Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-05-2011) 08-06-2011, n. 22854 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma respingeva il reclamo presentato da I.F. avverso il decreto ministeriale di applicazione per quattro anni del regime differenziato ai sensi dell’art. 41 bis O.P.. Rilevava che tale regime era giustificato essendo il proposto esponente di spicco della organizzazione camorristica denominata clan Amato-Pagano e del sottogruppo di Scampia facente capo a N. E., così come documentato nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 30/3/2009 e nelle note della DDA e DNA, dalle quali emergeva che era uno dei protagonisti della faida di Secondigliano.

Risultava essere stretto collaboratore del boss N. tanto che era stato arrestato nel corso di un summit di camorra insieme al boss. Il suo ruolo attuale emergeva dal contenuto di intercettazioni telefoniche che lo individuavano come capace di assumere decisioni influenti nelle vicende operative della cosca, e così anche dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che lo individuano come partecipante a numerosi fatti di sangue.

Sussistevano quindi tutti gli elementi per ritenere in concreto la sussistenza del pericolo che tali collegamenti potessero continuare anche nell’attualità.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso il proposto deducendo violazione del diritto di difesa in quanto non si era provveduto alla notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza al difensore di fiducia nominato in precedenza; deduceva violazione di legge e difetto di motivazione sul ruolo attribuito al medesimo, rilevando che la motivazione era apodittica e non teneva conto del fatto che sia l’ordinanza cautelare sia le dichiarazioni dei collaboratori non lo individuavano affatto come un boss; non gli era stato contestato alcun reato fine e mancava il requisito della attualità della pericolosità per l’applicazione del regime, visto che gli elementi utilizzati erano solo le valutazioni contenute nel decreto ministeriale e nelle informative della DDA. La corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato. L’eccezione di natura processuale è infondata in quanto, pur corrispondendo al vero che la notifica al difensore non era stata fatta, era emerso che l’indagato aveva due difensori di fiducia e che il secondo, regolarmente avvertito, non aveva dedotto in udienza la violazione di legge che quindi era risultata sanata.

Quanto alle restanti deduzioni si osserva che il ricorso tende a provocare una nuova valutazione del merito, mentre l’ordinanza impugnata ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale. Risulta conclamato il pericolo attuale che il condannato, lasciato privo di controlli, possa continuare a incidere sulla vita del clan appartenenza, come documentato dal ruolo da lui svolto e che gli viene riconosciuto dagli associati.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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