Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-10-2011, n. 20763

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Firenze, con decreto emesso il 13 marzo 2009, rigettò la domanda di equo indennizzo avanzata dal sig. P. L., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Green Car s.r.l., per l’eccessiva durata di un processo penale instaurato a seguito di una querela per appropriazione indebita di autovetture appartenenti alla Green Car, proposta dallo stesso sig. P.. La decisione si basò sul rilievo che solo nel febbraio del 2008 il ricorrente si era costituito parte civile nell’anzidetto processo penale, ancora in corso, e che quindi, allo stato, non risultava superato il termine di ragionevole durata di tale processo.

Avverso questo decreto il sig. P., nella duplice anzidetta qualità, ha proposto ricorso per cassazione, illustrato poi con memoria, al quale il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

L’amministrazione intimata ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, siccome non corredato dal quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis c.p.c..

L’eccezione è fondata.

Premesso che il citato articolo del codice di rito risulta nella specie applicabile, ratione temporis, giacchè il provvedimento impugnato è stato emesso in data compresa tra il 2 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009, è appena il caso di ricordare come detto articolo prescriva che i motivi di ricorso per cassazione con cui si denunciano errores in procedendo o in iudicando debbano, a pena d’inammissibilità, essere accompagnati dalla formulazione di un corrispondente quesito di diritto. I motivi proposti a norma del precedente art. 360, n. 5, invece, sempre a pena d’inammissibilità, debbono contenere l’indicazione del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Indicazione, quest’ultima, che deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata (cfr., ex multis, Sez. un. 24 marzo 2009, n. 7032).

Nel caso in esame, viceversa, l’unico motivo del ricorso per cassazione, volto a denunciare sia vizi di motivazione dell’impugnato decreto sia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, è del tutto privo tanto di quesiti di diritto quanto della specifica e distinta indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe stata omessa o risulterebbe comunque viziata (peraltro, va detto che la censura non investe in realtà profili di fatto della motivazione con cui la corte d’appello ha rigettato la domanda del ricorrente, ma è invece completamente incentrata su questioni di diritto).

Il ricorso deve perciò esser dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 900,00, oltre a quelle prenotate a debito.
P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00, oltre a quelle prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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