Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-10-2011, n. 20761 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La s.a.s. Natuzzi Fedele e C. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Taranto il Comune di Laterza per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti alla occupazione senza alcuna autorizzazione di una superficie di terreno di circa mq. 1000 di sua proprietà, irreversibilmente trasformata con la realizzazione di una strada. Il Comune eccepiva la legittimità della occupazione e la avvenuta corresponsione dell’indennità all’attrice. Espletata consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del febbraio 2003 il Tribunale condannava il Comune di Laterza a pagare la somma di Euro 9109,89. 2. Interponeva appello il Comune di Laterza dolendosi innanzitutto dell’omesso rilievo dell’inammissibilità della domanda atteso che, sia al momento della sua proposizione sia al momento della decisione, la procedura era legittima per mancato decorso del termine quinquennale, anche a voler iniziarne il computo dalla data del 3 settembre 1998 di emissione del decreto di occupazione d’urgenza. La Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, accoglieva il gravame rigettando la domanda della Natuzzi, rilevando: a) che il momento della commissione dell’illecito in questione, generatore del danno lamentato ex art. 2043 cod. civ., coincide con quello in cui l’occupazione è divenuta illegittima, e quindi sin dall’inizio dell’occupazione ove l’occupazione sia ab origine illegittima (c.d. occupazione usurpativa), ovvero alla scadenza dei termini quando essa diviene illegittima (c.d. occupazione appropriativa); b) che nella specie, pur integrando tale scadenza del termine quinquennale, con il conseguente sorgere del diritto al risarcimento, una condizione di accoglimento della domanda e come tale potendo verificarsi in corso di causa, al momento della decisione di primo grado non era ancora intervenuta, si che il diritto al risarcimento non era azionabile.

3. Avverso tale sentenza, resa pubblica il 23 gennaio 2008, la s.a.s.

Natuzzi Fedele e C. ha, con atto notificato in data 11 maggio 2008, proposto ricorso a questa Corte formulando unico articolato motivo.

Resiste con controricorso il Comune di Laterza. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione

1. La società ricorrente denunzia il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, sostenendo che la corte d’appello, astenendosi da ogni apprezzamento dei fatti come emersi sia dalla consulenza tecnica d’ufficio sia dalle stesse ammissioni del Comune, ha espresso un mero rilievo di inammissibilità non conferente nell’ambito di una controversia relativa ad una domanda di risarcimento ex art. 2043 cod. civ., per l’occupazione irreversibile, e quindi definitiva, di una estensione maggiore rispetto a quella autorizzata e prevista nel Piano particellare di esproprio:

l’occupazione di tale maggiore consistenza non è dunque mai stata legittima, ma usurpativa, ad essa non potendo riferirsi neppure la dichiarazione di pubblica utilità. Aggiunge che in ogni caso, anche l’eventuale e ipotetica rilevanza della scadenza del quinquennio del periodo di occupazione legittima non supporterebbe coerentemente il giudizio di inammissibilità, atteso che, al momento della decisione di secondo grado, era ormai decorso tale termine quinquennale.

2. Il motivo è fondato, già sotto il primo profilo. 2.1 La corte d’appello, prendendo direttamente in esame le argomentazioni del Comune in ordine alla legittimità della procedura per mancato decorso del termine quinquennale della occupazione disposta dalla Amministrazione con il decreto del 14 dicembre 1999, non ha considerato che, per procedere a tale disamina e pervenire alla conclusione esposta, avrebbe dovuto innanzitutto individuare la domanda sotto il profilo della causa petendi, verificando, alla luce dei fatti sui quali si era instaurato il contraddittorio, se fosse stata proposta una domanda relativa alla procedura di esproprio oppure una domanda di risarcimento danni per fatto illecito, consistito nella occupazione di un bene di proprietà della parte attrice senza alcun titolo. Tale verifica preliminare non risulta, dalla motivazione della sentenza impugnata, essere stata minimamente compiuta dalla corte d’appello: se l’avesse compiuta, non avrebbe potuto condividere le argomentazioni in diritto del Comune. 2.2. Il Comune infatti, nel controricorso, non solo ammette espressamente di aver occupato una porzione di suolo maggiore di quella prevista nel Piano particellare, ma aggiunge che già in sede di merito aveva contestato la quantificazione – oltre che la valutazione – di tale maggiore estensione esposta dalla controparte, con argomenti poi ritenuti assorbiti dalla corte di merito, che ribadisce. Dunque, il fatto che era stata occupata una porzione di terreno di proprietà della odierna ricorrente senza alcun titolo non solo era stato da questa dedotto (la generica contestazione nel controricorso, riferita al semplice utilizzo della espressione "espropriato" nelle conclusioni dell’atto di citazione di primo grado, non conduce a diversa conclusione) ma era anche, ed è, incontroverso, a prescindere dalla esatta entità di tale superficie abusivamente occupata. 2.3 Vero è che il Comune sostiene che tale occupazione sarebbe comunque avvenuta nell’ambito della procedura iniziata con il decreto di occupazione, e che quindi rettamente la corte d’appello avrebbe applicato i principi propri della occupazione acquisitiva. Ma tale "contestualità" non toglie che, per la maggiore superficie di terreno, l’occupazione da parte della P.A. è avvenuta senza alcun titolo e costituisce quindi – sin dall’inizio – un fatto illecito (cfr. ex multis Cass. n. 13023/2010), seguito poi dalla perdita del diritto per la irreversibile trasformazione realizzata dalla costruzione della strada pubblica. L’irrilevanza, nella specie, della esistenza di una procedura legittima relativa ad una parte dell’immobile occupato – e quindi della intervenuta, o non, scadenza del termine per l’occupazione legittima di tale diversa consistenza immobiliare – ne deriva dunque di necessità. 3. La sentenza impugnata è pertanto cassata, e la causa rinviata alla Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi qui esposti, regolando le spese del primo giudizio di appello e di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, che provvederà a regolare anche le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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