Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-05-2011) 08-06-2011, n. 22855

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l’istanza di revisione presentata da B.C. in relazione alla condanna a lui inflitta per l’omicidio di P.L.. Osservava che analoghe istanze erano già state respinte in passato e che queste erano fondate sia sul fatto che era stata condannata per il medesimo reato A.G. sia sul fatto che due testimoni avevano visto solo la donna allontanarsi dal luogo dell’omicidio; si era ritenuto che trattandosi di una fattispecie concorsuale e avendo la sentenza di condanna già valutato la presenza della donna sul luogo del fatto non vi fosse alcun contrasto con la seconda decisione a carico della A..

La presente istanza di revisione si fondava invece su una presunta nuova prova assunta con gli strumenti delle indagini difensive e consistente nella deposizione del teste V.N., il quale aveva ricordato che la sera del fatto si trovava a cena con B., suo cugino, in un orario incompatibile col fatto che lui potesse aver commesso l’omicidio e che a questa cena vi erano anche altre persone che venivano indicate nominativamente. Gli altri testi, pur ricordando di essere andati a cena più volte con B., non erano in grado di riferire che si vi erano andati anche quella sera, mentre il titolare del ristorante aveva solo riferito che più volte B. era stato nel suo locale. Secondo la corte il teste V. non era credibile per aver ricordato i fatti solo 25 anni dopo e per l’incredibilità dei motivi del ricordo, nonchè per non aver riferito alcun elemento sulla fase temporale antecedente alla cena, all’orario e al luogo di incontro, nonchè alle ragioni per le quali si era imposto l’accompagnamento a casa.

Osservava che tali deposizioni non erano in grado di inficiare la precisa e circostanziata ricostruzione dei fatti offerta nella sentenza di condanna, fondata sulle dichiarazioni convergenti di quattro collaboratori di giustizia e su molteplici elementi di prova generica.

Avverso la decisione presentava ricorso il condannato e previa ricostruzione di tutte le istanze avanzate in precedenza deduceva difetto e illogicità della motivazione in quanto B. era stato assolto in primo grado e condannato in appello nel 2002 sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, mentre nell’88 A. G. era stata condannata per lo stesso fatto come esecutrice materiale.

Osservava che la presente istanza si fondava su ulteriori prove nuove costituite dalle dichiarazioni di V., cugino della vittima, il quale si era ricordato che B. quella sera era a cena con lui, che aveva appreso solo di recente dai giornali in occasione del suo arresto, che B. era stato condannato anche per quell’omicidio, mentre era sempre stato convinto che l’autrice fosse stata solo la A. e testimone di tale sorpresa era anche il teste P.;

che altri testi avevano confermato il ricordo di essere stati a cena con B. anche se non ricordavano il giorno; che tutte le altre prove dovevano essere rivalutate alla luce di questa novità, come ad esempio le dichiarazioni del fratello della vittima che aveva ricevuto le confidenze del morente che a sparare era stata la donna;

che era stata usata un’unica arma il che impediva che vi fossero stati due autori materiali. Con memoria osservava che vi era un’alta probabilità che B. fosse stato vittima di errore giudiziario e che non poteva in un caso come questo essere pronunciata una decisione di manifesta infondatezza, con anticipazione delle valutazioni di merito sulla attendibilità dei testi che doveva essere riservata al giudizio, mentre l’esame condotto in sede preliminare non poteva consistere in una penetrante anticipazione del giudizio di merito.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato.

In merito alla valutazione effettuata sulle nuove prove dedotte dalla difesa deve rilevarsi che la disciplina della revisione di cui all’art. 634 c.p.p. rende improprio distinguere una fase rescindente e una rescissoria non essendo più prevista una fase della procedura che si concluda con la revoca della precedente sentenza. Pertanto, essendo la manifesta infondatezza autonoma causa di inammissibilità la corte poteva nella fase preliminare valutare anche nel merito la potenzialità dei nuovi elementi addotti a dar luogo alla pronuncia di proscioglimento, con una delibazione prognostica, che certamente non può tradursi in una anticipazione del giudizio di merito (Sez. 117 giugno 2003 n. 29660, rv. 226140). Nel caso di specie la motivazione adottata, pur non rispettando pienamente tali principi, in quanto si spinge anche ad un esame di attendibilità del teste principale, però effettua una doverosa comparazione tra i nuovi elementi addotti e la loro capacità a scalfire le fonti di prova acquisite nel dibattimento, giungendo ad escludere la loro potenzialità a dar luogo ad una sentenza di proscioglimento. Deve infatti rilevarsi che la decisione contro la A. era del 1988, antecedente a quella in esame del 2002, con la conseguenza che i giudici, che avevano pronunciato la sentenza oggetto di istanza di revisione, avevano ben presente il contenuto della precedente condanna e quindi non può oggi essere oggetto di motivo di revisione la dedotta ipotetica incongruità. Parimenti coperti da giudicato sono gli ulteriori elementi di novità già oggetto delle precedenti istanze di revisione, ben due rigettate in modo definitivo, e pertanto solo sulle nuove deduzioni doveva incentrarsi il giudizio della corte territoriale.

La motivazione adottata appare del tutto congrua e logica ponendo in relazione gli elementi sui quali si fondava la condanna, e cioè le dichiarazioni convergenti di ben quattro collaboratori ed elementi rilevanti di prova generica, di contro alle dichiarazioni del nuovo teste, che non aveva spiegato come potesse a distanza di tanto tempo ricordare quella cena, quando in ordine temporale aveva appreso della condanna del B., visto che questa era intervenuta nel 2002 e già nel 2005 e nel 2007 vi erano state istanze di revisione, mentre egli decideva di riferire quanto sapeva solo nel 2009. Parimenti singolare appare che lo stesso imputato non si fosse mai ricordato di avere un alibi così solido. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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