Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-03-2011) 08-06-2011, n. 22786 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. In esito a giudizio abbreviato, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Padova dichiarò C.L. e Ma.Cl. colpevoli di concorso nel reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 2, per avere "detenuto a fini di smercio un ingente quantitativo di eroina, trasportata in Italia dal corriere R.T. per conto di narcotrafficanti turco- bulgari e con l’intermediazione di I.E.; eroina, sequestrata nella quantità di kg. 26,844 (principio attivo kg.

12,737) presso la sede della società Sviluppo Trading del C., a loro in tutto o in parte destinata".

Fu accertato che il R. aveva effettuato una parziale consegna del carico di eroina, di provenienza turca, alla "Sviluppo Trading" del C. il (OMISSIS), mentre la parte residua doveva essere consegnata a destinatario non identificato in (OMISSIS).

Essendo quartultima consegna risultata impossibile per l’incombente controllo della Guardia di Finanza, il camion condotto dal R., il successivo giorno (OMISSIS), aveva fatto ritorno a (OMISSIS), presso il piazzale dell’azienda del C., ove la polizia giudiziaria provvide al sequestro del carico residuo (oltre 26 chili di eroina) e all’arresto dell’autista bulgaro, dello stesso C., di Ma., nonchè di M.P. e T.M., tutti ritenuti destinatari del carico di sostanza illecita.

2. Dalla stessa imputazione, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, il M. e il T. furono assolti per non aver commesso il fatto. Per il M., il giudice concluse che, "se era evidente il coinvolgimento anche di questo imputato in traffici di natura illecita pure estesi in campo internazionale, tuttavia non poteva ritenersi raggiunta prova certa che la sua presenza il giorno 13 fosse consapevole della ricezione dei chilogrammi di eroina presenti sul camion". 3. A seguito d’impugnazione presentata dal pubblico ministero e in riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Venezia ha affermato la colpevolezza di M.P., condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, alla pena di quattro anni di reclusione e Euro 20.000 di multa.

4. Ricorre per cassazione il difensore del M., che deduce:

a) vizio di motivazione della sentenza, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e);

b) inosservanza della legge processuale, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c);

c) erronea applicazione della legge penale, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).
Motivi della decisione

1. Per quanto concerne il vizio di motivazione – che costituisce in realtà l’unico motivo articolato in ricorso, posto che gli altri due sono enunciati in rubrica, ma appena evocati nella parte motiva (con riferimento a valutazione degli elementi probatori e a travisamento di indizi emergenti da tabulati di telefonate fatte in Bulgaria) – l’elemento che il ricorrente assume come principale e decisivo per evidenziare la contraddittorietà della sentenza è la diversa valutazione operata tra la posizione del T. e quella del M.: il primo sarebbe stato assolto dal primo giudice per mancanza dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato, mentre per il secondo la Corte territoriale si sarebbe disinteressata dell’aspetto oggettivo, soffermandosi soltanto sul profilo soggettivo, desunto dalla sua presenza consapevole alle attività di scarico dello stupefacente dinanzi al piazzale dell’impresa del C..

Altre censure alla motivazione vengono poi mosse sulla valutazione dei viaggi aerei compiuti dal M. in (OMISSIS) e, in particolare, di quello effettuato con un volo proveniente dalla Turchia, il giorno successivo a quello in cui il camion del R., con il pesante carico di eroina di provenienza turca, partì dalla Bulgaria diretto in Italia.

2. Il ricorso non merita accoglimento.

3. Il Collegio individua nella decisione impugnata, per completezza e approfondimento, un esempio di corretta applicazione dell’art. 192 c.p.p., e di esaustiva motivazione di sentenza di giudice d’appello che ribalta una precedente pronuncia assolutoria. La Corte veneta, infatti, ha adempiuto al suo obbligo rafforzato di prendere in analitico esame tutti gli aspetti valorizzati dalla difesa, nonchè quelli discussi e valutati dal giudice di primo grado e, in modo particolare, gli elementi (presenza del M., con gli altri coimputati, il giorno (OMISSIS) per lo smontaggio del serbatoio e il ritiro di parte dello stupefacente, in occasione della prima sosta del camion presso l’azienda del C.; contenuto delle indagini difensive circa la dubbia compatibilità temporale tra gli alibi addotti dall’imputato e la sua partecipazione ai fatti contestati; riconoscimento del M. da parte del R.) che avevano indotto quel giudicante a dubitare della compartecipazione del M. all’illecito traffico di stupefacente realizzato da C. e Ma..

4. Con motivazione completa, logicamente ineccepibile e coerente, la Corte territoriale ha dimostrato la sussistenza della piena prova che il M. – arrestato insieme agli altri imputati il 13 giugno, allorchè si stava per procedere allo scarico dei 26 chilogrammi dal camion – era presente anche il precedente giorno 7 per ricevere il carico di stupefacente, proveniente dalla Turchia, dove egli stesso si era recato nei giorni precedenti e da dove era ripartito in aereo, transitando per la Bulgaria.

Le logiche deduzioni che da tali circostanze, non spiegabili da ragioni diverse da quelle connesse al carico illecito, sono state correttamente tratte dai giudici d’appello, vengono contestare dal ricorrente con obiezioni vaghe e generiche, evocando la possibilità che "l’imputato potesse trovarsi in Bulgaria per conto di altre ditte". 5. L’insieme degli elementi evidenziati dalla Corte d’appello (i rapporti stretti del M. con C. e Ma., caratterizzati da quei costosi viaggi senza attendibile spiegazione diversa da quella riguardante la fornitura di droga; la decisiva dichiarazione del R. secondo cui anche il giorno 7, al momento del primo scarico di eroina, erano presenti le stesse persone arrestate assieme a lui il 13 giugno, tra cui quella "con il codino";

la certezza che l’unica persona con il codino arrestato il 13 giugno era proprio il M., come risulta dalle dichiarazioni testimoniali degli ufficiali di polizia giudiziaria; l’irrilevanza dell’incerto riconoscimento da parte del R. per essersi il M. tagliato il codino dei capelli e fatto crescere baffi e pizzetto) da conto del rilevante contributo, oggettivo e soggettivo, dell’imputato all’illecita importazione e detenzione della sostanza stupefacente, così vanificando ogni pretesa d’equiparazione della posizione del ricorrente con quella del T., nei cui confronti il pubblico ministero non propose impugnazione della sentenza di primo grado.

6. Osserva, infine, il Collegio che, in questa sede di legittimità, non possono prendersi in considerazione le alternative ricostruzioni delle vicende o le contestazioni fattuali del ricorrente (come quelle concernenti i tabulati telefonici, solo formalmente fatta rientrare nell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in presenza della rigorosa, logica e completa motivazione della sentenza impugnata, che inibisce a questa Corte ogni sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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