Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-05-2011) 08-06-2011, n. 22857

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 21.9.2010, il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava l’appello interposto da R.S., avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza che lo aveva dichiarato delinquente abituale e gli aveva applicato la misura di sicurezza della casa di cura e custodia per la durata di anni due, sul presupposto che risultava gravato da numerosi precedenti penali, prevalentemente per reati contro il patrimonio, che coprivano l’intervallo temporale dal 1988 al 2004; numerose erano le iscrizioni per carichi pendenti nell’arco di tempo dal 2005 al 2009, per svariati reati; lo stesso risultava esser stato condannato anche per violazione delle misure di prevenzione. Tali elementi portavano il Tribunale di Sorveglianza ad esprimere un giudizio di attualità della pericolosità sociale del prevenuto, avendo continuato nel tempo il R. a delinquere, manifestando indifferenza e noncuranza verso le regole imposte dall’ordinamento.

2. Avverso detta ordinanza, ha interposto ricorso per Cassazione la difesa, per dolersi della nullità dell’ordinanza in relazione all’art. 125 cod. proc. pen.. La motivazione dell’ordinanza sarebbe incongrua e scarna, non sarebbero stati smentiti gli argomenti della difesa, soprattutto quelli attinenti le gravi condizioni di salute dell’interessato, legate alla sua tossicodipendenza, che rappresenta la genesi della sua devianza. Contesta la difesa che siano stati presi in considerazione i carichi pendenti, fa presente che le condanne sono tutte risalenti e che il ricorrente necessita di supporti psichiatrici, clinici e terapeutici presso il SERT del distretto sanitario di Montesarchio, con il che si profilava più adeguata altra misura di sicurezza, non detentiva.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

Il provvedimento impugnato di dichiarazione di delinquenza abituale ha operato una congrua ricognizione dei dati di riferimento per addivenire ad esprimere il giudizio di attualità della pericolosità sociale del ricorrente. Il Tribunale di Sorveglianza ha infatti valutato: a) i reiterati precedenti penali riportati dal 1998 al 2004 per reati quali furto, ricettazione, estorsione, resistenza, violenza privata, violazione misure di prevenzione, evasione; b) la condotta più recente, ancorchè ritenuta con sentenza di secondo grado non ancora definitiva, di violazione di misura di prevenzione occorsa nel dicembre 2008; c) la condotta di violenza privata commessa il 17.8.2009, a danno di un testimone che fu minacciato di morte, se non avesse ritirato la denuncia a suo carico, per cui era pendente procedimento penale. Tali più recenti realtà dovevano essere prese in considerazione dal giudice a quo, indipendentemente dal fatto che su queste ultime condotte non siano ancora intervenute sentenze definitive, poichè il giudizio di pericolosità sociale può essere basato anche su emergenze successive/ritenute sintomi ulteriori di qualificata pericolosità sociale, ancorchè non ancora definitivamente accertate.

La valutazione è stata ancorata a dati di fatto oggettivi che hanno sicuramente attitudine dimostrativa di una personalità che non è incorsa nella devianza causalmente, bensì stabilmente, dimostrandosi incapace di astenersi dalla consumazione di reati e quindi dei netti profili di pericolosità sociale che la contraddistinguono, ampiamente giustificativi della dichiarazione di delinquenza abituale e della applicazione di misura di sicurezza detentiva, reputata idonea (con una valutazione in fatto non censurabile) a fronteggiare quel tipo di pericolosità.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *