T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 09-06-2011, n. 5163 Ordinanze

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Premetteva il Signor C.A. di essere un allevatore di bestiame e proprietario insieme alla famiglia di coltivatori diretti QuintavalleDi Ermenegildo di un gregge di circa 600 tra capre e pecore, svolgendo tale attività fin dal 1984 nei terreni della tenuta "Il Pineto" in Roma.

Riferiva il ricorrente che il Comune di Roma aveva destinato l’area del Pineto a zona "N", cioè a verde pubblico e che, con delibera consigliare n. 4392 del 27 ottobre 1982 ne aveva disposto l’occupazione d’urgenza, avviando poi una procedura d’esproprio. Nonostante vi fosse un contenzioso giudiziale tra gli affittuari Quintavalle ed il Comune con riferimento alla procedura ablatoria di cui sopra, veniva mantenuta la disponibilità in capo a detti affittuari di una vasta area, di circa 110 ettari, nell’ambito della quale il Signor A. con la Famiglia Quintavalle continuavano a svolgere l’attività di allevamento del bestiame.

Soggiunge il ricorrente che, con alcune decisioni del giudice amministrativo, si poté stabilire la piena titolarità dei contratti di utilizzo dell’area da parte della Famiglia Quintavalle e ciò, da un lato redica in capo al Signor A. la legittimazione al ricorso e l’interesse alla decisione dello stesso essendo egli stato, insieme con gli affittuari, pregiudicato nell’attività di allevamento dagli atti comunali della procedura espropriativa poi annullata dal giudice amministrativo nonché, per altro verso, l’illegittimità del provvedimento impugnato perché adottato dal Comune di Roma al solo scopo di acquisire tutta l’area del Pineto, estendendo dunque l’ampiezza dell’area acquisita, anche oltre i confini del terreno fatto oggetto della procedura espropriativa.

Da qui la richiesta di giudiziale annullamento dell’atto impugnato in quanto illegittimo sotto diversi profili.

2. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata sostenendo preliminarmente la dichiarazione di improcedibilità del ricorso essendo venuti meno, medio tempore, gli effetti dell’ordinanza impugnata. Nel merito ha sostenuto l’infondatezza delle censure dedotte, chiedendo la reiezione del ricorso.

Alla udienza pubblica del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

3. – Il Collegio, nonostante l’eccezione preliminare volta a contestare la permanenza dell’interesse alla decisione da parte del ricorrente, ritiene che tale interesse sussista, anche solo al fine di formulare una eventuale domanda risarcitoria, nell’ipotesi di annullamento giudiziale dell’atto impugnato, da parte del ricorrente.

Tuttavia rileva che nel merito le censure dedotte non colgano nel segno.

4. – Infatti, in disparte le prospettazioni espresse dalla parte ricorrente circa la sussistenza di un non troppo recondito obiettivo sotteso all’operazione che ha provocato l’adozione del provvedimento comunale qui impugnato, teso ad ampliare l’area fatta oggetto di espropriazione e che, dunque, marcherebbe il presupposto del vizio di eccesso di potere che dovrebbe condurre all’annullamento giudiziale dell’atto, in quest’ultimo appare esaustivamente riportato l’esito della istruttoria svolta dagli uffici che ha condotto all’adozione dell’ordinanza sindacale qui impugnata.

Tutto nasce, infatti, da un rapporto del XIX gruppo della Polizia Municipale e da una nota del Servizio giardini in ragione dei quali sarebbe emerso che il tipo di attività svolta nell’area adibita a verde pubblico e protetta, per l’appunto l’allevamento di bestiame, avrebbe potuto mettere in pericolo sotto il profilo igienico sanitario l’utilizzo pubblico dell’area.

La ragione diretta che ha provocato l’adozione del provvedimento gravato, quindi, per quanto emerge dagli atti dell’istruttoria anche riprodotti nel corpo del provvedimento stesso, affonda nell’esigenza di garantire sotto il profilo igienicosanitario il pieno utilizzo pubblico dell’area adibita a parco. Di tale esigenza e della necessità di scongiurare il pericolo di non poter attribuire il parco al pieno utilizzo pubblico e senza rischi per l’igiene e la sicurezza pubblica costituisce strumento l’ordinanza sindacale qui impugnata che, non appare superfluo evidenziare, è stata adottata in applicazione dell’art. 8 della legge della Regione Lazio n. 21 del 1987 che recava norme di salvaguardia del Parco del Pineto, dell’art. 6 della legge n. 394 del 1991 che dettava misure di salvaguardia in materia di Parchi, dell’art. 21 del regolamento di Polizia urbana del Comune di Roma che reca (ancora oggi) disposizioni a tutela di parchi e giardini pubblici, nonché in applicazione del regolamento del servizio veterinario e, comunque, in applicazione dell’art. 38, comma 2, della legge n. 142 del 1990 recante (all’epoca dei fatti) disposizioni in materia di ordinanze sindacali adottate, in qualità di Ufficiale di governo, in materia di igiene e polizia urbana.

5. – Peraltro anche la documentazione prodotta da ultimo dalla difesa comunale ed inerente l’istruttoria che ha preceduto l’adozione dell’ordinanza sindacale qui impugnata conferma la estraneità del provvedimento impugnato alla procedura espropriativa che all’epoca era in corso e che interessava una parte dell’area del Parco del Pineto, di talché non si dimostrano fondate le censure dedotte dalla parte ricorrente, con la conseguenza che il ricorso, siccome proposto, va respinto.

Sussistono, nondimeno, i presupposti per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti costituite ai sensi dell’art. 92 c.p.c. novellato, per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a..
P.Q.M.

pronunciando in via definitiva sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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