Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-01-2011) 08-06-2011, n. 22826 sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con Sentenza in data 8.7.2009, depositata il 21.1.2010, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del 30.6.2006 del Tribunale di Napoli che aveva dichiarato F.G. colpevole del reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2, commesso in (OMISSIS), e lo aveva condannato alla pena di mesi 8 di reclusione. La corte territoriale affermava che il comportamento posto in essere dall’imputato, il quale era stato trovato fuori dalla sua abitazione in orario nel quale gli era stato prescritto di non uscire dal domicilio, integrasse tutti gli elementi del reato contestato, per la sussistenza del quale è sufficiente il dolo generico e cioè la consapevolezza di degli obblighi imposti connessi alla condizione di sorvegliato speciale e la volontà cosciente di non adempierli. Riteneva. in particolare, che il reato commesso fosse quello di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2 poichè in materia di misure di prevenzione, a seguito della modifica di cui al D.L. n. 144 del 2005, l’art. 9, comma 2, della citata legge punisce come delitto qualsiasi tipo di inosservanza sia degli obblighi che delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, distinguendo tale ipotesi da quella, meno grave di cui al comma 1, relativa alla violazione degli obblighi inerenti alla sola sorveglianza speciale.

Riguardo poi alle ulteriori richieste avanzate con i motivi di appello, stabiliva che: – la pena di mesi 8 di reclusione, inflitta dal primo giudice, non era suscettibile di riduzione poichè pari al minimo edittale; – la commissione del reato da parte di soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale non consentiva, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 59, lett. c), la sostituzione della pena detentiva, sostituzione in ogni caso sconsigliata in considerazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p.;

– all’applicazione dell’indulto ex L. n. 241 del 2006 si sarebbe dovuto provvedere in sede esecutiva non potendo la corte verificare se l’imputato già ne avesse fruito e in quale misura.

1.2.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso il difensore di F.S., avvocato Vittorio De Chiara, assumendo il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.

Sostiene il ricorrente che la condotta contesta all’imputato, non essendo consistita nella specifica violazione dell’obbligo o del divieto di soggiorno, ma nella non osservanza di uno degli altri obblighi ai quali era sottoposto in forza delle prescrizioni imposte con l’applicazione della misura di prevenzione, integra la fattispecie prevista e sanzionata dalla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 1 e tale era stata la norma originariamente contestata. Essendo poi tale ipotesi di reato di natura contravvenzionale, il termine di prescrizione, di anni 4 e mesi 6 dalla commissione del fatto sarebbe già maturato con conseguente estinzione del reato stesso.

2.- Il Procuratore Generale della Repubblica dott. Francesco Iacoviello ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.
Motivi della decisione

1.- Rileva il Collegio che la condotta posta in essere dall’imputato, consistita nel fare rientro al domicilio in orario più tardo rispetto a quello stabilito nelle prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno applicatagli con decreto 25.10.2000 del Tribunale di Napoli, fu realizzata il 25 maggio 2003.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte dopo la modifica della L. 27 dicembre del 1956, n. 1423, art. 9, comma 2 ad opera della L. 13 settembre 1982, n. 646, che trasformò la condotta relativa alla inosservanza dell’obbligo o del divieto di soggiorno da contravvenzione a delitto, erano da ritenere inquadragli nel citato art. 9, comma 1 che prevede l’ipotesi contravvenzionale, tutte le condotte dei sottoposti alla sorveglianza speciale di P.S. anche con obbligo o divieto di soggiorno, consistenti nella inosservanza delle così dette prescrizioni comuni – cioè connesse tutte le ipotesi di sorveglianza speciale – e fossero, invece, delitti punibili in forza del comma 2 della norma, le fattispecie di violazione degli specifici obblighi o divieti di soggiorno da parte del sorvegliato speciale. A seguito della ulteriore modifica della L. n. 1423 del 1956, art. 9 introdotta con il D.L. 27 luglio 2005, n. 144, art. 14 convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 155, qualsiasi inosservanza che riguardi "gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno" costituisce delitto punibile con la reclusione da uno a cinque anni.

La giurisprudenza di questa Corte dopo l’ultima novella ha affermato, pressochè concordemente, nelle sue diverse pronunce (Sez. 2, sent.

13.12.2006 n. 2217, Rv. 235899; Sez. 1, sent. 21.12.2005, n. 1485, Rv. 233436; Sez. 1, sent. 11.5.2006, n 20334; Sez. 1, sent.6.11.2008, n.4776. Rv. 242748; Sez. 1, sent. 27.1.2009, n. 8412, Rv. 242985) che la nuova formulazione della L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2 punisce come delitto qualsiasi tipo di inosservanza sia degli obblighi che delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, mentre rimane ipotesi contravvenzionale la fattispecie di cui al comma 1 che riguarda le inosservanze poste in essere dai soggetti sottoposti alla sola sorveglianza speciale di P.S. semplice.

Poichè la condotta contestata all’odierno ricorrente è stata posta in essere 25 maggio 2003, quindi, prima dell’entrata in vigore del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni con L. 31 luglio 2005, n. 155, ad essa, che pure rientrerebbe nella previsione delittuosa di cui al novellato art. 9, comma 2 in forza del principio generale di cui all’art. 2 c.p., comma 4 deve essere applicata la previsione della L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 1 in quanto norma più favorevole sia in termini di previsione sanzionatoria che in relazione al tempo necessario per la prescrizione del reato.

Ne consegue che il fatto ascritto all’imputato deve essere qualificato come violazione della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, comma 1 e, poichè dalla data di commissione del suddetto reato sono decorsi i termini ultimi di prescrizione, lo stesso deve essere dichiarato, per tale ragione, estinto.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata, qualificato il fatto come violazione della L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 1, perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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