Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-01-2011) 08-06-2011, n. 22842 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tino.
Svolgimento del processo

1.- Il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., con ordinanza in data 26 maggio 2010 respingeva le istanze di riesame proposte da C.G., C.L. e D.G. avverso l’ordinanza, emessa dal GIP del Tribunale di Napoli il 14 aprile 2010, con la quale era stata disposta nei loro confronti la misura cautelare della custodia in carcere in relazione: b) al delitto, attribuito a tutti e tre gli imputati, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3, aggravato ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7, commesso in Napoli e accertato nel 2008 con condotta perdurante; c) al delitto di cui alla L. 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10, 12 e 14, commesso in Napoli il 9 gennaio 2008, attribuito al solo C.G.. Riguardo al primo reato contestato a tutti i ricorrenti, concernente la partecipazione della all’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, nonchè al secondo in materia di armi contestato al solo G.G., il tribunale riteneva la sussistenza di un quadro indiziario solido, in conseguenza del quale doveva essere formulato un attendibile giudizio prognostico relativamente alla attribuibilità agli imputati dei delitti loro ascritti. Richiamata, quindi, la ordinanza del GIP in relazione all’esistenza dell’associazione, ai soggetti che ne fanno parte, alla struttura della stessa, alle sue articolazioni ed alle modalità operative, rilevava il tribunale come l’associazione camorristica denominata clan "Lo Russo", la cui esistenza ed operatività in vari quartieri di Napoli – Miano, Marianella, Chiaiano, Piscinola – e nei comuni limitrofi, erano state accertate con diverse sentenze passate in giudicato, ha sempre gestito un notevole traffico di stupefacenti in relazione al quale erano stai condannati, con sentenza 13.7.2004 del Tribunale di Napoli, L.R.G., L.R.M. e L. R.C. in concorso con T.S..

L’attività dell’associazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, era proseguita anche dopo l’arresto e le condanne dei tre L.R. e del T., divenuto collaboratore ma che poteva riferire solo sui soggetti coinvolti sino al 2006, così come altri collaboranti.

Riguardo ai nuovi personaggi subentrati nella organizzazione e gestione del commercio di stupefacenti, sia come dirigenti e organizzatori che come partecipi, le dichiarazioni di un altro collaboratore, G.M., rese dopo il giugno 2009, indicano i ricorrenti, unitamente a diversi altri indagati, come soggetti cui negli ultimi tempi è affidata la gestione delle piazze di spaccio riconducibili all’attività del clan Lo Russo, sotto la direzione di L.R.A., figlio di L.R.S.. In particolare, riferisce il G., che l’attività relativa agli stupefacenti è stata delegata da L.R.A. a P.O., detto (OMISSIS), il quale agiva tramite "i suoi ragazzi" tra i quali L. e C.G., G., detto (OMISSIS), P.O., cugino dell’omonimo, sopranominato (OMISSIS) ed altri. Le propalazioni del collaboratore G., trovano riscontro nelle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali le quali, secondo i giudici del riesame, oltre a essere un elemento di conferma delle dichiarazioni del G., integrano anche e, soprattutto, un autonomo elemento di specifica gravità indiziaria nei confronti dei ricorrenti. Tutte le operazioni monitorate dagli inquirenti, infatti, riconducono verso la configurabilità di un grave quadro indiziario circa l’esistenza di una vera e propria organizzazione, con predisposizione di uomini e mezzi, dedita al traffico di stupefacenti e della quale sono partecipi gli imputati.

Altrettanto gravi e convergenti sono, poi, gli indizi afferenti alla sussistenza della contestata aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, posto che dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dalle captazioni, tanto telefoniche che ambientali, è emerso che l’attività di commercio della droga era uno dei canali di finanziamento del clan Lo Russo.

Passando, quindi, all’esame delle posizioni dei singoli imputati il tribunale ritiene che l’intraneità degli stessi all’associazione ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, quali collaboratori di P.O., soprannominato "(OMISSIS)", come addetti sia alla materiale cessione delle sostanze che alla riscossione dei proventi illeciti dai vari spacciatori, sia attendibilmente ipotizzabile e sulla base sia delle dichiarazioni del G. che dal contenuto delle intercettazioni, in particolare quelle ambientali registrate all’interno della autovettura FIAT 500 trg. (OMISSIS), nella disponibilità di P.O. (OMISSIS), ma utilizzata anche dagli altri associati e, comunque, adoperata per lo svolgimento di attività connesse al traffico illecito di sostanze stupefacenti, quali la consegna della droga e il ritiro dei proventi delle vendite dalle diverse piazze di spaccio.

– Riguardo a C.G. la sua partecipazione all’organizzazione a fini di spaccio è affermata da G. M. negli interrogatori da questo resi il 31 luglio 2009, il 3 agosto 2009 e il 4 agosto 2009, riscontrate sia dalle intercettazioni telefoniche che testimoniano i suoi contatti con P.O., (OMISSIS), con il cugino L. e con altri soggetti coinvolti, che da quelle ambientali all’interno della autovettura FIAT 500 trg.

(OMISSIS). In talune di tali captazioni l’imputato è presente, in altre di lui parlano altri soggetti. In particolare la conversazione intercettata nella FIAT 500 il 9 gennaio 2008, nel corso della quale C.G. rivela a P. di avere con sè la pistola, è riprova della sussistenza del reato in materia di armi a lui attribuito. La sua identificazione consegue, oltre che dall’uso del suo nome di battesimo e dal riconoscimento e dalle dichiarazioni del G., dalle chiamate telefoniche intercettate, in uscita ed in entrata dall’utenza mobile a lui riconducibile ed intercorse con componenti dell’associazione, dal suo rapporto con il cugino e coimputato L., spesso evocato nelle captazioni, nonchè dai diversi controlli di PG che documentano i suoi rapporti con gli appartenenti alla consorteria tra i quali, D.G., P.O. (OMISSIS), C.L. e A.A..

– Anche con riferimento a C.L. gli elementi di conferma della sua partecipazione all’associazione sono costituiti dalle propalazioni rese dal collaboratore G., dalle intercettazioni telefoniche che attestano la frequenza dei suoi rapporti con gli altri consociati e con P.O. (OMISSIS), oltre che dal contenuto delle intercettazioni ambientali operate dentro la autovettura FIAT 500, nella disponibilità del citato P., ma adoperata per le attività di smercio e di riscossione degli stupefacenti da parte di taluni dei componenti del sodalizio;

risulta, poi da diverse intercettazioni telefoniche, che l’utenza riconducibile a C.L. viene usata da altri sodali, quali P.O., ovvero da personaggi con essi in affari e le sue frequentazioni con i due P.O., con C.G., con D.G., con E.A. e con A. G. risultano dai diversi controlli di PG. – La posizione di D.G., relativamente al suo coinvolgimento nell’associazione ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, è supportata dalle dichiarazioni del collaboratore P.A. che lo include nel clan Lo Russo, da quelle di G.M. che ne parla come uno dei "ragazzi" che agiva, assieme a C. G. e C.L., nel traffico di droga su indicazione di P.O. (OMISSIS). Riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori sono costituiti dai risultati delle attività di intercettazione telefonica – riguardanti sia l’utenza fissa da lui utilizzata ed intestata alla nonna, sia utenze mobili usate da lui e da altri sodali, i numerosi contatti telefonici tra lui e gli altri consociati – dal contenuto delle diverse captazioni ambientali registrate all’interno della FIAT 500 trg. (OMISSIS) e dai controlli di PG che ne attestano la frequentazione con A.G., C.G., C.L., i due cugini, omonimi, P. O., e con altri soggetti coinvolti o vicini alle attività del sodalizio.

Riguardo alle esigenze cautelari il Tribunale del riesame, data la natura del reato e la contestata aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, richiama la presunzione di non adeguatezza delle misure diverse da quella della custodia in carcere, quale prevista dall’art. 275 c.p.p., comma 3, come modificato dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 2, e ritiene che sussistano specifiche necessità di cautela, derivanti dalla operatività sul territorio sia della associazione di stampo camorristico che di quella dedita al traffico di stupefacenti con le quali gli imputati potevano ristabilire i contatti, che possono essere garantite solo attraverso la custodia in carcere.

1.2.- Avverso l’ordinanza propongono ricorso per Cassazione tutti e tre gli imputati.

1.3.- C.G. a ministero del difensore, avvocato Mauro Valentino, per i seguenti motivi: 1) Nullità del’ordinanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), in riferimento sia ai gravi indizi di colpevolezza, sia in ordine alla corretta identificazione del ricorrente come soggetto interlocutore ovvero oggetto di conversazioni altrui, al fine del riscontro alla chiamata in correità; 2) Nullità dell’ordinanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), in riferimento ai reati contestati.

Con la prima doglianza lamenta che il Tribunale del riesame, pur facendo rinvio all’originario provvedimento restrittivo, non prenda i considerazione le dichiarazioni anche di altri collaboratori, diversi dal G., arrestati in epoca sicuramente successiva a T. S., i quali, pur provenendo dal clan Lo Russo, evidentemente non hanno mai parlato del ricorrente. Ciò pone, secondo il ricorrente un problema di attendibilità del collaboratore G. M., sul ruolo del quale nel sodalizio, per quel che risulta dai provvedimenti di applicazione della misura cautelare, non è attestato da nessuna altra fonte dichiarativa. Vi è, dunque, difetto di motivazione circa l’attendibilità del collaborante e in relazione ai criteri attraverso i quali i giudici sono pervenuti a ritenerla.

Lamenta, poi, che manchi un corretto percorso probatorio ed argomentativo in riferimento all’individuazione certa del G., interlocutore ovvero soggetto di riferimento in discorsi altrui, nel ricorrente. Infatti mentre per altri imputati la loro identificazione deriva dall’autovettura adoperata, dalle utenze utilizzate, nel caso del C.G. i giudici si fermano al solo nome di battesimo, senza che soccorrano atre emergenze, dunque, in definitiva poichè G.M. ha affermato che tra i sodali vi era tale C. G., ogni G. che compare nelle conversazioni deve essere il ricorrente.

Con il secondo motivo sostiene che nell’ordinanza gravata manchi una corretta disamina del materiale indiziario, posto che esso, secondo la struttura motivazionale del provvedimento, potrebbe essere idoneo, in ipotesi accusatoria, a configurare la partecipazione all’associazione di cui all’art. 416 bis piuttosto che quella, invece imputata, al sodalizio di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Immotivatamente, quindi, il ricorrente viene ritenuto responsabile di partecipazione alla associazione dedita al traffico di stupefacenti, oltretutto aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7. 1.4- D.G. ricorre personalmente adducendo a motivo:

violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b); lamenta che l’ordinanza impugnata non contenga, con riferimento specifico alla sua posizione, la descrizione sommaria del fatto, limitandosi a riportare, in chiusa dell’imputazione, la semplice locuzione "gli altri quali partecipi", laddove per i capi e i promotori dell’associazione gli addebiti e la condotta sono specificati. Di qui l’impossibilità per il ricorrente di comprendere quale sarebbe stato il su ruolo nell’ambito del cotesto associativo, con inevitabile ricaduta negativa sulla sua possibilità di svolgere una adeguata difesa sin dal momento genetico del procedimento.

1.4- C.L. ricorre personalmente adducendo ragione doglianza identica a quella di D.G.: violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b); lamenta che l’ordinanza impugnata non contenga, con riferimento specifico alla sua posizione, la descrizione sommaria del fatto, limitandosi a riportare, in chiusa dell’imputazione, la semplice locuzione "gli altri quali partecipi", laddove per i capi e i promotori dell’associazione gli addebiti e la condotta sono specificati. Di qui l’impossibilità per il ricorrente di comprendere quale sarebbe stato il su ruolo nell’ambito del contesto associativo, con inevitabile ricaduta negativa sulla sua possibilità di svolgere una adeguata difesa sin dal momento genetico del procedimento.

1.5.- Il procuratore Generale ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Motivi della decisione

2.- I Ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.

2.1.- La prima doglianza di C.G. è inconsistente e priva di rilevanza. Come,infatti ben argomentato nella ordinanza impugnata i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione all’associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 non si fondano, in via principale, sulle dichiarazioni dei collaboratori, ed in particolare di G.M., ma sopratutto sui contenuti inequivocabili delle conversazioni, sia tra presenti che telefoniche, intercettate, dai quali si evince l’esistenza di una fitta serie di rapporti tra una pluralità di persone finalizzata al sistematico spaccio di sostanze stupefacenti, condotte sintomatiche di un accordo intersoggettivo a carattere continuativo finalizzato ad obiettivi illeciti come asseverato dall’uso di un linguaggio cifrato e di svariate cautele volte ad impedire tanto l’identificazione degli interlocutori che il reale argomento di conversazione. In particolare il tribunale richiama quali indizi principali della partecipazione degli imputati, e anche di C.G. specificamente, le captazioni effettuate all’interno della autovettura FIAT 500 FIAT 500 trg. (OMISSIS), nel corso delle quali sono state trattate vendite di stupefacente, si sono programmate attività di cessione o acquisto e si sono registrate operazioni di riscossione dei ricavi dello spaccio nelle diverse piazze e da diversi spacciatori. Dunque non è la sola chiamata in correità da parte del G. a coinvolgere il ricorrente quale partecipe all’associazione, e si tratta, peraltro, di chiamata in correità ampiamente confermata dai contenuti delle intercettazioni. Che poi il G. che ha partecipato a talune delle conversazioni intercettate, ovvero è stato oggetto di colloqui a contenuto indiziante tra altri soggetti, sia l’odierno imputato è inferito dal tribunale sulla base di elementi univoci, gravi e sicuramente rilevanti costituiti dal suo rapporto di parentela con C.L., dall’intercettazione di telefonate in arrivo ed in partenza dal telefono mobile in uso allo stesso, nonchè dai diversi controlli della polizia giudiziaria che ne hanno attestato il rapporto di frequentazione con gli altri sodali, non solo, quindi, in relazione, come pretenderebbe la difesa, alla circostanza che il suo nome sia stato fatto da G.M., circostanza questa, comunque, di rilievo in quanto confermata dagli altri riscontri.

L’ultima doglianza è parimenti priva di pregio, posto che non si comprende per quale ragione logica, se il compendio probatorio riversato in atti e valutato dai giudici con riferimento alla posizione del ricorrente era fortemente indicativo, in termini di indizi gravi e concordanti, in relazione alla sua partecipazione all’associazione dedita al traffico di stupefacenti, anche se questa costituiva uno dei rami di attività della cosca Lo Russo, i giudici medesimi avrebbero dovuto considerare in via prioritaria la sua eventuale partecipazione all’associazione ex art. 416 bis, rispetto alla quale non sussisteva accusa. L’ordinanza gravata, inoltre, nei suoi passaggi motivazionali spiega che L.R.A., al quale l’attività di spaccio faceva capo, non si occupava della stessa ma ne aveva delegato gli incombenti ad altri, in particolare, per il periodo di interesse in relazione alle accuse rivolte al C. G., a P.O. detto (OMISSIS).

2.2.- Quanto ai ricorsi di D.G. e C.L., che possono essere trattati unitariamente data l’identità del loro contenuto, deve essere rilevato che, secondo la giurisprudenza consolidata e pacifica di questa Corte "ai fini dell’osservanza del disposto di cui all’art. 292 c.p.p., comma 1, lett. b), secondo cui tra i requisiti dell’ordinanza applicativa di misura cautelare deve esservi quello costituito dalla "descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate", è da ritenere sufficiente che tali elementi siano ricavabili dal contesto motivazionale dell’ordinanza medesima (Cass. Sez. 6, sent. 9.10.2007 n. 1158, Rv. 238411; Cass. Sez. 1, sent. 17.6.2003 n. 29653 Rv.

226138; Cass. Sez. 1, sent. 18.3.1993, n. 1144, Rv. 193963).

Ne discende che ai fini della validità dell’ordinanza che dispone una misura cautelare, il requisito della descrizione sommaria del fatto, pur non dovendo necessariamente essere formalizzato in un autonomo capo di imputazione, deve tuttavia risultare in modo inequivocabile, sin dal momento dell’emissione, dal contesto del provvedimento, in quanto funzionale all’esigenza dell’indagato di difendersi mediante il confronto tra i fatti contestati e la valenza indiziaria degli elementi posti a sostegno della misura.

Nel caso di specie la mancanza di specificazione del capo di imputazione in relazione alle condotte poste in essere dai ricorrenti D.G. e C.L. è ampiamente colmata da tutto il contesto argomentativo della ordinanza impugnata la quale indica dettagliatamente, e con dovizia di particolari, tutte le singole attività delle quali i due sono accusati, con specificazione dei luoghi, delle date e degli elementi di prova in base ai quali le stesse sono loro addebitate. Dunque, entrambe i ricorsi sono infondati.

Per le ragioni sopra esposte tutti e tre i ricorsi devono essere rigettati con le conseguenze di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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