Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-05-2011) 08-06-2011, n. 22794 abuso in ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Lecce – sezione di distaccata di Taranto – e la parte civile, hanno proposto ricorso avverso la sentenza del 1/12/2009 con la quale la Corte di merito aveva assolto R.R., G.R., D.P. F., L.A., D.P.G., C.M., Z.R. e P.A. dal delitto di tentato abuso d’ufficio, perchè il fatto non sussiste.

Nel suo ricorso l’accusa pubblica, dopo aver circoscritto il gravame nei confronti del solo R., contesta con il primo motivo violazione di legge e lamenta travisamento delle risultanze osservando che la vicenda era sorta nell’ambito della grossa conflittualità esistente tra R. e la parte civile S., rispettivamente Sindaco in carica ed uscente del comune di (OMISSIS), ove, a seguito dell’ultima consultazione elettorale, era risultato vincente il secondo, ma in attività il primo grazie ad una sentenza del Tar Puglia, che sarebbe stata annullata con sentenza del Consiglio di Stato qualche giorno dopo.

Nell’ambito di tale situazione di fatto, a seguito di una citazione del comune da parte di titolari di terreni che si assumevano illegittimamente occupati dall’ente territoriale, si deliberava la chiamata in garanzia del precedente sindaco S., predisponendo poi una delibera che lo avrebbe reso, in ragione di tale chiamata in giudizio, incompatibile con la carica di consigliere comunale, e quindi di sindaco.

Richiamata la scansione temporale dei fatti, la circostanza che la delibera di incompatibilità non fosse stata predisposta dalla segreteria comunale, ma direttamente dal R., dimostrava secondo il ricorrente, che tale sequenza procedimentale fosse stata realizzata al solo scopo di colpire il sindaco, sia in quanto l’avviso di convocazione, e la proposta di deliberazione, contenevano già un’anticipazione della delibera, sia poichè la legittimazione passiva in quel giudizio competeva al sindaco pro tempore, non a quello in quel momento non in carica.

Peraltro l’oggetto della controversia, riguardando fatti verificatisi durante l’esercizio del mandato, non era idoneo a configurare la causa di incompatibilità richiamata.

Sulla base delle osservazioni riportate si chiede l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

2. La parte civile, che propone ricorso nei confronti delle posizioni di tutti gli imputati in primo grado, con il primo motivo, ritiene contraddittorietà della motivazione riguardo la valutazione degli elementi di prova a carico con riferimento all’elemento psicologico del reato, osservando che del tutto pretestuosa era la chiamata in garanzia di essa parte civile nel procedimento intentato da La., considerato che in atti era presente l’atto notarile di cessione gratuita in favore del comune dei fondi in contestazione da parte degli attori della causa civile, risalente ad epoca anteriore alla precedente nomina come sindaco di S..

Il dato convergeva con quello della predisposizione della delibera al di fuori del comune e dei suoi uffici e dell’urgenza della sua approvazione, pur non essendo a quella data scaduti i termini per la costituzione in giudizio. Tale urgenza si giustificava con le voci, nel frattempo circolate e poi dimostratesi fondate, di una imminente pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato, favorevole all’odierno ricorrente.

3. Con il secondo motivo si lamenta inosservanza di norme giuridiche e difetto di motivazione, con riferimento alla mancata valorizzazione delle dichiarazioni, dell’imputato P., avvocato difensore del comune nella controversia instaurata dai La., il quale, riferendo sul comportamento degli amministratori comunali suoi clienti, aveva escluso che gli fosse stato consegnato, tra i documenti per lo studio del procedimento, l’atto notarile di cessione dei terreni, pur all’epoca esistente, circostanza di fatto che denota la dolosa preordinazione degli amministratori in suo danno.

4. Si lamenta con il terzo motivo violazione di legge riguardo all’omesso accertamento del tentativo di abuso d’ufficio, sussistendone tutti i presupposti, non essendosi consumata l’azione solo in conseguenza dell’intervento della magistratura.

5. Si contesta con il quarto motivo la ritenuta insussistenza del falso ideologico, reato dal quale tutti gli imputati erano stati assolti nei due gradi, malgrado la mancata allegazione dell’atto di cessione terreni fosse stata evidentemente funzionale a creare i presupposti dell’atto illegittimo, come si poteva ricavare dalla parte espositiva della delibera illegittima.

6. Con il quinto motivo si rileva contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui si valuta inesistente la prova della finalità di un ingiusto danno a carico del ricorrente.

7. Si chiede quindi l’annullamento della sentenza nei confronti di tutti gli imputati, e la loro condanna al risarcimento del danno, oltre che alla rifusione di spese; in subordine il rinvio dinanzi ad altra Corte d’appello per nuova determinazione.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili.

Come si ricava dalla narrativa, la parte pubblica lamenta travisamento del fatto, ma indica a supporto di tale vizio elementi che si assumono trascurati dal giudicante, e non si confronta con il percorso motivazionale della sentenza che tali elementi di fatto ha del tutto ignorato, seguendo per converso una differente ricostruzione sul piano giuridico.

In particolare il giudicante di merito ha fondato la sua ricostruzione su un assunto in diritto – l’impossibile configurazione della violazione di legge, secondo le disposizioni normative richiamate nel capo di imputazione, per effetto della modifica legislativa intervenuta in epoca antecedente la consumazione del reato – che costituisce il perno della decisione, e non risulta minimamente scalfito nella sua validità dal ricorso proposto, che si occupa invece degli indicatori della malafede degli agenti, muovendo su un piano di accertamento del fatto, di cui si lamenta l’erronea valutazione dei presupposti.

La sentenza ha poi ipotizzato la presenza di un interesse pubblico comunque sottostante alla decisione, al fine di confortare la correttezza della decisione presa, ed anche tale conclusione subordinata non risulta aggredita dai motivi di ricorso, che, come si è detto, si incentrano su diversi aspetti della vicenda, sollecitando un riesame di fatto impossibile nel giudizio di legittimità. 2. Analogamente inammissibile è il ricorso proposto dalla parte civile, non essendo la stessa rappresentata dal difensore tramite il quale la parte sta in giudizio, come prescritto dall’art. 100 c.p.p., nè risulta una indiretta ratifica successiva delle motivazioni contenute in ricorso da parte di un difensore, poichè l’atto reca in calce solo la sottoscrizione del diretto interessato, situazione che impone di dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, in quanto proveniente da soggetto non legittimato.

3. In applicazione dell’art. 616 c.p.p. la parte privata va condannata al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata come in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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