Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-05-2011) 08-06-2011, n. 22837

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

di una somma alla cassa delle ammende.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 19 maggio 2010 e depositata il 11 giugno 2010, la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di quella stessa sede, 14 dicembre 2009, di condanna di S.A. per il delitto di omicidio tentato e premeditato in danno di Sc.Er., commesso il (OMISSIS), e per altri concorrenti reati.

I giudici di merito hanno accertato che il giudicabile, nelle succitate circostanze di tempo e di luogo, dopo essersi appostato, aveva accoltellato lo Sc., convivente con la moglie separata dell’imputato, e aveva attinto la vittima nella regione addominale, cagionando le perforazione dell’intestino e copiosa emorragia, senza, tuttavia, realizzare l’intento omicida, in quanto la moglie, presente, si era interposta, riportando una ferita; sicchè la coppia era riuscita a disimpegnarsi dalla aggressione, dandosi alla fuga;

mentre l’aggressore, postosi all’inseguimento, brandendo una spranga di ferro, divelta da una recinzione, e profferendo minacce di morte, era stato bloccato dall’intervento della forza pubblica.

Con riferimento ai motivi di gravame (circa la inidoneità dell’azione, per non essere sopravvenuto il pericolo di vita, e circa la modalità del ferimento assertivamente conseguito a coltellata vibrata "alla cieca") e in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità, la Corte territoriale ha osservato: la ferita cagionata alla vittima è "idonea a cagionare l’evento morte", in quanto la zona attinta è sede di organi vitali ed è "riccamente vascolarizzata"’; sicchè, in difetto del soccorso e dell’intervento chirurgico, la lesione sarebbe risultata "fatale";

peraltro la interposizione della donna e le manovre difensive della vittima attenuarono la forza di penetrazione della coltellata;

l’intento omicida è, infine, conclamato dalle univoche minacce di morte e dal perdurante atteggiamento aggressivo dell’appellante, lanciatosi all’inseguimento con la spranga in mano.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato L.R., mediante atto recante la data del 15 ottobre 2010, depositato il 18 ottobre 2010, col quale denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza e contraddittorietà della motivazione, censurando che la Corte territoriale non avrebbe dato conto "adeguatamente" della reiezione dei motivi di appello e, in proposito, deducendo: è "possibile" che per la interposizione della donna e per le manovre difensive della vittima – accertate dalla Corte di appello – il colpo sia stato deviato, attingendo, così, "una zona maggiormente pericolosa" rispetto a quella avuta di mira (peraltro non indicata); il ferito non ha versato in pericolo di vita; S. è giunto in ospedale "vigile" e con "buona conservazione delle funzioni vitali"; la ferita non fu profonda, nè sanguinava; le parole profferite dal ricorrente, dopo il ferimento, erano "sconnesse"; la Corte ha dato "importanza smodata a circostanze di modesto significato"; il consulente tecnico della difesa ha spiegato che ogni lesione può essere astrattamente letale.

3. – Il ricorso è infondato.

La Corte non apprezza nell’impianto motivazionale della sentenza impugnata la ricorrenza dei vizi di motivazione denunziati dal ricorrente.

Il giudice di merito ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte:

Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.

Le deduzioni, le doglianze i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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