Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-05-2011) 08-06-2011, n. 23096 violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4 giugno 2010, la Corte d’Appello di Bologna riformava parzialmente la sentenza con la quale, il 20 febbraio 2008, a seguito di giudizio abbreviato, il G.U.P. del Tribunale di Rimini aveva condannato C.B. rideterminando la pena originariamente inflitta con riferimento ai residui reati di violenza sessuale in danno della figlia minore di anni dieci per il periodo successivo al 6 marzo 1996 e fino al settembre 1996, nonchè per i reati di cui agli artt. 600 quater e 572 c.p..

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva, limitatamente al capo a) dell’imputazione, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando come non era dato comprendere in base a quale ragionamento la Corte d’Appello era pervenuta alla collocazione temporale dei residui abusi sessuali contestati come in precedenza indicato e che la stessa era verosimilmente frutto di un errore di calcolo, con la conseguenza che tutte le condotte andavano ricondotte nella previgente ipotesi di reato di cui all’art. 519 c.p. e dichiarate estinte per intervenuta prescrizione.

Con un secondo motivo di ricorso rilevava che la pena applicata, in ragione della continuazione, risultava sproporzionata e che, in ogni caso, il reato indicato la capo f) avrebbe dovuto rimanere assorbito in quello indicato al capo c).

Con un terzo motivo di ricorso deduceva che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche risultava frutto di una non condivisibile valutazione dei presupposti per la loro applicazione da parte della Corte territoriale.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Deve premettersi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che la Corte del merito ha fornito ampia e coerente giustificazione della sussistenza dei presupposti per l’affermazione di penale responsabilità del ricorrente la quale, peraltro, non è oggetto di specifiche doglianze in ricorso.

Quanto alla collocazione temporale dei residui episodi di abuso, i giudici dell’appello li hanno collocati nel settembre – ottobre 1996, sulla base delle dichiarazioni della minore la quale, sentita nuovamente a seguito di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, aveva affermato di ricordare che gli abusi erano cessati quando frequentava la prima elementare.

La Corte territoriale aveva individuato tale data sul presupposto che la minore, essendo nata nel dicembre 1989, aveva in tale data compiuto i sei anni e cominciato a frequentare la scuola elementare.

Osserva al contrario il ricorrente che, essendo la bambina nata in dicembre, l’inizio del corso di studi elementari era collocabile nel settembre ottobre 1995, quando ancora la bambina aveva cinque anni.

Date tali premesse, deve rilevarsi che, considerata la data di commissione dei fatti come individuata nel giudizio di merito (settembre 1996) ed il computo dei termini massimi di prescrizione, unitamente ai periodi di sospensione (dal 18 aprile 2007 al 28 febbraio 2008 per rinvio su istanza del difensore per complessivi mesi 10 e giorni 10), deve ritenersi che il reato sub a) sia prescritto.

Avuto riguardo ai medesimi termini non risultano, invece, prescritti i reati di cui ai capi c) ed f) della rubrica collocati, come data di consumazione, al gennaio 2003.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata sul punto con rinvio per la rideterminazione della pena.

Nel resto, il ricorso è inammissibile.

Con riferimento al secondo motivo di ricorso deve rilevarsi che nessuna censura può muoversi ai giudici dell’appello, avendo gli stessi fatto buon uso del disposto dell’art. 81 c.p. e fornito adeguata motivazione circa i criteri di determinazione della pena in concreto adottati.

Per quanto riguarda, infine, la negata concessione delle attenuanti generiche, la Corte territoriale ha ritenuto correttala scelta del primo giudice, fondata sull’entità, definita devastante, del danno cagionato dall’imputato alla figlia e sul negativo comportamento processuale ed ha rilevato come tali dati assumessero valore preponderante rispetto allo stato di incensuratezza ed al difficile passato del ricorrente.

Tale valutazione appare del tutto corretta e perfettamente allineata ai principi di diritto più volte affermati da questa Corte ed in base ai quali si ritiene che, riguardo alla concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque rilevanti ai fini del diniego (v. Sez. 6^ n. 34364, 23 settembre 2010).
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) della rubrica perchè estinto per prescrizione e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna per la rideterminazione della pena.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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