Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-10-2011, n. 20984 responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 4-3-2009 la Corte di appello di Roma, pronunziando a seguito di appello principale ed incidentale, ha rigettato la domanda di risarcimento danni, accolta invece dal giudice di primo grado, proposta da B.F. nei confronti dell’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia – quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada.

La Corte di Appello, valutato ammissibile l’appello incidentale proposto dalla società Assitalia, ha ritenuto che mancasse la prova della riferibilità del sinistro ad un conducente di veicolo non identificato. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione B.F. con tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. Resiste con controricorso l’Assitalia-Le Assicurazioni d’Italia e memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso viene denunziata violazione dell’art. 83 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La ricorrente assume che la Corte di appello erroneamente ha ritenuto ammissibile l’appello incidentale proposto dal difensore sulla base della procura rilasciata in primo grado con la formulazione "delego a rappresentarmi e difendermi in ogni stato e grado", mentre tale procura conferisce al difensore solo il potere di contraddire alla domanda attrice, ma non di proporre l’appello incidentale, che necessita di apposito mandato.

1.1.Il motivo è infondato.

Si osserva che l’art. 83 c.p.c. stabilisce una presunzione di conferimento della procura solo per il primo grado di giudizio che deve considerarsi operante quando vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcuna altra indicazione. Tale presunzione può essere superata quando dalla procura si evinca chiaramente la volontà del conferente di attribuire il potere di rappresentanza anche per i successivi gradi di giudizio.

Nel caso di specie, come affermato dalla Corte di appello, emerge chiaramente dal testo della procura che il mandato era stato conferito "per rappresentarmi e difendermi in ogni stato e grado" per cui risulta la chiara volontà della società di essere assistita per tutti i gradi del giudizio,senza necessità di una ulteriore delega per proporre impugnazione.

2. Con il secondo motivo viene denunziata violazione degli artt. 74, 82, 182 e 183 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nullità ed inammissibilità dell’appello incidentale proposto dal difensore dell’Assitalia con lo stesso mandato conferito in primo grado, pur non avendone i poteri, in quanto non individuabili in capo al soggetto che gli aveva conferito mandato in base a procura speciale notarile mai depositata e difetto di motivazione sul punto.

Sostiene la ricorrente che la Corte di Appello ha omesso di pronunziare sull’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale per carenza di poteri del soggetto che aveva conferito il mandato formulata nella terza comparsa conclusionale del giudizio di appello.

2.1. Il motivo è infondato.

In relazione alla capacità processuale delle persone giuridiche l’art. 75 c.p.c., comma 3 precisa che esse stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge e dello statuto.

Relativamente alla società commerciali la questione non è tanto quella dei possesso della capacità processuale – di cui, come ha osservato la dottrina, ciascun ente nella sua unità è l’esclusivo portatore – quanto piuttosto quella del suo esercizio da parte dei relativi organi. Di conseguenza, una volta che una società commerciale – tanto in veste di attrice che di convenuta – sia stata esattamente identificata nei suoi elementi essenziali, fra cui soprattutto la denominazione, l’individuazione dell’organo che di essa abbia la rappresentanza in giudizio viene ad assumere una rilevanza non decisiva e in ogni caso non può costituire oggetto d’indagine da parte del giudice ove la controparte non abbia dedotto (nè dagli atti risulti) alcun elemento idoneo a dimostrare la mancanza, in chi ha conferito la procura alle liti, del relativo potere. In tale ipotesi sussiste ragionevole presunzione che la procura alle liti sia stata conferita dall’organo competente al riguardo in base allo statuto e alle delibere assembleari.

Conseguentemente, quando sia parte una società commerciale, se nell’atto introduttivo o comunque in quello della sua costituzione la stessa sia esattamente denominata e indicata, i giudice non è tenuto a disporre d’ufficio indagini circa l’intrinseca regolarità e i limiti di competenza del soggetto che ha rilasciato la procura alle liti.

L’esigenza che la sentenza sia utilmente pronunciata e sia pertanto opponibile ai soggetti del rapporto sostanziale dedotto in giudizio è necessariamente contemperata con l’onere della parte che ne abbia interesse a rappresentare al giudice il difetto di rappresentanza, e quindi di costituzione in giudizio.

2.2. Applicando quindi tutti i suesposti principi alla fattispecie in esame, l’operato della corte territoriale, relativamente al punto in esame, appare ineccepibile. E’ infatti pacifico che la B., solo nella terza comparsa conclusionale dei giudizio di appello, e quindi a contraddittorio chiuso, contestò la mancanza di poteri in capo al soggetto che aveva rilasciato il mandato al difensore per conto dell’Assitalia. Pertanto, atteso che nel corso del giudizio d’appello non erano stati mossi al riguardo rilievi di alcun genere, il giudice del merito non era tenuto a disporre ex officio indagine alcuna ed ha correttamente ritenuto che l’Assitalia s.p.a. fosse legittimamente rappresentata in giudizio ritenendo ammissibile l’appello incidentale.

3. Con il terzo motivo viene denunziata insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in merito alla raccolta e valutazione delle prove relativamente alla mancata sussistenza della responsabilità in capo al veicolo investitore.

La ricorrente denunzia che la Corte di appello ha acriticamente aderito alla conclusioni della c.t.u senza disporre l’audizione dei verbalizzanti, come più volte richiesto dalla difesa della ricorrente.

3.1 Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha rigettato la domanda sul rilievo che non vi era la prova che la caduta del ciclomotore fosse dovuta ad un urto da tergo da parte di un veicolo non identificato, come affermato dalla ricorrente. Ha seguito le conclusioni della consulenza di ufficio tenendo conto dei rilievi tecnici effettuati dalla Polstrada intervenuta al momento dell’incidente, dei grafici redatti dalla stessa,dei danni riportati dal ciclomotore accertati nell’immediatezza del fatto, delle tracce di frenata e delle tracce ematiche rinvenute sulla sede stradale, delle ferite riportate dalla conducente del ciclomotore.

I giudici di merito hanno sottolineato che i danni riportati dal ciclomotore, descritti dal rapporto consistevano in " varie strisciate e graffi da entrambi i lati, paraurti anteriore rotto, marmitta graffiata" e assenza di deformazioni alla parte posteriore.

Condividendo quanto accertato dal c.t.u, la Corte di appello ha escluso l’ipotesi del tamponamento, per la mancanza di segni sul parafango e sulla ruota posteriore del ciclomotore ,e la possibilità di un urto sulla parte sinistra posteriore, per la incompatibilità della traiettoria che il veicolo e il corpo della conducente hanno effettivamente seguito(verso sinistra) e quella che avrebbero dovuto seguire in tale seconda ipotesi (verso destra).

Inoltre, anche la posizione statica del ciclomotore, a mt 29 dal termine di una breve abrasione gommosa secondo una traiettoria destra sinistra, portava ad escludere l’urto da tergo, che avrebbe determinato il caricamento della conducente sulla vettura investitrice e la sua ricaduta sul parabrezza, oltre che un danno consistente alla parte posteriore del motociclo.

Considerando poi che il ciclomotore ha percorso, dopo l’abbattimento a terra, 29 metri "con attrito radente pari ad un decelerazione massima di 4m/sec", la Corte ha condiviso la conclusione del c.t.u secondo cui la velocità del ciclomotore al momento della caduta era dell’ordine di 50 km/h,compatibile con la potenziale velocità del ciclomotore, ma non con la somma di due velocità, quella propria del ciclomotore più quella risultante dall’azione dinamica del veicolo urtante.

I giudici di merito hanno escluso anche la possibilità di un urto alla parte laterale destra del ciclomotore contrastandovi sia la posizione del conducente che la collocazione dell’abrasione gommosa sulla destra della carreggiata.

Da tali elementi la Corte ha concluso che l’incidente si è verificato con alto grado di probabilità a causa della perdita di controllo del ciclomotore da parte della B., mentre procedeva su gibbosità della strada a causa della radici di alcuni alberi ,e che detta condizione fosse stata aggravata dall’azione della conducente sul sistema frenante in corrispondenza con le dette asperità. Ha ritenuto che la diversa ipotesi di un urto da tergo ad opera di un autovettura fosse incompatibile con i rilievi svolti.

3.2 La Corte di appello non è incorsa nel dedotto vizio motivazionale in quanto la decisione è adeguatamente fondata sui rilievi effettuati dalla Polstrada, la cui completezza è risultata idonea alle valutazioni tecniche del c.t.u , con considerazioni e rilievi , quali la mancanza di danni alla parte posteriore del ciclomotore e la distanza del corpo del conducente dal luogo di abbattimento del ciclomotore, tecnicamente incompatibili con un urto da tergo da parte di una macchina.

Ha valutato anche la possibilità di un urto alla parte posteriore laterale del ciclomotore, sia destra che sinistra, esclusa da esaurienti valutazioni tecniche.

Sulla possibilità del ciclomotore di viaggiare a 50 Km all’ora solo in presenza di una modifica correttiva idonea ad incrementarne la potenza, si osserva che il c.t.u ha valutato come uso frequente tale modifica, ma che comunque la conferma che questa fosse la velocità del ciclomotore al momento della caduta deriva dalla valutazione tecnica della distanza del corpo della conducente dal luogo di abbattimento del ciclomotore e dalla considerazione che la somma delle velocità dei due veicoli avrebbe comportato dinamiche diverse da quelle riscontrate.

Il ricorso è rigettato.

La complessità della questione, non a caso oggetto di due difformi decisioni dei giudici di merito, giustifica la integrale compensazione delle spese giudizio.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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