visione dei fatti ha consentito agli operatori di ricostruire la particolare collocazione dell’ascensore, ed ha permesso l’accesso al nascondiglio altrimenti difficilmente individuabile; le pretese aporie nella ricostruzione testimoniale sono quindi prive di rilevanza al fine di porre in dubbio l’attendibilità della ricostruzione dei fatti posta a fondamento della motivazione.

Analogamente irrilevante è la differente descrizione, offerta dagli agenti, in ordine al tipo di involucro che avvolgeva la droga, ed all’esatta collocazione ed alle modalità di assicurazione alla parte fissa dei beni rinvenuti all’interno della tromba dell’ascensore, poichè su tali particolari è ben possibile che possa ingenerarsi una confusione nel ricordo, a fronte della molteplicità delle operazioni analoghe svolte dalle forze dell’ordine, sicchè la circostanza che la versione offerta da un verbalizzante sia stata confermata dal verbale di perquisizione e di arresto, secondo la stessa prospettazione difensiva, è idonea a confermare l’attendibilità di tale dato storico ed a far desumere l’irrilevanza della discrasia registrata nei riferimenti operati dagli altri agenti, rispetto all’intervenuto accertamento di responsabilità.

Neppure può valutarsi la contraddittorietà della motivazione, eccepita dalla difesa di B. sulla base di una pretesa dimostrazione dell’impossibilità fisica dell’imputato di muoversi nel modo descritto dai verbalizzanti; anche a voler prescindere dal rilievo che la prova dedotta sul punto, che si assume ignorata dal giudicante, non è stata indicata nella sua collocazione negli atti nè allegata al ricorso, in violazione di un preciso onere difensivo (giurisprudenza pacifica; da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 45036 del 02/12/2010, dep. 22/12/2010, imp. Damiano, Rv. 249035), deve comunque rilevarsi che, essendo, sulla base della stessa allegazione, tale situazione data per pacifica ed ammessa dalla p.g. escussa, che contestualmente ha riferito della fuga, può al più trattarsi di una limitazione della funzionalità che può incidere sulla velocità della mobilità, non sulla sua esclusione, circostanza di fatto che non permette di riconoscere portata dirimente al rilievo svolto, e che da conto della completezza della motivazione, pur se priva della specifica contestazione di fatto, trattandosi di un elemento non decisivo, poichè non introduce elementi di radicale inattendibilità dell’impianto argomentativo.

Analogamente inammissibile è il motivo di ricorso fondato sulla pretesa possibilità di qualificare i fatti commessi da P. come favoreggiamento, essenziale essendo per la configurazione di tale reato che l’illecito rispetto al quale si compie l’azione favoreggiatrice sia stato consumato, il che nella specie presupporrebbe quanto meno una previa conoscenza da parte dell’autore, dell’azione di controllo in corso, neppure prospettata dalla difesa ricorrente, sicchè anche su tale eccezione, argomentata ampiamente e coerentemente dai giudici di merito, e rispetto alla quale la difesa ricorrente si limita a proporre i medesimi argomenti già contrastati nella sentenza impugnata, non confrontandosi con essi, non può che concludersi nel senso indicato.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, in forza dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, quantificata come in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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