Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-10-2011, n. 20799

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – P.E. convenne in giudizio innanzi, al Pretore di Roma l’ENEL s.p.a. lamentando che il 31 gennaio 1992 era stata improvvisamente distaccata l’utenza elettrica del frantoio da lei gestito in (OMISSIS), così interrompendosi la molitura in corso.

Chiese, in relazione a ciò, il risarcimento dei danni cagionatile.

2. – La domanda fu rigettata con sentenza impugnata innanzi al Tribunale di Roma che la confermò. La relativa sentenza fu cassata da questa Corte per vizio di motivazione.

3. – In sede di rinvio, il Tribunale di Roma, con sentenza depositata in data 10 marzo 2005, in riforma della decisione di primo grado, condannò l’ENEL s.p.a. a pagare alla P. la somma di Euro 1035,00.

Osservò il Tribunale che questa Corte aveva annullato la sentenza per non avere considerato che la scadenza del contratto di fornitura era fissata alla mezzanotte del (OMISSIS) e non alle ore 14,00 dello stesso giorno, senza giustificare la ragione della ritenuta legittimità dell’anticipato distacco. Ritenne il giudice di rinvio inadeguata la giustificazione offerta dall’ENEL secondo la quale il distacco non si sarebbe potuto effettuare che durante l’orario di lavoro delle maestranze, mentre, se il distacco dell’utenza non fosse avvenuto nel pomeriggio del (OMISSIS), poichè il 1 febbraio cadeva di sabato, si sarebbe dovuto rinviare al lunedì 3. Al riguardo, rilevò che le esigenze organizzative dell’ENEL avrebbero dovuto tenere conto delle obbligazioni contrattuali assunte.

Quanto all’ulteriore rilievo di questa Corte secondo il quale il Tribunale, nel ritenere non provato il danno derivato dalla disattivazione, aveva omesso di offrire un qualsiasi dato concreto che permettesse un controllo di quanto affermato, osservò il giudice di rinvio che risultava provato che l’attrice avesse dovuto stipulare un nuovo contratto di utenza temporanea per ultimare la molitura, e che la relativa spesa di L. 786.684, pari circa ad Euro 570,00, costituiva un danno risarcibile, mentre un ulteriore danno poteva presumersi rappresentato dal deterioramento della qualità delle olive: in corso di molitura causato dalla interruzione della lavorazione dalle ore 14,00 del (OMISSIS) alla mattina del 5 febbraio 1992: tale danno fu stimato in Euro 330,00. Sulla somma complessivamente dovuta a titolo di danno, si sarebbe dovuta calcolare una maggiorazione del 15 per cento a risarcimento del lucro cessante da mancato impiego sul mercato monetario dell’importo per la durata del giudizio.

4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre P.E. sulla base di tre motivi, illustrati anche da successiva memoria.

Resiste con controricorso l’ENEL Distribuzione s.p.a., che ha, a sua volta, depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione

1. – Deve preliminarmente essere esaminata la eccezione di inaminissibilità del ricorso sollevata nel controricorso alla stregua del rilievo della mancata esposizione dei fatti di causa.

2.1. – La eccezione è meritevole di accoglimento.

2.2. – Ai fini della sussistenza del requisito della "esposizione sommaria dei fatti della causa", prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (v., in tal senso, ex plurimis, Cass., sentt. n. 5660 del 2010, n. 15808 del 2008).

2.3. – Nella specie, dalla semplice lettura del ricorso non risulta possibile desumere una conoscenza del "fatto", sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia impugnata, non potendosi distinguere, ai fini della sanzione di inammissibilità, tra esposizione del tutto omessa ed insufficiente (cfr. Cass., sent. n. 1959 del 2004).

3. – Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio – che vengono liquidate come da dispositivo – seguono la soccombenza e vanno, pertanto, poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente ai pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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