Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-05-2011) 08-06-2011, n. 22835

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Tribunale di Catania in data 22.1.2009, P. M. veniva condannato per il reato di cui all’art. 660 c.p., in danno di Pa.Ro., in epoca fino al (OMISSIS). Il compendio probatorio sulla base del quale veniva affermata la penale colpevolezza dell’imputato era consistito dalle indicazioni della persona offesa (che aveva rappresentato di essere stata fin dal (OMISSIS) destinataria di telefonate moleste), dalla testimonianza di p.m. (amica convivente della Pa. che aveva udito il contenuto di numerose telefonate che pervenivano sull’utenza dell’amica), dal riscontro dei tabulati telefonici che aveva attestato che nei giorni ed orari indicati dalla denunciante erano pervenute telefonate da utenza intestata a P.M., soggetto che la parte offesa aveva detto di aver conosciuto, in occasione di una vacanza.

La difesa già nel corso del giudizio di primo grado, aveva opposto che i riscontri forniti dai tabulati erano parziali, poichè l’indagine era intervenuta a campione, solo relativamente a tre giorni presi a caso, quali il 12.6.2003, il 16.12.2003 ed il 19.12.2003: il giudice a quo rilevava che i tabulati non erano altro che un dato a supporto delle prove dichiarative intervenute, cosicchè la mancata evasione della richiesta di acquisizione integrale dei tabulati non poteva inficiare la solidità del quadro probatorio. Di conseguenza, affermava la colpevolezza dell’imputato per il reato a lui ascritto e lo condannava oltre che alla pena di Euro 516 di ammenda , al risarcimento del danno.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato per dedurre:

2.1 nullità del giudizio per violazione art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c), nullità dell’ordinanza dibattimentale 27.3.2008 reiettiva dell’eccezione di nullità della vocatio in iudicium. Secondo la difesa, il fatto sarebbe stato contestato in modo inadeguato ed apparente, in quanto all’imputato venne fatto carico di aver composto il numero dell’utenza della denunciante, senza altro specificare. Non sarebbe neppure stata indicata la data di inizio della violazione e la mancanza di oggettivazione avrebbe fatto conseguire una difficoltà di difesa.

2.2 violazione ed erronea applicazione dell’art. 660 c.p.: difetto e manifesta illogicità della motivazione. La responsabilità dell’imputato sarebbe scaturita dalle risultanze dei tabulati che coprono solo tre giorni; la certezza sui tre giorni sarebbe stata dilatata irragionevolmente sull’intero periodo in contestazione, con un’operazione non consentita.

2.3 violazione ed erronea applicazione degli artt. 157, 158 e 660 c.p. e difetto di motivazione: il giudice avrebbe dovuto attribuire all’imputato solo le telefonate dei tre giorni monitorati, con il che poichè l’ultimo di questi era il 19.12.200, avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione del reato.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

I motivi sono assolutamente generici, in quanto ripetono deduzioni svolte nel precedente grado di giudizio, senza considerare le risposte date a queste deduzioni dalla sentenza impugnata. Infatti, è stato dato atto in sentenza che al ricorrente era stato contestato di avere, fino al (OMISSIS), recato molestia e disturbo a Pa.Ro., con il mezzo del telefono, formulazione che consentì all’imputato di svolgere il diritto di difesa nella sua pienezza, tanto più che nel corso del processo emerse che la condotta a lui addebitata iniziò nel (OMISSIS), con il che tutti i connotati della condotta a lui ascritti furono chiari e suscettibili di essere contestati.

Quanto al compendio probatorio su cui è stata basata l’affermazione di colpevolezza, va osservato che il giudice ha dato atto che concorrevano prima di tutti i contributi informativi della persona offesa Pa.Ro., destinataria delle telefonate fino al (OMISSIS) e dell’amica convivente, p.m., che aveva confermato l’elevata frequenza delle telefonate anonime, nonchè il contenuto volgare, a sfondo sessuale, di alcune di queste pervenute alla predetta. Ha poi attribuito valore di suggello di affidabilità del corredo testimoniale alle risultanze ottenute dai tabulati telefonici, indagine che seppure limitata a tre giorni scelti a campione, consentiva di appurare che in quei tre giorni le telefonate di disturbo erano sempre partite dall’utenza intestata all’imputato.

La conclusione a cui è addivenuto il primo giudice non sconta affatto il deficit motivazionale lamentato dalla difesa, avendo dato conto il giudice a quo del corredo gravemente indiziario convergente sull’imputato e del percorso logico deduttivo seguito per la sua valutazione in termini nettamente accusatori. Percorso che non si espone a critica alcuna, neppure nel passaggio logico in cui è stata riconosciuta ampia forza probante di riscontro al dato offerto dai tabulati, su base statistica.

Si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Il termine di prescrizione è maturato solo il 26.3.2009, quindi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, a seguito di un periodo di sospensione del corso della prescrizione per intervenuta richiesta di differimento dell’udienza formulata dalla difesa per valutare gli spazi per il risarcimento del danno dal 31.5.2007 al 27.9.2007. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude pertanto la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (Sez. Un. 22.11.2000, n. 32 De Luca).

Alla declaratoria di inammissibilità, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della Cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *