T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 5161 concorrenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato l’11 febbraio 2010 e depositato il 23 febbraio 2010 la società S. Italia S.r.l., con sede in Bergamo, in persona del suo legale rappresentante protempore, ha impugnato il provvedimento in epigrafe meglio specificato.

Giova premettere che:

– la società S. Italia S.r.l. opera nel mercato della vendita di complementi d’arredo, tra cui erogatori d’acqua per uso domestico e biocamini (alimentati a bioetanolo), che reclamizza attraverso spot promozionali trasmessi su televisioni di ambito locale;

– attraverso numero verde il telespettatore interessato può contattare un call center, che ne raccoglie i dati identificativi e lo ricontatta entro 48 ore per concordare una visita di un incaricato alle vendite della società S. Italia S.r.l.:

– nel corso della visita al domicilio del consumatore, viene illustrato il prodotto e l’acquirente, se interessato, sottoscrive una nota d’ordine, che riporta i dati identificativi del cliente, i codici e la descrizione del prodotto, il prezzo, e le eventuali caratteristiche specifiche del prodotto (cd. personalizzazione); nella nota d’ordine figura, riquadrata e in caratteri diversi, la dicitura "Si richiede la personalizzazione del bene. Si dichiara di aver compreso il significato dell’art. 10 delle condizioni generali di vendita in tema di esclusione del diritto di recesso, e se ne accetta per tanto il contenuto", con sottostante indicazione "Firma del Cliente" e spazio per la sottoscrizione;

– l’art. 10 delle allegate condizioni generali di vendita, a sua volta, riquadrato assieme all’art. 9, dispone che "Il diritto di recesso, di cui agli artt. 64 e ss. del D.Lgs. n. 306/2005, è escluso nelle ipotesi in cui il Cliente consumatore abbia richiesto la personalizzazione del bene, intendendosi per tale la modifica ovvero variazione, anche solo cromatica, apportata al bene rispetto alle caratteristiche/colori standard del medesimo come risultanti dal relativo catalogo";

– a seguito di segnalazione di vari consumatori, che lamentavano il rifiuto della S. Italia S.r.l. di consentire il recesso e la ricezione di lettere di professionisti legali intimanti il pagamento e anche oneri di custodia di prodotti la cui consegna era stata rifiutata, nonché di una associazione consumeristica, con nota n. 0046025 di prot. del 23 luglio 2009 è stato comunicato l’avvio del procedimento n. PS/2629 in relazione all’accertamento di due distinte pratiche commerciali scorrette, rispettivamente, per aver indotto i consumatori a sottoscrivere ordini di acquisto con informazioni ingannevoli e omettendo informazioni rilevanti, e per aver limitato e impedito l’esercizio dei diritti contrattuali, inducendoli a sottoscrivere un contratto che esclude il diritto di recesso, e poi intimandone l’esecuzione mediante minaccia di penalità e azioni legali, nonché rifiutando di accettare il recesso;

– in esito all’istruttoria, e acquisite memorie difensive depositate dal professionista in data 14 settembre, 12 ottobre, 20 ottobre e 19 novembre 2009, nell’adunanza del 2 dicembre 2009, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, mentre ha escluso la sussistenza di pratiche commerciali ingannevoli, ha ritenuto l’aggressività delle pratiche commerciali relative alla vendita degli erogatori di acqua potabile a uso domestico (denominati "Top Smile") e di tre tipi di biocamini (contraddistinti dal marchio Chaleur e con nomi commerciali "Carrè", "Plat" e "Revè), ai sensi dell’art. 24 e 25 comma 1 lettera a), d), e) del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, in relazione all’illegittima esclusione del diritto di recesso e agli ostacoli frapposti al suo esercizio, anche con la minaccia del ricorso ad azioni legali manifestamente temerarie e infondate, irrogando, per ciascuna pratica la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 65.000,00, e quindi la complessiva sanzione pecuniaria di Euro 130.000,00.

A sostegno del ricorso sono state dedotte le seguenti censure:

1) Eccesso di potere. Errore nei presupposti di fatto. Falsa applicazione del d.lgs. n. 206/2005 e successive modifiche, relativamente all’inquadramento dei contratti nella categoria di quelli ex art. 45 comma 1 lettera a).

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato muove dall’erroneo presupposto che le due pratiche commerciali sanzionate attengano a contratti negoziati fuori dai locali commerciali, mentre per le peculiarità del sistema di vendita difetta l’elemento della "sorpresa" e della "impreparazione del consumatore", come essenziali secondo le indicazioni della direttiva CEE/85/577 del 20 dicembre 1985.

Infatti, la visita a domicilio dell’incaricato alle vendite è richiesta e concordata con il call center dal consumatore, onde egli ha piena consapevolezza della natura e finalità della visita, può confrontare i prodotti con altri dello stesso tipo, può valutare le diverse opzioni e quindi anche l’opportunità di richiedere la "personalizzazione" del prodotto, non versa in definitiva in quella posizione di "debolezza" psicologica connessa alla visita "a sorpresa".

2) Errore nei presupposti di fatto sotto ulteriori profili. Falsa applicazione del d.lgs. n. 206/2005 e successive modifiche in materia di recesso.

In funzione dell’erroneo inquadramento della tipologia di vendita nell’ambito di quelle negoziate fuori dai locali commerciali, l’Autorità garante ha ritenuto, del pari erroneamente, inapplicabile la deroga al diritto di recesso disciplinata dall’art. 55 del d.lgs. n. 206/2005, sul rilievo che essa riguarderebbe i soli contratti a distanza.

In effetti, la caratteristica dei prodotti commercializzati dalla società ricorrente è proprio la possibilità di "personalizzarli", ossia di ottenere modifiche rispetto al prodotto standard, mediante variazioni della colorazione per abbinamento con gli arredi dell’abitazione del consumatore, che implicano modifiche al processo produttivo, sia esso industriale o artigianale, e che pertanto giustificano l’esclusione del diritto di recesso, come ammessa appunto dall’art. 55 comma secondo lettera d) nella "fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati".

L’esigenza di corrispondere alle aspettative del consumatore in ordine alla tempestività della consegna del prodotto implica che la S. Italia S.p.A., di regola entro 24 ore dalla ricezione della nota d’ordine, richieda ai propri fornitori la personalizzazione, con la conseguenza che il prodotto non possa essere venduto ad altri.

Nella nota d’ordine, peraltro, è chiaramente riportata, riquadrata e in caratteri distinti, la clausola che, in caso di personalizzazione, esclude il diritto di recesso, onde il consumatore è pienamente consapevole che, ove intenda personalizzare il prodotto, non potrà più godere del diritto di ripensamento.

3) Errore nei presupposti di fatto sotto ulteriori profili. Manifesta illogicità della motivazione.

La circostanza, quanto agli erogatori d’acqua, che siano ricompresi tra i colori di personalizzazione anche quelli comuni (grigio, nero, azzurro, rosso) non elide il rilievo che comunque, rispetto al colore standard "all silver", sia richiesta una modifica del processo produttivo, industriale o artigianale che sia; ciò vale a fortiori per i biocamini, ben potendo il consumatore orientarsi su altro prodotto, pure commercializzato dalla S., di tipo standard e non personalizzabile.

4) In via subordinata: illegittimità costituzionale degli artt. 44 e 64 d.lgs. n. 206/2005 per violazione dell’art. 3.

Nell’eventualità che la possibilità di esclusione del diritto di recesso sia reputata limitata ai soli contratti a distanza, le disposizioni di cui alla rubrica introdurrebbero una disparità di trattamento con riferimento a modalità di vendita, quali quelle della S., non inquadrabili nelle c.d. vendite porta a porta e assimilabili invece, sotto il profilo della personalizzazione del prodotto, ai contratti a distanza.

5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 206/2005. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza.

A fronte di una pratica commerciale sostanzialmente unica, ancorché riferita a prodotti diversi, ma certamente assimilabili, in quanto complementi d’arredo, l’Autorità ha duplicato le sanzioni.

6) Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza in relazione alla quantificazione della sanzione pecuniaria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 689/1981.

La sanzione irrogata, pari a complessivi Euro 130.000,00, è comunque eccessiva siccome pari al 3% del fatturato annuo e 25 volte superiore all’utile risultante dall’ultimo bilancio, nonché 25 volte superiore al minimo edittale, ed è sproporzionata in relazione al numero dei consumatori interessati, al mercato di riferimento esclusivamente locale, all’assenza di una palese contrarietà alla diligenza professionale, alla durata della pratica commerciale (iniziata nel febbraio 2008 per gli erogatori e addirittura nel marzo 2009 per i biocamini).

7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Difetto di motivazione in ordine alla quantificazione della sanzione pecuniaria.

Sono state applicate sanzioni di eguale importo per pratiche che hanno interessato un differenziato numero di consumatori (33 per gli erogatori, 72 per i biocamini) e di diversa durata.

Costituitasi in giudizio, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con memorie difensive dell’Avvocatura generale dello Stato depositate il 9 marzo 2010 e il 21 dicembre 2010, ha dedotto l’infondatezza del ricorso in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

a) l’esclusione del diritto di recesso è consentita per i soli contratti a distanza, laddove nel caso di specie si tratta comunque di contratti stipulati fuori dai locali commerciali, rispetto ai quali è del tutto irrilevante che la visita dell’incaricato alle vendite sia concordata con il consumatore;

b) la personalizzazione del prodotto non è incompatibile ex se con il riconoscimento dell’intervallo ordinario temporale per l’esercizio del diritto di recesso (10 giorni), costituendo autonoma scelta del professionista di procedere immediatamente alla trasmissione ai propri fornitori della richiesta di personalizzazione;

c) priva di rilevanza è l’evocata questione di costituzionalità, non sussistendo alcuna disparità di trattamento rispetto a tipologie contrattuali diverse;

d) le distinte sanzioni pecuniarie irrogate rispecchiano la diversa tipologia dei due prodotti, e quindi la duplicità delle pratiche;

e) la commisurazione delle sanzioni è congruamente motivata con riferimento alla gravità delle violazioni e alla loro durata.

All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato discusso e deciso.
Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è parzialmente fondato, con riferimento alla misura della sanzione pecuniaria irrogata, nei sensi di seguito precisati.

1.1) Giova precisare, ad integrazione della narrativa in fatto, che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella deliberazione impugnata, ha fondato il riconoscimento del carattere aggressivo delle pratiche commerciali sanzionate sui rilievi di seguito riportati (paragrafi da 30 a 54 della deliberazione):

"30. Con riguardo alla seconda tipologia di pratica commerciale contestata, dagli elementi istruttori raccolti è emerso che S. ha ostacolato l’esercizio del diritto di recesso dei consumatori, previsto dall’articolo 64 del Codice del Consumo, inducendoli a sottoscrivere contratti di vendita dei prodotti che escludono illegittimamente il diritto di recesso e intimandone il pieno adempimento attraverso la minaccia di azioni legali infondate, pretestuose e temerarie, in violazione degli articoli 20, 24 e 25, lettere a), d) ed e), del Codice del Consumo".

"31. Si ritiene opportuno, in via preliminare, illustrare brevemente la normativa, applicabile al caso in esame, relativa al diritto riconosciuto ai consumatori di recedere da contratti conclusi fuori dai locali commerciali (nella specie, in occasione della visita a domicilio degli incaricati alle vendite38) e alla possibilità o meno di escludere tale diritto in caso di richiesta di "personalizzazionè del prodotto".

"32. L’articolo 64 del Codice del Consumo prevede, al comma 1, che, per i contratti e le proposte contrattuali a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali, il consumatore ha diritto di recedere, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi".

"33. Tale diritto può, in effetti, essere escluso in virtù di quanto previsto dall’articolo 55, comma 2, lettera c), del Codice del Consumo, secondo il quale "Salvo diverso accordo tra le parti, il consumatore non può esercitare il diritto di recesso previsto agli articoli 64 e seguenti nei casi: (…) c) di fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati'(…)".

"34. Tuttavia, tale normativa, invocata dal professionista per legittimare il proprio rifiuto di dare seguito all’esercizio del diritto di recesso dei consumatori, risulta applicabile ai soli contratti conclusi a distanza e non anche ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali, oggetto della presente fattispecie".

"35. Da una lettura sistematica del Codice del Consumo emerge infatti chiaramente che il citato articolo 55 è inserito nella Sezione contenente disposizioni che, ai sensi dell’articolo 51, si applicano ai Contratti a distanza, laddove le disposizioni relative ai Contratti negoziati fuori dai locali commerciali sono contenute in diversa Sezione, che non prevede alcun riferimento all’esclusione del diritto di recesso in caso di richiesta di personalizzazione del bene".

"36. Tale differenza nella disciplina in materia di esercizio del diritto di recesso è espressione della diversa ratio sottostante alle due normative. La disciplina applicabile ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali, infatti, è volta principalmente a tutelare il consumatore di fronte all’impreparazione in cui viene generalmente a trovarsi nell’incontro con il professionista, nonché all’impossibilità di verificare e confrontare la qualità della merce acquistata, la congruità del prezzo e la veridicità delle informazioni ricevute. Proprio per l’intromissione del professionista nella sfera privata del consumatore, che caratterizza tale tipologia di contratti, il legislatore ha ritenuto opportuno accordare al consumatore la facoltà di recedere dal contratto per permettergli di valutare gli obblighi che derivano dal contratto".

"37. Ciò vale, deve ritenersi, anche qualora l’incontro tra il professionista e il consumatore sia stato tra i due preventivamente concordato, come nel caso che qui interessa, laddove le specifiche informazioni inerenti al contratto e alle caratteristiche del prodotto vengano rese in occasione della visita dell’incaricato alle vendite, con contestuale sottoscrizione del contratto".

"38. Diversamente, nei contratti a distanza, il consumatore, prima di effettuare l’acquisto, dispone del tempo necessario per riflettere sulle condizioni di vendita e sulle caratteristiche del prodotto; ciò spiega la ragione per cui non sia stata estesa ai contratti conclusi fuori dai locali commerciali l’esclusione del diritto di recesso prevista, in particolari ipotesi (tra cui la personalizzazione del prodotto), per i contratti a distanza".

"39. La disciplina in esame recepisce peraltro quanto previsto dalle direttive comunitarie in tema di contratti a distanza (97/7/CE) e di contratti negoziati fuori dai locali commerciali (85/577/CEE): soltanto la prima direttiva consente infatti l’esclusione del diritto di recesso in caso di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati (articolo 6, co. 3)".

"40. Conseguenza di quanto appena esposto è che S. ha impropriamente richiamato, sia nei propri contratti di vendita, sia nelle comunicazioni inviate ai consumatori relative al mancato riconoscimento del diritto di recesso, una esclusione del diritto di recesso non applicabile alla tipologia di contratti da essa negoziati e conclusi -quelli negoziati fuori dai locali commerciali- in tal modo illecitamente ostacolando l’esercizio di tale diritto da parte dei consumatori, diritto che, in quanto previsto dall’articolo 64 del Codice del Consumo, deve intendersi come irrinunciabile ex articolo 143 del Codice del Consumo".

"41. Inoltre, dagli accertamenti istruttori svolti, è emerso che il professionista, attraverso la presentazione di prodotti per la gran parte esclusivamente personalizzabili, ha, di fatto, indotto i potenziali clienti a richiedere un prodotto personalizzato (con conseguente esclusione della facoltà di esercitare il diritto di recesso)".

"42. Infatti, quanto all’erogatore Top Smile, dalla scheda tecnicoillustrativa prodotta dalla parte si evince che il prodotto è personalizzabile attraverso la scelta di determinati colori. Tuttavia, l’unico colore previsto come standard è quello denominato all silver, con la conseguenza che tutti gli altri colori eventualmente richiesti devono considerarsi "personalizzati’, pur consistendo in colori di uso comune, quali il grigio, il nero, l’azzurro o il rosso. È probabile quindi che i consumatori siano indotti a scegliere uno di tali colori, anche in considerazione del fatto che la scheda relativa all’erogatore riporta l’illustrazione di un prodotto già personalizzato e non descrive le conseguenze derivanti dalla richiesta di personalizzazione".

"43. Anche con riguardo ai biocamini, dalle risultanze istruttorie è emerso che, per ben tre linee di biocamini (denominate Carrè, Plat e Revè), delle quattro commercializzate dalla Società, è prevista sempre ed esclusivamente la personalizzazione del prodotto, nelle misure e/o nel colore (pur trattandosi, anche in questo caso, di colori comuni quali il grigio e il nero). Peraltro, per queste tre tipologie di prodotti, non esiste alcun catalogo o scheda illustrativa dai quali il consumatore possa desumere che determinati modelli o colori devono considerarsi personalizzati".

"44. A conferma della presenza di frequentissime richieste di personalizzazione dei beni, dai documenti acquisiti con la collaborazione della Guardia di Finanza presso la sede operativa della Società, è emerso che, in un determinato periodo temporale (aprilegiugno 2009), in tutti i contratti di vendita di erogatori Top Smile conclusi dagli incaricati alle vendite è stata richiesta la personalizzazione del prodotto, con sottoscrizione della relativa clausola. Similmente, nel periodo aprilegiugno e ottobre 2009, dei 72 contratti di vendita di biocamini conclusi, tutti prevedono la personalizzazione del prodotto, ad eccezione di quattro, che hanno ad oggetto prodotti di una linea di per sé non personalizzabile (la linea Flammè). Peraltro, in 3 contratti aventi ad oggetto biocamini della citata linea non personalizzabile, risulta comunque apposta una firma sotto la clausola di personalizzazione del bene".

"45. Va poi rilevato che le richieste di personalizzazione dei due prodotti oggetto del procedimento, contenute nei contratti acquisiti agli atti, sono riportate con l’impiego di espressioni del tutto simili tra loro, tali da far ritenere che l’indicazione della personalizzazione del prodotto sia stata indotta e suggerita proprio dagli incaricati alle vendite, usando formulazioni standardizzate e precostituite. Come visto, infatti, la quasi totalità delle note d’ordine degli erogatori Top Smile riporta formule quali: "Il cliente richiede il colore personalizzato (…)" "abbinato alla propria cucina’

o "da abbinare alla propria cucinà o, ancora, "per abbinamento con arredi’, mentre, rispetto ai biocamini, viene frequentemente indicato "Verniciato personalizzatò o "Verniciato personalizzabilè insieme a "Il cliente richiede la costruzione su misura e il colore (…) da abbinare al proprio ambiente’".

"46. L’insieme delle predette circostanze porta a ritenere che gli incaricati alle vendite di S. abbiano indotto i consumatori a richiedere, anche senza un’esplicita o chiara volontà in tal senso, un prodotto personalizzato, con la conseguente esclusione (illegittima) della facoltà di detti consumatori di esercitare il proprio diritto di recesso".

"47. Non appare in proposito rilevante l’argomentazione difensiva di S., secondo la quale le clausole del contrattonota d’ordine sarebbero comunque redatte in caratteri leggibili e dal contenuto comprensibile e le modalità riguardanti l’esercizio del diritto di recesso chiaramente indicate, in quanto il riferimento illegittimo ad una clausola di esclusione del recesso in caso di personalizzazione del bene già di per sé costituisce un indebito ostacolo all’esercizio del diritto di recesso riconosciuto dalla legge in favore del consumatore".

"48. Sotto un diverso profilo, si osserva, peraltro, che la personalizzazione del prodotto non risulta di per sé incompatibile con il rispetto del termine di 10 giorni previsto dalla legge per consentire al cliente l’eventuale esercizio del diritto di recesso, ben potendo il professionista avviare la produzione del bene una volta decorso detto termine".

"49. Inoltre, dalle indagini istruttorie svolte è emerso che la Società ha comunque utilizzato modalità di vendita tali da indurre i consumatori a scegliere sempre un prodotto personalizzato, tramite, in particolare, l’impiego di formule standard per la relativa richiesta di personalizzazione. A riprova di ciò, tutti i contratti, acquisiti agli atti, stipulati da S. (ad eccezione dei quattro aventi ad oggetto biocamini non personalizzabili) contengono l’indicazione della personalizzazione del prodotto".

"50. In aggiunta a quanto sopra, le risultanze istruttorie dimostrano che S., a fronte di tempestive comunicazioni di recesso da parte dei consumatori, oltre a negare il riconoscimento di tale diritto, ha prontamente chiesto, attraverso il proprio avvocato, il pagamento di penalità di mora giornaliere, nonché preannunciato l’immediato avvio di azioni legali, in caso di inadempimento del contratto da parte del consumatore. Tali azioni, tuttavia, non potevano che essere infondate, pretestuose e temerarie, in quanto basate sulla pretesa negazione di un diritto -quale quello al recesso- che il Codice del Consumo tutela espressamente, configurandolo come irrinunciabile in mancanza di una esplicita esclusione normativa".

"51. Peraltro, la circostanza che S. risponda prontamente, attraverso il proprio legale, ai consumatori interessati, comunicando, se del caso, il mancato riconoscimento del diritto di recesso e la riserva di applicare penalità e di adire le vie legali, appare tale da porre il consumatore in una posizione particolarmente debole, in quanto, di fronte alla comunicazione tempestiva ed incisiva (quanto infondata) da parte della Società, è probabile che egli preferisca non dare seguito alla richiesta di recesso o rivolgersi ad altro legale, per definire la questione in via transattivi".

"52. In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che le condotte attuate da S. integrino due pratiche commerciali aggressive, ai sensi degli articoli 20, 24 e 25 Lettera a), d) ed e), del Codice del Consumo, consistenti nell’aver impedito, mediante indebito condizionamento, l’esercizio del diritto di recesso dei consumatori, previsto dall’articolo 64 del Codice del Consumo, inducendoli a sottoscrivere contratti di vendita di erogatori Top Smile e di biocamini contenenti illegittime clausole di esclusione di tale diritto e intimandone il pieno adempimento attraverso la minaccia di azioni legali infondate, pretestuose e temerarie".

"53. Si osserva, in proposito, che le condotte descritte, aventi ad oggetto, rispettivamente, gli erogatori d’acqua Top Smile e i biocamini, costituiscono due distinte pratiche commerciali scorrette, singolarmente ed autonomamente valutabili, posto che, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del Codice del Consumo, costituisce pratica commerciale scorretta quella posta in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale "relativa a un prodotto’".

"54. Non si riscontra, pertanto, la "diligenza professionalè di cui all’articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo, vale a dire quel "normale grado della specifica competenza ed attenzionè che, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera h), del Codice, ragionevolmente un consumatore può attendersi dall’operatore, il quale ben dovrebbe conoscere la disciplina applicabile alla attività da lui svolta e garantire al consumatore la piena fruizione dei diritti ad esso riconosciuti da tale normativa".

In ordine alla quantificazione della sanzione, i paragrafi da 57 a 63 motivano come segue:

"57. Con riguardo alla gravità delle violazioni, le pratiche commerciali descritte devono considerarsi particolarmente gravi, in quanto hanno interessato un numero significativo di consumatori (in province della Lombardia e del Piemonte, rispetto all’erogatore Top Smile, e in province della Lombardia, del Piemonte della Liguria, con riguardo ai biocamini). Inoltre, tali pratiche sono caratterizzate da una palese contrarietà alla diligenza professionale, laddove il professionista ha fatto riferimento a una normativa non applicabile al settore di attività svolta, al fine di ostacolare l’esercizio del diritto di recesso dei consumatori".

"58. Per quanto riguarda la durata delle violazioni, dagli elementi disponibili in atti le pratiche commerciali risultano poste in essere per un periodo prolungato".

"59. In particolare, la pratica commerciale relativa all’erogatore Top Smile risulta essere iniziata almeno nel febbraio 2008 ed essere tuttora in corso, anche alla luce di quanto esposto dal professionista".

"60. La pratica commerciale avente ad oggetto i biocamini risulta essere iniziata almeno nel marzo 2009 ed essere tuttora in corso, anche alla luce di quanto esposto dal professionista".

"61. Si tiene conto, infine, nella fattispecie in esame, della dimensione economica del professionista, il quale ha realizzato, nel 2008, un fatturato pari a circa 3,9 milioni di euro e un utile pari a circa 4.500 euro".

"62. Tenendo conto, oltre che delle condizioni economiche dell’operatore, della gravità (ivi compresa la diffusione territoriale) e della durata della prima pratica commerciale scorretta, avente ad oggetto l’erogatore Top Smile, si ritiene congruo irrogare alla società S. Italia S.r.l., la sanzione pecuniaria nella misura di 65.000 Euro (sessantacinquemila euro)".

"63. Tenendo conto, oltre che delle condizioni economiche dell’operatore, della gravità (ivi compresa la diffusione territoriale) e della durata della seconda pratica commerciale scorretta, avente ad oggetto i biocamini, si ritiene congruo irrogare alla società S. Italia S.r.l., la sanzione pecuniaria nella misura di 65.000 Euro (sessantacinquemila euro)".

1.2) Il Tribunale rileva che possono esaminarsi congiuntamente le censure dedotte con il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, in quanto imperniate sul rilievo dell’erroneità della riconduzione delle pratiche commerciali sanzionate alla disciplina dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali, e alla obliterazione delle peculiarità del sistema di vendita, nonché quelle di cui al quinto, sesto e settimo motivo, incentrate sulla misura della sanzione pecuniaria amministrativa applicata, mentre deve esaminarsi separatamente la questione di costituzionalità evocata con il quarto motivo di ricorso.

1.2.123) La società ricorrente sostiene che erroneamente l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha negato la legittimità dell’esclusione del diritto di recesso e ha sostenuto la palese infondatezza e temerarietà delle iniziative legali assunte rispetto alle rimostranze dei clienti che pretendevano di esercitarlo, perché, per le modalità del sistema di vendita, caratterizzato dalla trasmissione di spot sulle emittenti radiotelevisive locali, dal successivo contatto dei telespettatori interessati con il numero verde del call center con fissazione di specifico appuntamento con gli incaricati alle vendite della S. Italia S.r.l., difetterebbe il fattore "sorpresa", e quindi la condizione di "impreparazione" e "debolezza" psicologica del consumatore, che caratterizza le vendite a domicilio (c.d. porta a porta), come chiaramente enucleabile dalla direttiva 85/577/CEE del 20 dicembre 1985.

L’assunto è privo di fondamento giuridico.

La direttiva 85/577/CEE del 20 dicembre 1985, intesa al ravvicinamento e armonizzazione (non totale) delle legislazioni nazionali concernenti il settore delle vendite a domicilio, effettivamente reca, nel quarto "considerando", la contemplazione dell’esigenza di particolare protezione dei consumatori in relazione alla circostanza che, in tali tipologie di vendita, "…di regola, il commerciante prende l’iniziativa delle trattative, il consumatore è impreparato di fronte a queste trattative e si trova preso di sorpresa;…non ha spesso la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte;…questo elemento di sorpresa è generalmente presente non soltanto nel caso di contratti conclusi a domicilio, ma anche in altre forme di contratti conclusi dal commerciante fuori dai propri locali".

E’ altresì indubitabile che l’art. 1 della direttiva dichiara applicabile la medesima alla peculiare species della tipologia dei contratti conclusi fuori dai locali commerciali costituita dalle vendite al domicilio o sul luogo di lavoro del consumatore "qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del consumatore" (eccezion fatta per il caso in cui al consumatore sia stato offerto in occasione della vendita altro bene o servizio diverso da quello richiesto).

Nondimeno, ai sensi del successivo art. 8, la direttiva "…non osta a che gli stati membri adottino o mantengano in vigore disposizioni ancora più favorevoli in materia di tutela dei consumatori nel settore da essa disciplinato".

Il d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50 (recante "Attuazione della direttiva (CEE) n. 577/85 in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali") non ha però riproposto la fattispecie di esclusione prevista dal richiamato art. 1, e quindi non ha richiesto né imposto il carattere della "sorpresa" (cfr. art. 1 comma 1 lettera a), che si riferisce in senso generico ai contratti stipulati "durante la visita dell’operatore commerciale al domicilio del consumatore o di un altro consumatore ovvero sul posto di lavoro del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trovi, anche temporaneamente, per motivi di lavoro, di studio o di cura"), e ciò non rappresenta una "distonia" perché corrisponde chiaramente, secondo quanto osservato anche in dottrina, all’intento di accordare al consumatore una protezione più ampia, come consentita dal citato art. 8 della direttiva comunitaria.

In altri termini, il legislatore nazionale, nel recepire la disciplina comunitaria, ha considerato che, anche qualora la visita a domicilio sia stata concordata dal consumatore, questi si trovi nondimeno esposto ad una condizione di "debolezza" psicologica perché, per quanto non "sorpreso" dalla visita del venditore, nondimeno sia suscettibile di subirne il condizionamento, anche in relazione ad una evidente situazione di attenuata "vigilanza" rispetto ad una contrattazione che avviene fuori dai locali commerciali, e in particolare nell’ambito domestico.

La disciplina del d.lgs. n. 50/1992 è stata poi trasfusa negli artt. 45 e ss. del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (recante il "Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229"), che del pari ha mantenuto lo stesso, più ampio, livello di protezione del consumatore.

E’ dunque evidente che la circostanza che il consumatore abbia concordato con il call center la visita degli incaricati alle vendite della società S. Italia S.r.l. non può valere ad escludere che le trattative e la stipulazione del contratto, concluso fuori dal locale commerciale, debba soggiacere solo, ed esclusivamente, alla regolamentazione dettata dalle pertinenti disposizioni del d.lgs. n. 206/2005, che non contemplano alcuna possibilità di esclusione del diritto di recesso.

Infatti, tale facoltà pertiene unicamente alla ben diversa tipologia dei contratti conclusi a distanza, oggetto della direttiva 97/7/CE del 20 maggio 1997, il cui art. 6 comma 3 dispone, appunto, che, salvo diverso accordo tra le parti, il diritto di recesso è escluso, tra l’altro, per i contratti "di fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati o che, per loro natura, non possono essere rispediti o rischiano di deteriorarsi o alterarsi rapidamente".

La direttiva sui contratti a distanza, com’è noto, è stata recepita dal d.lgs. 22 maggio 1999, n. 185, che all’art. 5 comma 3 ha riproposto puntualmente e testualmente le tassative fattispecie di esclusione del diritto di recesso, e le disposizioni di quest’ultimo sono poi confluite negli artt. 50 e ss. del d.lgs. n. 206/2005.

In particolare l’art. 52 individua tra le informazioni da fornire al consumatore quelle (comma 1 lett. F) relative alla "esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso, ai sensi dell’articolo 55, comma 2".

A sua volta l’art. 55 comma 2 annovera tra i casi di esclusione del diritto di recesso, sempre salvo diverso accordo tra le parti, i casi "di fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati o che, per loro natura, non possono essere rispediti o rischiano di deteriorarsi o alterarsi rapidamente".

Non può dunque nutrirsi alcun dubbio sulla riferibilità dell’esclusione del diritto di recesso, nel caso di beni "confezionati su misura o chiaramente personalizzati", ai soli contratti a distanza, e non anche ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali, e tra di essi, alle vendite a domicilio.

D’altro canto, la "ratio" della limitazione dell’esclusione del diritto di recesso ai soli contratti a distanza deve ravvisarsi nella ben diversa condizione in cui versa il consumatore che, a differenza che nelle vendite domiciliari, non è assoggettato ad alcuna "pressione" o "condizionamento" di tipo psicologico, proprio per l’assenza fisica del professionista o del suo incaricato, e quindi è in migliori condizioni di effettiva e piena libertà di valutazione e scelta, onde deve farsi carico, senza possibilità di ripensamento, delle conseguenze connesse alla decisione d’acquisto.

Alla stregua delle osservazioni che precedono, non può assumere poi alcuna rilevanza giuridica -e tantomeno quella di consentire una sorta di "trasmigrazione" o "ibridazione" della disciplina del recesso dai contratti a distanza ai contratti stipulati fuori dai locali commerciali (e in specie alle vendite domiciliari), la circostanza che la S. Italia S.r.l. offra prodotti più o meno "personalizzabili", laddove peraltro la enfatizzata personalizzazione attiene essenzialmente alla verniciatura in colore diverso da quello standard, e anche, come esattamente osservato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in colori del tutto comuni, come per gli erogatori d’acqua potabile, o in riguarda prodotti in qualche modo "necessariamente" personalizzabili come i biocamini delle tre linee denominate Carrè, Plat e Revè (essendo non personalizzabile soltanto un diverso tipo di biocamino).

Né può assumere alcun rilievo la circostanza che la società S. Italia S.r.l., per proprie scelte di politica commerciale, ritenga di inoltrare subito ai propri fornitori gli ordinativi con le specifiche tecniche di "personalizzazione", anziché attendere il decorso del termine ordinario di dieci giorni dovuto per consentire al consumatore il c.d. diritto di ripensamento (recesso).

Ed anzi, sotto tale profilo, l’illegittima esclusione del diritto di recesso, accompagnata dall’immediato inoltro dell’ordinativo ai fornitori, si lascia apprezzare come obiettivamente orientato a porre il consumatore "dinanzi al fatto compiuto", onde avvalorare la successiva pressione ai fini dell’accettazione della consegna del bene, dietro minaccia di azioni legali e di ulteriori oneri economici per la custodia del bene, connotando un penetrante "indebito condizionamento", e quindi "colorando" la pratica commerciale di una sua peculiare aggressività.

1.2.4) Manifestamente inammissibile, oltre che priva di rilevanza -secondo quanto esattamente osservato dall’Avvocatura generale dello Stato- è la evocata questione di costituzionalità sollevata con il quarto motivo di ricorso, in effetti non riferibile all’art. 44 né all’art. 64, come indicati dal ricorrente, ma semmai all’art. 48 del d.lgs. n. 206/2005, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per i contratti conclusi fuori dai locali commerciali solo per quelli relativi alla prestazione di servizi "…le cui prestazioni siano state già eseguite" e non lo estende anche ai contratti di fornitura di "beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati".

In sostanza la società ricorrente invoca una sentenza di tipo chiaramente "manipolativo" che operi una estensione delle ipotesi di esclusione del diritto di recesso ad una specifica tipologia di vendite a domicilio (di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati).

E’ del tutto evidente, però, che ove anche in astratto e in linea meramente teorica possa ammettersi una sentenza manipolativa siffatta -che non si limiterebbe a dichiarare l’incostituzionalità di una disposizione nella parte in cui non prevede, sebbene dovrebbe integrare una disposizione normativa con altra regolante diversa fattispecie, difetta del tutto il profilo della non manifesta infondatezza, in funzione dell’insostenibilità della violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., poiché la fattispecie regolata dall’art. 48 (recesso nei contratti stipulati fuori dai locali commerciali) è strutturalmente diversa da quella disciplinata dall’art. 55 (deroghe al recesso in talune tipologie di contratti a distanza), e rispecchia, come già osservato, situazioni ontologicamente non assimilabili in funzione della ben diversa condizione in cui versa il consumatore, rispettivamente nei casi di vendite domiciliari e di acquisti a distanza.

1.2.567) Sono fondate, invece, le censure dedotte con il quinto motivo di ricorso, il cui accoglimento, con conseguente rideterminazione della sanzione pecuniaria irrogata, comporta l’assorbimento di quelle svolte nel sesto e settimo motivo.

A prescindere dal rilievo che la comunicazione d’avvio del procedimento si è riferita ad una unica pratica commerciale, ancorché relativa a due diversi prodotti, è evidente che nel caso di specie la condotta addebitata è strutturalmente e funzionalmente unica benché riguardi la commercializzazione di due beni appartenenti però ad un medesimo ambito merceologico (complementi di arredo), non potendosi peraltro escludere che, nel corso della trattativa di vendita, il consumatore abbia avuto modo di valutare sia gli erogatori che i biocamini.

Il consumatore, sia nel caso di acquisto degli erogatori che dei biocamini, ha sottoscritto la stessa nota d’ordine, nella quale era riportata l’unica dicitura"Si richiede la personalizzazione del bene. Si dichiara di aver compreso il significato dell’art. 10 delle condizioni generali di vendita in tema di esclusione del diritto di recesso, e se ne accetta per tanto il contenuto", con sottostante indicazione "Firma del Cliente" e spazio per la sottoscrizione, come uniche sono le condizioni generali di vendita ad essa allegate.

I precedenti giurisprudenziali richiamati dall’attenta difesa dell’Avvocatura generale dello Stato non paiono conferenti, perché relativi, rispettivamente, a distinte pratiche commerciali, afferenti a prodotti tipologicamente del tutto diversi e relativi a mercati diversi (energia elettrica e gas), e a distinte pratiche commerciali concernenti prenotazione e acquisto di biglietti aerei e servizi assicurativi aggiuntivi.

Alla stregua dei rilievi che precedono, la sanzione amministrativa "duplicata" deve quindi essere ridotta alla sua unità di base (Euro 65.000), che appare esattamente parametrata alla consistenza e gravità della condotta commissiva sanzionata, alla personalità dell’autore della violazione, alle condizioni economiche del professionista.

2.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere accolto, con l’annullamento della deliberazione impugnata per la parte eccedente la sanzione amministrativa pecuniaria pari a Euro 65.000,00 (Euro sessantacinquemila/00).

3.) Sussistono giusti motivi, in relazione all’accoglimento del ricorso limitatamente alla misura della sanzione, e alla novità e peculiarità delle questioni esaminate, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione I accoglie il ricorso in epigrafe e annulla il provvedimento impugnato per la parte eccedente la sanzione amministrativa pecuniaria pari a Euro 65.000,00 (Euro sessantacinquemila/00).

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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